Susanna Trossero

scrittrice

Meno bisogni, più felicità: parola di Giulio Verne

Chi non ha mai letto “L’isola misteriosa” di Jules Verne batta un colpo!

Non amavo molto i libri avventurosi, da ragazzina. Ero più una bambina da Piccole donne, Le piccole donne crescono, La piccola Dorrit e così via. Oppure, passavo direttamente a romanzi come Dracula di Bram Stoker.

Però, imbattermi in Giulio Verne e restarne folgorata fu tutt’uno, lo ammetto.  Al tempo, non colsi il messaggio tra le righe e mi dilettai semplicemente a immedesimarmi in un naufragio e nelle conseguenti difficoltà/avventure da vivere insieme ai protagonisti ma… Metterci mano da adulti è tutt’altra cosa.

Intanto, come superi le prove della vita? Il naufragio di relazioni umane, di progetti di vita o lavorativi, le avversità che ti attendono oltre la porta di casa?

Giulio Verne mette in primo piano l’intelligenza in un genere letterario che già al tempo era stato sperimentato da altri autori, basta ricordare Defoe con il suo Robinson Crusoe.

Ma in questo caso, Verne aggiunse alla storia un tocco da maestro: l’analisi della natura umana e il senso del bene o del male. O, ancora, il valore del progresso.

Lo so, la parola progresso – se pronunciata a proposito di un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1875 – in pieno 2019 può far sorridere, eppure…

Sapete che le tecniche di sopravvivenza utilizzate dai naufraghi nel romanzo di Verne, oggi sono studiate nei corsi e percorsi per uomini duri? A ben leggere il romanzo con la dovuta attenzione, potremmo mettere insieme delle dritte da perfetto manuale di sopravvivenza, appunto.

Quattro uomini e un ragazzo, dopo essere sfuggiti alla guerra, alla prigionia e usciti indenni dalla caduta della mongolfiera sulla quale viaggiavano, approdano su un’isola e là si devono ingegnare, mostrando al lettore di oggi qualcosa di molto particolare…

Non è forse vero, per esempio, che la grotta nella quale trovano rifugio è posta così in altro da anticipare il concetto di grattacielo e di ascensore? Sebbene il tutto sia piuttosto rudimentale, si notano oggi soluzioni al tempo piuttosto innovative e originali, altro che capanne di paglia!

Vale la pena leggere i classici (e L’isola misteriosa di Verne lo è), di andare oltre le righe per scovare  inaspettate perle o soluzioni narrative più vicine ai nostri giorni che al tempo della pubblicazione di queste opere.

Non è forse vero che “Meno comodità si hanno e meno bisogni si hanno, meno bisogni si hanno e più si è felici”?

E poi, non è male – ancora oggi – incontrare il capitano Nemo, o lasciarsi coinvolgere dalla tipica struttura dei romanzi avventurosi, dove la corsa contro il tempo è elemento importante ma altrettanto importanti sono i messaggi contenuti tra le righe.

In questo, oltre a questioni ecologiste (è giusto sottomettere la natura ai propri bisogni?) o la psicologia di personaggi così differenti posti a subire un dramma che li accomuna, troviamo una visione positiva di momenti in realtà piuttosto negativi. Ovvero: si può sopravvivere alla distruzione di ogni certezza soltanto rimboccandosi le maniche. Distruzione uguale ricostruzione.

Ricominciare anche quando lasciarsi andare è quasi lecito e soprattutto molto più facile.

Direi che senza dubbio, una iniezione di positività come questa è utilissima anche in tempi come i nostri, non trovate?

Un classico, a dispetto dell’anno di pubblicazione, non è mai datato.

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Tutto ciò che è proibito

Libri

Tutto ciò che è proibito, possiede un fascino senza eguali. E non importa se a decretarlo tale sia la morale comune, un genitore, la legge o la censura. Non si può, dunque si vorrebbe.

Funziona anche con i libri: la storia della letteratura è piena di testi un tempo giudicati illegali, sovversivi, amorali. Libri messi al rogo o censurati, quelli cancellati dalla repressione nazista (leggete il recentissimo romanzo “La bambina che salvava i libri” di Markus Zusak), i libri distrutti da Giulio Cesare o da un Imperatore cinese nel 213 a.C.

Scrittori messi al bando o processati, come il grande Flaubert… I benpensanti reagirono inorriditi di fronte al suo Madame Bovary: fino a che punto, lo scrittore, aveva osato spingersi per dipingere una realtà femminile senza veli? E come faceva, lui a conoscere certi stati d’animo così a fondo?

Emily Bronte fu più astuta: per proteggersi dalle censure, inizialmente pubblicò il suo Cime Tempestose con uno pseudonimo maschile, riuscendo a toccare tasti sconvenienti come i desideri inappagati e le passioni dilanianti, senza pagare un prezzo troppo alto!

Passano, i secoli, eppure tutti noi abbiamo avuto i nostri libri proibiti, non è vero?

