Susanna Trossero

scrittrice

La comodità del non pensare

Mi lascia sempre perplessa l’incapacità di troppi di scindere l’opinione dal fatto. Certo, chi ci garantisce che la tale cosa che ci viene raccontata non sia un’opinione personale, scaturita da infiniti fattori e influenze, piuttosto che un fatto reale, indiscutibile, concreto? O viceversa, naturalmente.

Forse la volontà di ragionare, di documentarsi quando possibile, di comprendere, di liberarsi da schemi a favore di un’apertura maggiore. Oppure, più semplicemente, di ascoltare la scomoda voce dell’intelligenza. Non sappiamo più farlo?

Fin troppo spesso, per inseguire un’idea, un sogno non concretizzabile, o un indottrinamento, diventiamo ottusi sfiorando il fanatismo. Perdiamo la vera capacità di giudizio, l’obiettività necessaria a staccarci da una massa.

Mi fa paura. Mi fa paura perché credo che altrettanto spesso non ce ne avvediamo. Il più intelligente, colto, lungimirante, sospende il giudizio barricandosi dietro “nozioni” e alibi necessari a non mutare un’idea che più non ha ragione d’essere. Fossilizzato nel pensiero datato, ammuffisce nella banalità e muore, seppur restando vivo. Perché sei morto, se non sai più fare un passo indietro e dire a te stesso che qualcosa in cui volevi disperatamente credere non esiste.

Siamo stati “educati” fin da piccoli a non pensare, almeno da adulti cominciamo a farlo.

Elucubrazioni mentali che mi strattonano, mentre cammino solitaria nei pressi di Castel Sant’Angelo, in quel punto in cui si vede svettare austera la Cupola di San Pietro.

L’aria si è rinfrescata, i sampietrini sono lucidi come vorrei fossero sempre i miei pensieri. Speriamo bene.

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