Susanna Trossero

scrittrice

Quando non serve metterci la faccia

Nel lontano 1992, abbiamo sentito parlare per la prima volta della scrittrice Elena Ferrante: L’amore molesto, vincitore di premi prestigiosi, apprezzato dai lettori e divenuto film tre anni dopo, diretto da Mario Martone, è stato un ottimo biglietto da visita.

Da allora ne è passata, di acqua sotto i ponti: il settimanale americano Time l’ha inserita fra le 100 persone più influenti al mondo, e poi altri film, serie tv, traduzioni nel mondo… e mistero. Ancora infatti non abbiamo alcuna certezza su chi vi sia dietro lo pseudonimo Elena Ferrante, sebbene qualche nome – o ipotesi che pare sempre più concreta – sia stato fatto.

Per capire le sue ragioni, la scelta dell’anonimato, dovremmo leggere una sua pubblicazione del 2016 dal titolo La Frantumaglia, che raccoglie il suo pensiero in merito non solo alla sua scelta: vi troviamo anche riflessioni sulla scrittura, sul vissuto che le appartiene, sul percorso che l’ha portata ad essere autrice di best seller, nonché le sue risposte alle innumerevoli domande dei lettori.

Chi è Elena Ferrante? In fondo non importa. Oggi, sto parlando di lei perché ha dimostrato ai media, ai lettori, ai critici, e anche alle stesse case editrici o ai suoi colleghi scrittori, che si può raggiungere il successo “soltanto” con le proprie opere perché sono le opere a mostrare il talento, non un volto, un nome, l’essere onnipresenti a programmi televisivi, presentazioni, eventi. I libri, dovrebbero camminare da soli dopo la pubblicazione, senza la spinta dell’autore che – diciamocelo – il suo lavoro l’ha già fatto scrivendoli, no? Ovviamente se ne deve parlare, ma dei libri e non necessariamente di chi li ha scritti.

Su Wikipedia, si legge:

“La scrittrice stessa parla di un desiderio di autoconservazione del proprio privato, un desiderio di mantenere una certa distanza e non prestarsi alla spinta che alcuni scrittori hanno di mentire per apparire come ritengono che il pubblico si aspetti. Ferrante è convinta che i suoi libri non necessitino di una sua foto in copertina né di presentazioni promozionali: devono essere percepiti come “organismi autosufficienti”, a cui la presenza dell’autrice non potrebbe aggiungere nulla di decisivo”

Non importa se taluni pensano che sia stata una riuscitissima trovata, se proprio l’anonimato susciti curiosità che fa vendere. Io vorrei soltanto fare il punto sul vero protagonista delle storie che leggiamo: il libro che le racchiude. Lui merita attenzione e se funziona è di lui che si parla, senza quell’esposizione mediatica dell’autore che pare vitale più della storia stessa. Le presentazioni dei libri dovrebbero essere organizzate per e con i lettori soltanto, se ci pensate bene, perché un libro diviene loro, non appena vede la luce. Poi, se l’autore lo vuole, si mostra e ne parla, ma non dev’essere una conditio sine qua non!

E quindi, grazie Elena Ferrante, per ciò che in questi anni hai dimostrato. Per quanto può valere il mio modestissimo parere, ho apprezzato.

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