Faccio parte di una generazione di bambini a cui i genitori non parlavano di sesso, per esempio. Il corpo era tabù, motivo di imbarazzo, e scoprire le differenze tra maschi e femmine, carpirne i misteri, era un’ardua impresa, eccezion fatta per l’educazione “da cortile”. Tuttavia, a casa mia, c’era un libro segreto, ben nascosto in un luogo improbabile da me (ovviamente) scovato. A volte, nei pomeriggi estivi di pigri sonnellini, io sgattaiolavo fuori dalla mia stanza silenziosa come un felino a caccia, e lo andavo a sfogliare. Erano gli anni di Pinocchio, Cenerentola, Cappuccetto Rosso, e non capivo molto di quella sconosciuta materia che dava titolo al libro – Anatomia del corpo umano – ma numerose erano le immagini, le spiegazioni che conteneva e che catturavano la mia attenzione. Fu quello, il mio primo libro proibito.

Poco più in là nel tempo, mi rimpinzarono di Piccole donne, Le piccole donne crescono, I ragazzi di Jo, La piccola Dorrit, ma io lessi e rilessi in gran segreto Dracula di Bram Stoker, vietatissimo da mia madre. “Poi vuoi dormire con la luce accesa, hai gli incubi! Non se ne parla nemmeno, devi crescere ancora un po’!” Incubi o no, perché aspettare?

Ricordo che il papà di una mia amica d’infanzia, custodiva nel cassetto del suo comodino una copia de L’amante di Lady Chatterley, cassetto che io e lei violammo più e più volte con molto gusto.

I libri proibiti… Sono quelli che più si custodiscono nella memoria, che profumano di trasgressione, letti con l’ansia d’essere scoperti, quella che genera piacere e che sa di ribellione.

Crescendo – ma non troppo – ho scoperto Porci con le ali, che fece scandalo per il suo contenuto esplicito e fu scritto con uno pseudonimo da Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice; poi, Paura di volare di Erica Jong, e ancora Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, che mia madre non voleva neppure sentir nominare perché terrorizzata da parole come tossicodipendenza.

Titoli impressi nella memoria, libri, libri nascosti sul fondo dello zainetto, passati di mano in mano tra le amiche, segnati dalle matite o rovinati dalle “orecchie”, con qualche foglio scollato per via della scadente rilegatura.

Libri perduti o mai restituiti, libri che “chissà dov’è finito”, non necessariamente belli, anzi a volte deludenti, eppure indimenticabili per via del fascino di cui erano impregnati.

Esistono in rete diversi elenchi, di questo genere di testi, e ve ne consiglio due in particolare; il primo contiene delle curiosità davvero interessanti. Il secondo fornisce dieci titoli che conoscete più o meno tutti.

E adesso parliamo di voi: avete avuto i vostri libri proibiti? Ne sono certa. Qual è rimasto più impresso nella vostra memoria? In quale luogo segreto lo avete letto?

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Vampiri dell’anima

vampiri dell'anima

Da quanti vampiri siamo oramai circondati? Adulti, adolescenti, buffi o crudeli, ce n’è per tutti i gusti! Una passione divulgatasi in tutto il mondo a partire dal Dracula letterario di Bram Stoker del 1897 che stravolse la leggenda del sanguinario principe romeno Vlad Tepes Dracul, a quello cinematografico del 2012 (rigorosamente in 3 D) di Dario Argento, a breve in tutte le sale. Ben centoquindici anni di sete che mai si placa né mai è passata di moda…

Però oggi io voglio condividere con voi un altro genere di vampiro, quello creato da Baudelaire, artista scontento e disperato, uomo affascinante e colto, dal grande talento ma dall’indole svogliata e pessimista, sempre a corto di denaro, assiduo consumatore di droghe e amante del bello. È quasi un modello del tempo, Baudelaire, un cliché indiscutibilmente attraente nel suo modo di essere e coinvolgente nel suo scrivere.

Il suo demone assetato di sangue si aggira in una bellissima poesia d’amore, di passione e odio, intitolata appunto “Il vampiro”. Eccovela:

Tu, come lama di coltello
sei entrata nel mio cuore in lacrime!
Tu, forte come una torma di demoni,
folle ed in ghingheri,
sei venuta a fare del mio spirito umiliato
il tuo letto ed il tuo regno!
Tu, infame alla quale son legato
come il forzato alla catena,
come il testardo giocatore al gioco,
come il beone alla bottiglia,
come la carogna ai vermi!
Maledetta! Maledetta!
Ho pregato la spada rapida
di conquistare la mia libertà;
ho detto al perfido veleno
di soccorrere me vile;
macché! Il veleno e la spada
con disprezzo m’hanno detto:
“Sei indegno d’essere strappato
alla tua maledetta schiavitù,
imbecille! Se pure i nostri sforzi
ti liberassero da quel dominio,
tu stesso coi tuoi baci resusciteresti
il cadavere del tuo Vampiro!

 (tratto da I fiori del male, Newton & Compton Editore – Collana “I grandi classici dell’800”)

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