Susanna Trossero

scrittrice

Edea: l’armonia della condivisione

Settembre, ricordi di strade odorose di mosto, nuove matite, quaderni immacolati, spiagge che si svuotano e aule si riempiono…

L’estate pare andarsene con agosto, in realtà le navi che riportano a casa passeggeri già nostalgici non decretano la fine della bella stagione, ancor più bella a settembre, mese che adoro.

Settembre è un mese di progetti, somiglia a gennaio o a un banale lunedì, quello del “da lunedì comincio”, avete presente? La normalità dell’imminente cambiamento o del rimandare tutto per prendersi altro tempo… Voi siete quelli che si ricaricano al pensiero dell’imminente o quelli del “per fortuna c’è ancora tempo”?

Sembro Marzullo.

Io ho ancora la risacca nel cuore, ma non vedo l’ora di cominciare a parlare di scrittura con tutti coloro che tra di voi seguiranno i miei nuovi corsi per l’Associazione Edea – Educazione e Armonia, qui se volete saperne di più. Interazione, condivisione, mescolare idee e pensieri, dar voce a un talento che forse neppure si sapeva di avere o ancor più semplice: ritrovare la serenità nelle parole che riempiranno fogli bianchi, questo ci aspetta da ottobre.

Le iscrizioni sono cominciate, ringrazio coloro che già si sono prenotati e chi si appresta a farlo; conoscervi sarà motivo di arricchimento per me, perché c’è sempre tanto da imparare, credetemi. I miei corsi quest’anno faciliteranno la possibilità di partecipare anche da lontano perché si terranno on line, e grazie alla tecnologia ci vedremo ogni settimana via computer da qualunque città, cosa questa che ci permetterà di superare limiti e confini.

I miei corsi di scrittura sono rivolti a persone di ogni età, perché non c’è un’età per liberare la propria vena artistica o dar voce a un desiderio: c’è solo un tempo e ognuno di noi stabilisce quale sia quello giusto per farlo.

Vi aspetto, e per iscrizioni o informazioni:

segreteria.edea@gmail.com

371 6608202 – telefono e wathsapp

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Connessioni: il caso, o disegno del destino?

Di recente ho letto Controluce, di Claudia Aloisi, autrice forlivese che ho avuto il piacere di conoscere grazie alla Fiera del Libro di Iglesias. Avevo già incontrato con il suo precedente romanzo Flavia’s End la fotografa belga Estelle Moreau, protagonista di entrambe le storie che in quest’ultima forse ci fornisce la risposta al suo e nostro domandare “che cosa desidera davvero dalla vita, al netto di ogni difficoltà e sconfitta?”

Quando intervistai per Libri e Parole la scrittrice, che ambienta le sue storie piene di suspense in terra sarda, ci raccontò appunto del suo amore per la Sardegna:

È un legame che io stessa non so spiegare, dal momento che non sono sarda. Ho conosciuto l’Iglesiente visitandolo con persone del luogo e per prima cosa mi hanno conquistata i panorami. Del resto il loro fascino è innegabile, persino Jacques Cousteau definiva quel tratto di costa “mare spettacolo”. Poi però, come ogni innamorata curiosa, sono andata oltre la bellezza: ne ho studiato la storia mineraria e sociale, ne ho scoperto la ricchissima tradizione” (qui l’intervista completa). 

Controluce non tradisce le aspettative e si rivela fin da subito attraente come se non più del precedente romanzo, affrontando spazi temporali in un collegamento tra passato e presente che ci avvince senza tregua ma anche con profondità, la stessa in cui vivevano i minatori o quella di Porto Flavia, miniera di piombo e argento situata nell’iglesiente e sfruttata fin dal ‘600. Oggi inattiva e visitabile perché riconvertita a scopi turistici o di studio, è resa ancor più suggestiva e misteriosa grazie alla penna di Claudia Aloisi.

Nei giorni scorsi, Il romanzo Controluce edito da Condaghes, grazie a Connessioni Festival delle Idee, è stato presentato in diversi luoghi suggestivi come per esempio il Villaggio Normann di Gonnesa, ex villaggio minerario ancora in parte abitato ma avvolto di atmosfere particolari tra i ruderi che ne ricordano il passato minerario. In questa intrigante cornice, si è parlato anche del precedente Flavia’s End, romanzo che si appresta a diventare un film a cura del regista e premio Oscar Anthony Lamolinara: nel corso della serata è stato proiettato per la prima volta in Sardegna il teaser di lancio, e finalmente reso pubblico per l’occasione.

A volte, il caso mette insieme persone, situazioni, avvenimenti che parevano non collegabili tra loro: connessioni, appunto, a conferire realtà alle più sfrenate fantasie… Gli incontri in una fiera del libro, le suggestioni di un’antica isola come la Sardegna che solo a saperle cogliere raccontano storie e si impossessano di chi di storie si ciba come Claudia Aloisi, un romanzo che diventerà film… Il caso o un disegno?

