Susanna Trossero

scrittrice

Due romanzi nel cassetto

Roma pare svegliarsi dal torpore, finalmente, e accogliere meno freddamente la primavera: oggi è uscito il sole, i glicini non più fradici di pioggia hanno ripreso il consueto color pastello, e finalmente l’ombrello è via. Non cantiamo vittoria, lo riapriremo ancora, ma chissà che l’inverno non si sia diretto altrove.

In centro le statue subiscono una metamorfosi che fa sorridere i turisti, divenendo meta di gabbiani che le utilizzano a mo’ di balcone, e il Tevere ci regala le immagini di paperette festose. I fenicotteri, nella mia isola, colorano tutto di rosa, e il profumo di ginestre accompagnerà i miei amici verso la bella stagione. Come scorre, il tempo, clessidra impietosa che va veloce verso chissà quale traguardo. Ma vale la pena di colmarlo di idee, sogni, progetti e aspettative, sempre e comunque. Io di progetti ne ho alcuni e per ora sono segreti: riposano nel cassetto delle idee e sono composti di parole che spero vi piaceranno e  delle quali vi svelo per adesso poche righe.

In uno, che vedrà la luce in altra stagione, potreste trovare cose come:

Ci sono giorni che sono storie, che sono una vita intera condensata, e che non basta una vita per raccontarli. Giorni la cui lunghezza non ha alcuna rilevanza, ma dalla profondità terrificante. Giorni che scavano voragini nelle viscere, pozzi neri che mai si prosciugano del tutto, e che li rendono immortali nel ricordo. E non importa che siano stati dolorosi o felici (mio Dio quanto può essere dolorosa da ricordare, la felicità…), sono giorni destinati a restare. Giorni di cui, forse dopo anni, continuerai a parlare con l’amica dell’anima. È stupefacente quanto la vita sia fatta di pochi di questi giorni. Tutto il resto sono spesso solo ore non vissute: per pigrizia, per noia, per quieto vivere, per stupidità. E maledette siano, allora, le ore non vissute!

E benedetto il tormento del ricordo. Il tormento del tempo che passa. Solo chi ricorda, ha vissuto.”

 Nell’altro ancora invece, parole differenti, nelle quali forse delle madri potranno riconoscersi…

“È la mattina della prima ecografia – mentre sto uscendo dall’ambulatorio del medico – che sono per la prima volta madre. Attraverso sulle strisce pedonali con un’attenzione nuova e me ne stupisco. Avverto un nuovo senso di responsabilità nel compiere quell’azione che da sempre compio disordinatamente, con incoscienza, senza neppure guardare se arrivano auto o se il semaforo dei pedoni è verde. Da quel momento invece, saremo sempre in due ad attraversare la strada. Ma, per assurdo, solo a far quello. Continuerò a compiere sciocchezze, a sottopormi a sforzi fisici fuori luogo, a spostare la lavatrice a forza di braccia per far meglio le pulizie, a cibarmi di oscenità anti-dieta, disinteressandomi di ciò che potrebbe nuocergli. Lui è per me nelle nausee, lui è con me nell’attraversare la strada. Poi scompare. Mentre il tempo passa e il mio ventre cessa di essere piatto, io non riesco a provare amore per lui, per me è un’entità a sé, uno sconosciuto di cui non immagino le fattezze. Qualcuno di cui non si conosce volto, voce, pensieri, gusti… come si può amare qualcuno che non esiste nei suoi contorni o in un dettaglio? Strisce pedonali e nausee, ecco cos’era.”

Vi lascio con queste parole, soltanto parole, che io adoro mettere sulla carta e che presto avranno un senso compiuto, inserite nel giusto contesto di una storia che non sarà più segreta.

Sperando sarà letta e apprezzata da tutti voi che mi seguite, vi auguro che la vostra, di storia, resti sempre la più bella da raccontare.

Susanna

 

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