Ed eccomi qui con voi, di ritorno dalla Sardegna. Ero stata contattata dall’Associazione Prospettiva Donna di Olbia come scrittrice, nel mese di febbraio, per contribuire ad un bellissimo evento della durata di due giorni, il 7 e l’8 marzo, dal programma ricco e interessante. Nei giorni precedenti all’evento, ho potuto visitare una casa di accoglienza per donne in difficoltà, vittime di situazioni drammatiche, e a collaborare con loro ad un laboratorio di scrittura. In realtà non è stata la scrittrice ma la donna, ad entrare in quella casa che mi piace chiamare “Il rifugio delle donne”. Mi sono domandata: se io fossi spaventata, se avessi bisogno di aiuto, cosa proverei, che impatto ne avrei? Certo, tentare di calarsi in un vissuto così duro è pura utopia anche per le persone più sensibili, ma ci ho provato comunque senza la presunzione di riuscirci e con rispettosa umiltà.
Accogliente, silenziosa, tanto grande e profumata di caffè, la casa si è ben presto animata di volti sconosciuti che aprivano le porte delle loro camere al nuovo giorno, accomunati da uno sguardo che parevano mandare un medesimo messaggio: chi è quest’intrusa? Un po’ di naturale timore, circospezione, diffidenza perché no. Poi le imbarazzate strette di mano, i sorrisi che invitano al sorriso, le parole per alcune più difficili da trovare per via della lingua, e per altre per la timidezza. E i bambini che ad impatto non sai indovinare di chi sono figli: di tutte, perché tutte ne hanno cura. Mi colpisce dritto al cuore quell’essere madri del medesimo figlio, quell’imboccarlo e accudirlo con tale naturalezza…
Ho passato con loro la giornata intera, in febbraio, mi sono seduta alla loro tavola, ho imparato i loro nomi io che con i nomi sono un disastro, ma è accaduto perché quei nomi ti si incollano dentro insieme alla loro storia che non starò a raccontarvi perché è la storia di tante, troppe donne.
Quello che invece voglio raccontarvi è che entrare in quella casa ci trasforma da visitatori a persone diverse, perché sono proprio quelle terribili storie ad arricchire la nostra. Ciò che hanno creato le donne che hanno messo in piedi questa struttura mi commuove, e mi commuove il lavoro delle volontarie che fanno sì che funzioni. Perché non è solo un tetto o un piatto di minestra, no. È Amore per il prossimo, solidarietà, è una mano tesa concreta che aiuta al reinserimento, alla ricostruzione dopo devastanti terremoti dell’anima e del corpo. Io ho visto piangere le fondatrici di questo caldo rifugio, piangere per quelli che considerano inaccettabili fallimenti e che ahimè non possono a volte essere evitati. Perché di donne che perdono la loro battaglia ce ne sono tante, e molte non ce la fanno perché troppo grande è il danno subìto. Altre invece non ce la fanno per via di culture differenti dalle nostre, che le rendono schiave di regole che possiamo non condividere ma che dobbiamo comprendere come parte integrante del loro popolo, dunque in grado di influenzare ogni loro scelta, o meglio ogni loro azione perché per loro di certo non si tratta di scelte. Ma, e mi rende felice potervelo dire, ci sono anche quelle ce la fanno, e non sono poche. Ce la fanno grazie a case come queste, ad associazioni come questa, e ricominciano. Ho sentito dire, in questo tempo con loro, frasi come “Ora dormo tranquilla” e ho provato rabbia, per tutto ciò che era stato loro tolto. Ho sentito parlare di dipendenza, una dipendenza dal sogno di una famiglia che diviene dipendenza economica prima, e affettiva dopo l’arrivo dei figli. Perché molte di loro, dopo abusi e violenze, al momento di dire BASTA sanno che se portassero via i figli non saprebbero di che sfamarli.
Ho visto donne psicologicamente distrutte da più sottili plagi, quelli mentali che ti inducono a convincerti che non vali niente. E ho visto le fondatrici di questa Associazione insegnare loro che la bassa autostima non può e non deve essere una condizione permanente.
Molti di voi diranno “ma perché non fuggire subito da ciò che fa tanto male?”
Il cambiamento è quasi innaturale per l’essere umano. La ricerca del noto, del CONOSCIUTO – RIPETUTO E PREVEDIBILE è ciò che in genere ci induce a sopravvivere. Difficilmente si anticipano le situazioni cambiando “prima”. Si cambia sempre “dopo”. DOPO stati d’animo divenuti incontenibili perché troppo forti, sempre e comunque estremi: rabbia, disperazione, terrore, dolore. A quel punto qualcosa si rompe e si arriva finalmente a chiedere aiuto.
Nella casa, come in ogni famiglia, il genitore-associazione, fatica non poco. Vi sono tra le ospiti momenti di gioia ma anche equilibri difficili, meravigliose condivisioni o sensibilità esasperate, grandi amicizie e competizioni, con la paura di perdere terreno in una comunità in cui dopo tanto ci si ritaglia uno spazio per se in cui respirare. Ed è grande il mio rispetto per coloro che con indescrivibile umanità si destreggiano in tutto questo.
Il 7 marzo sono stati letti da due bravissimi attori dei brevi scritti. Li ho coordinati, presentati al pubblico con delle mie riflessioni, e introdotti con un mio racconto di pura fantasia che mirava a tradurre, in parte, ciò che le ha portate a bussare alla porta della casa. In parte, sì, perché la realtà sappiamo tutti di quanto sia in grado di superare la fantasia…
Per quanto riguarda invece gli scritti che hanno seguito il mio racconto, alcuni rappresentavano un piccolo grande contributo delle volontarie che fanno parte dell’associazione, ma tutti gli altri erano importanti testimonianze che le ospiti della casa hanno preparato. Dietro le poche semplici righe di queste donne, che custodirò nel cuore, c’è fatica, c’è l’immane sforzo di parlare di sé e di raccontare le emozioni dopo aver vissuto una vita di bavagli. Un importante passo, un grande processo liberatorio, un atto forte e importante, l’inizio di un risanamento, la creazione di uno spazio dove non essere più scompensati. La sofferenza crea un terribile danno: ci separa dagli altri. Dominati dal dolore ci sentiamo alieni, ma la Casa, il Rifugio delle donne di Obia e di tante altre città, funge per loro da ostetrica, facendole rinascere e ricollegandole con il mondo. C’era la vita “prima”, ci sarà di nuovo “dopo”. Ecco cosa si trova nella casa ed ecco di cosa le abbiamo sentite ringraziare. Attraverso quei loro scritti, quelle coraggiose Donne hanno mostrato a tutti, pubblicamente, lo spazio in cui hanno ricominciato a esistere.
Come sempre dritta al cuore, Susy…Quanto avrei voluto esserci!!!
Simonetta L.