Se lo chiede anche Estelle Moreau:

Estelle aveva sempre pensato che nella vita non esiste casualità: come se eventi e persone fossero collegati da un disegno imperscrutabile, che diventava chiaro solo se contemplato dalla giusta distanza di tempo e sgravato dalla contingenza”.

Nondimeno, non è indispensabile cercare risposte, meglio godere di inaspettati nessi, legami, relazioni che rendono ogni quotidiano sorprendente proprio come un buon romanzo.

(Immagini di Film the Life – filmthelife.com)

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Il giro del mondo di Matteo

E poi incappi in un libro di cui avevi sentito parlare e che ti eri ripromessa di leggere da tempo. Perché? Perché se anche può essere collocato tra la narrativa di viaggio, è molto più di questo e spinge alla riflessione sulle potenzialità di ognuno di noi se solo ci soffermassimo a guardare chi siamo, di cosa siamo capaci e quanto conta il contatto con gli altri.

Il libro è “Il grande sogno – Il Giro del Mondo senza soldi e senza bagagli”, di Matteo Pennacchi, un viaggiatore nato, dal grande spirito di adattamento e con una propensione naturale all’interazione. Se volete approfondire la conoscenza con l’autore, ecco una bella intervista.

Mi sono addentrata in questo vero e proprio esperimento di comunicazione con quella parte di me che da sempre sostiene che gli altri siamo noi, che è la condivisione a muovere il mondo rendendolo migliore. Ho 62 anni e posso dire di aver incontrato il bello e il brutto dell’animo umano, di essere disgustata dai lati meno nobili e affascinata dal resistente – o forse prepotente – mio credere ancora e sempre nella fratellanza che ad oggi continua a farmi ritenere fortunata: ho conosciuto e conosco persone meravigliose. Questo non fa di me una pazza visionaria, so bene di che cosa è capace l’essere umano e me ne rammarico ogni giorno, ma ogni sera prima di dormire è sulle meravigliose persone che incontro o che mi circondano, a soffermarsi il mio pensiero, altrimenti credo non valga la pena vivere.

Il libro di Matteo, il suo coraggioso esperimento sociale, la sua determinazione, il rispetto per i suoi stessi sogni, mi hanno regalato belle emozioni anche se seduta sul divano di casa (inutile negare che neppure in gioventù avrei avuto il suo stesso coraggio).

Sono riuscito a realizzare un sogno e a provare attraverso le esperienze vissute, che esiste una fratellanza e una compassione tra la gente e che, con un sorriso e molta inventiva, si possono fare grandi cose“, scrive Matteo. E credo abbia ragione.

Gli incontri da lui narrati, la curiosità della gente – anche dei più sospettosi – o la voglia di dare una mano, la filosofia personale del singolo che se condivisa arricchisce e completa, la forza di andare avanti quando è il sogno che guida, i timori che possono assalire nei momenti di sconforto, il saper guardare oltre, la spossatezza fisica e la reattività della mente: c’è tutto un mondo in questo libro, quello interiore dell’autore e quello che ogni viaggio ci offre se sappiamo osservare, ascoltare, creare connessioni.

“Per me viaggiare – dice Matteo Pennacchi – e soprattutto da soli, è il modo ideale per crescere e migliorare se stessi. Un gesto di apertura verso gli altri e di amore verso il mondo. Un atto personale che ha come obiettivo il riallineamento di se stessi verso la vita e porta a essere più completi e positivi”.

Piemme lo pubblicò nel 1999, io ne ho una edizione del 2015 ma su Amazon lo trovate facilmente perché resta una storia di grande attualità. La casa editrice tesdesca Bild-Ullstein ne acquistò i diritti mondiali, fu tradotto in varie lingue e dopo aver visto la luce raggiunse circa 50 mila copie vendute!

Mi piacerebbe sapere che cosa direbbe oggi il Matteo Pennacchi uomo e padre, a quel Matteo ragazzo che intraprese con un marsupio e i sogni intatti un viaggio/sfida capace di trasformare l’altruismo da semplice utopistica parola in spinta che muove il mondo, passo dopo passo, scoprendo che in ogni paese, in ogni territorio, vi sono pezzi delle nostre radici e del nostro essere più profondo.

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Io parlo con il mare

A volte è come se mi svuotassi di ogni pensiero, spunto di riflessione, necessità/desiderio di comunicare qualcosa o incapacità di trovare in me gli argomenti per farlo. I giorni passano dietro incombenze varie, un po’ di abulia, propensione all’inconcludenza, fino a che il calendario ti dice che di tempo ne sta passando troppo ed è arrivato il momento di uscire dal guscio. Gioca a sfavore l’ondata di caldo – banalità, lo so – ma è facile sentirsi come una sala d’aspetto vuota: quelle sedie dapprima occupate da tante storie ora fanno parte di una anonima stanza vuota di volti e di pensieri e a guardarsi attorno vien voglia di andare a dormire.

