Susanna Trossero

scrittrice

Colei che finisce

A. Serrenti - S. Trossero, Il pane carasauQuanti sì e quanti no si fronteggiano, in tema eutanasia… Quante opinioni che reputo fuori luogo perché esternate da chi forse dovrebbe tacere almeno una volta, e quanti controsensi…

Nel lontano 2008, pubblicai il mio punto di vista sulle pagine di Graphomania, in un post dal titolo La sacralità della scelta , articolo di vecchia data che rappresenta tuttavia ancora oggi ciò che penso.

Arrivo da un’isola antica, nella quale l’eutanasia era praticata in tempi in cui – soluzioni di questo genere – altrove non erano neppure ipotizzate. S’Accabadora (dallo spagnolo “acabar”), ovvero colei che finisce, era una donna in genere anziana poiché sono gli anziani a possedere doti di giustizia e saggezza, la quale in un gesto pietoso poneva fine alle sofferenze di malati in agonia. La richiesta poteva giungere a lei dallo stesso infermo o dai suoi cari, ma non veniva retribuita poiché ciò sarebbe stato considerato sacrilego: si trattava di un gesto d’altruismo, di grande umanità, per il quale non potevano essere previsti compensi o guadagni, e questa figura femminile era degna del massimo rispetto, stimata da tutta la comunità. Sebbene antropologi (non sardi) continuino a sostenere che tutto ciò non sia mai avvenuto e che S’Accabadora non sia mai esistita, non è ciò che sostengono le testimonianze che ci giungono da diverse località della Sardegna, in particolar modo dall’entroterra. Per chi vuole saperne di più, vi sono saggi molto interessanti sull’argomento, io stessa ho citato questo fenomeno nel mio libro di prossima pubblicazione Il pane carasau, storia e ricette di un’antica tradizione isolana, Graphe.it, settembre 2014, grazie alla testimonianza raccolta dalla coautrice del libro Antonella Serrenti.

Ed è proprio di questi giorni la notizia dell’inizio delle riprese del film “L’Accabadora”, del regista sardo Enrico Pau, la cui sceneggiatura non è tratta dal libro di Michela Murgia “S’Accabadora”, così come lo stesso regista precisa nelle sue interviste. Si tratta di una storia totalmente differente, il cui titolo era stato depositato dal regista prima ancora che il romanzo vincitore del premio Campiello 2009 fosse pubblicato.

Oggi vi saluto con i bellissimi versi di Natale P. Fioretto, il quale ci mostra con grande e amara poesia l’ingrato compito dell’ultima madre…

“D’un ultimo abbraccio
Saranno vinte le mura
Del mio fragile vivere.
Estrema libagione
Fra i tuoi sensi funesti.”

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