Il fruscio del ventilatore oggi mi ha ricordato quello degli alberi mossi dalla brezza marina: un riparo pomeridiano dalla calura, aghi di pino caduti, un buon libro, il sale addosso. L’estate mi ricorda la mia natura isolana e la necessità di stare in spiaggia il più possibile ma non tra la folla. Io parlo, con il mare.

Parlo con la risacca, con i cormorani, con i piccoli pescetti che vengono a riva a solleticare i piedi, con le piccole patelle dalla conchiglia conica aderenti alle rocce… E ascolto il vento, vivo il contatto con la sabbia che massaggia, mi lascio andare al sole e rinasco al tramonto, quando l’acqua si fa specchio, tutto si ferma e i colori prendono possesso dell’anima.

Soltanto quando mi lascio abbracciare dal mio elemento naturale sono in grado di sentirmi parte di qualcosa di grande e in pace. Più il luogo è solitario, più posso sentirmi bene con me stessa e con la vita che abito, è sempre stato così, fin da giovanissima e ancor prima, da bambina. Nessun sogno, nessun progetto, nessun desiderio: io e l’azzurro, io e il calore, io e la consistenza della sabbia bianca sotto il passo veloce per non scottarsi. Niente da inseguire o da raggiungere quando chiudo gli occhi e recupero il silenzio interiore, quello stesso silenzio che a dieci anni mi faceva scrivere poesie seduta sulla riva mentre altri ragazzini giocavano non molto lontano additandomi come una “strana”.

“Sempre camminerò per queste spiagge tra la sabbia e la schiuma dell’onda. L’alta marea cancellerà l’impronta e al vento svanirà la schiuma. Ma sempre spiaggia e mare rimarranno”.
(Khalil Gibran)

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ArgoDiario, pagina 13

Ho atteso del tempo, per concludere l’ArgoDiario della fiera del Libro di Iglesias 2023. Ho atteso perché volevo capire fino in fondo, dopo tanto raccontare di quelle quattro giornate d’aprile, quale è il messaggio che lasciano, quale il senso o lo scopo. Ma, soprattutto, se quest’ultimo è stato raggiunto.

Credo che dietro un lavoro di organizzazione come questo ci sia sempre la passione per la parola scritta, quella che ti avvolge, trasmette, ti arricchisce o ti fa crescere. Quella che provoca un risveglio mostrandoti altre vie, o quella che scopre un nervo che fa male. Senza questa passione, questo amore, nessun evento nasce sotto una buona stella sebbene ben organizzato. Tirando le somme, nasce un sorriso: è andata bene anche quest’anno.

Il 25 aprile, ultimo giorno della Fiera, ha raggiunto una profondità da cicatrice grazie a Fabio Stassi, scrittore che ho definito cantastorie, ma prima di raccontarvi di lui devo dire che l’incontro tra Riccardo Cavallero – fondatore di Sem, Società Editrice Milanese nonché pezzo da 90 della Mondadori – e il torinese Rocco Pinto, libraio “coltivatore di cultura”, le case editrici Ischire e Condaghes, si è rivelato illuminante e ci ha aiutato tutti a comprendere non solo alcuni meccanismi dell’editoria ma anche le difficoltà che uno scrittore incontra e cosa c’è dietro una pubblicazione.

Poi, ed eccoci a scendere in quella già citata profondità, al Teatro Electra, il nostro Fabio Stassi dopo aver ricordato Calvino si è raccontato attraverso un monologo che lo ha reso non solo cantastorie ma anche pifferaio magico. Avremmo voluto non smettesse mai di parlare, e la piece teatrale Vrascadù ci ha condotti insieme a lui nel “viaggio di un uomo che torna dove non è mai stato”, ci ha offerto la possibilità di trovare nella lettura la nostra zona di conforto, ci ha invitati a cominciare a frequentare il futuro, a costruire una nostra biblioteca interiore e a non dimenticare che errore dopo errore si arriva sempre da qualche parte.

L’applauso, caro Fabio, era più che meritato: ci hai dato davvero tanto e speriamo di riaverti con noi anche l’anno prossimo, perché di ascoltarti non ci si stanca mai.

A concludere la serata, il Circolo Musicale Verdi con la favola sinfonica “Il gatto con gli stivali”. Avvinti dalla voce narrante, dalle musiche, dalla consapevolezza che di lì a poco noi tutti Argonauti saremmo saliti sul parco a salutare il pubblico e dire addio all’ottava edizione della fiera dal tema Mappe, ha insinuato in tutti noi una prematura nostalgia che ha reso i saluti pubblici, la cena, gli abbracci notturni su una piazza Pichi oramai dormiente, indimenticabili momenti.

Il giorno dopo, entrando in una copisteria di Carbonia, ho vissuto un simpatico “dopo-fiera”: la locandina con il mio viso è affissa alla parete a dimostrare apprezzamento che vivo con soddisfazione: la mia città non mi ha dimenticata!

Argonauti, ci vediamo l’anno prossimo!

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