Susanna Trossero

scrittrice

Vi racconto una storia

Oggi vi racconto una storia… Mettetevi seduti.

Tutto comincia con una inaugurazione e con l’arrivo degli ospiti di una struttura. Siamo nella provincia di Roma, ai giorni nostri. All’interno de “Le Pleiadi”, una casa di riposo gestita da Greg Wilson, vedovo inglese legato per ragioni sentimentali al nostro territorio, non ci si annoierà di sicuro ma i presenti ancora non lo sanno. L’uomo, affiancato da Elisa, psicologa della Casa nonché suo braccio destro e saggia consigliera, è mosso da grande passione e umanità, tutte doti che credetemi gli saranno molto utili nei giorni a venire.

Tra persone che ancora non si conoscono, nel tempo comincerà una interazione molto particolare e non sempre efficace. In fondo, Le Pleiadi è una comunità, e in ogni comunità si avvicendano storie e personalità tra le più disparate, si alternano momenti drammatici o ironici, bizzarri o profondi, perché là dove ancora c’è vita, tutto può succedere. Ad ogni età.

Ognuno di noi porta con sé un ricco bagaglio d’esperienze e di conoscenze che lo rende un universo unico e sorprendente, tra indumenti, vecchie fotografie, piccoli cimeli e farmaci salvavita: storie. Nella casa di riposo si riscoprono valori come l’amicizia, la fratellanza, l’altruismo e l’amore, si superano limiti di tutta un’esistenza, taluni coronano sogni altri reimparano a sognare. E, così come nella vita vera fuori da lì, vi sono anche coloro che invece rispolverano bassezze e comportamenti poco nobili, traducendoli in pensieri e azioni.

E adesso vi domando: può mancare, un giallo, in una comunità? Può mancare il pericolo, l’intrigo di un segreto, qualcuno che trama alle spalle di altri e nasconde un orribile segreto, o un’indole crudele?

Bene, vi ho descritto qualcosa a cui tengo moltissimo, perché rappresenta per me una grande soddisfazione e un motivo di orgoglio: i miei “vecchi” allievi di un lungo corso di scrittura durato tre anni interi tra le mura di una scuola di Ostia, dopo un grande lavoro, un meraviglioso gioco di squadra e tanta fatica per arrivare ad ottenere un risultato il più possibile corretto e scorrevole ma anche intrigante, vi annunciano la nascita del loro romanzo corale “Le Pleiadi”.

Non hanno mai avuto velleità di scrittori legate ad ambizione o volontà di emergere, bensì il desiderio di dare corpo ad una passione scoperta in aula, creando qualcosa di tangibile che li unisse per sempre mentre nasceva una grande amicizia che ad oggi li lega profondamente.

Proprio per ciò che sta dietro il loro lavoro, spero che sarete in molti a leggere il romanzo e a raccontarci le vostre impressioni, premiando la determinazione, che vi assicuro è lodevole! Lo trovate cliccando qui e lo pubblicizzo con tutto l’affetto di cui sono capace ma anche da insegnante di scrittura, riconoscendone il valore, e non ultimo da lettrice: mi ha commossa, divertita, coinvolta.

Ne “Le Pleiadi” infatti ci si commuove e si ride, si incontra leggerezza e profondità. Non si trova una vicenda buona e poco credibile; a qualunque età, ogni gruppo formatosi in circostanze d’ogni genere è composto da persone differenti che in maniera differente pensano e agiscono, dunque anche in questa piccola comunità avviene di tutto: incontri, scontri, lacrime, sorrisi, piccole grandi follie o stati depressivi, ennesime mutilazioni o doni inaspettati. Nonché un giallo vero e proprio o la presenza di un nemico che rema contro la casa di riposo per mere questioni economiche. Nonostante l’ambientazione, è un libro per tutti.

I cinque autori hanno creato lo pseudonimo di Susanna Dempe. Il cognome riporta la lettera iniziale di ciascun nome (Damiano, Elda, Marina, Patrizia, Emanuela), e Susanna è il nome della loro insegnante di scrittura narrativa, ovvero il mio.

Ne sono onorata, e non ho parole per spiegarvi quanto!

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Un ponte che unisce

Giugno, il mese che preferisco, quello del mio compleanno, quando l’estate si affaccia all’improvviso e ha fretta di scalzare la primavera, le giornate si fanno lunghe lunghe lunghe e i giubbotti finiscono nei ripiani alti dell’armadio. Il profumo dei gelsomini mi avvolge e mentre tanti sui social cominciano già a lamentarsi del caldo io ne gioisco, con la mia indole da lucertola.

I social…

A volte continuo a stupirmi per l’uso che ne viene fatto, per quel manifestarsi di mancanza di empatia, per la piega che prendono certi commenti… Nel 2024 leggo tante assurdità che spesso sembrano andare in crescendo e mi lasciano attonita. Mi si dice “Ancora non ti sei abituata? Ancora ti sorprendi?” e io nutro la speranza che resteremo in tanti a continuare a sorprenderci e ad avere reazioni, perché sarà questo a salvarci davvero.

Perdonate l’esternazione, preferisco non perdere tempo a spiegarvi per esteso la ragione delle mie parole, darei spazio a qualcosa che spazio non merita.

Invece vorrei dirvi che quando finisce un corso di scrittura, i lunedì paiono svuotarsi. Il piccolo gruppo tutto al femminile che ha condiviso con me ben 30 ore mi ha lasciato qualcosa di importante che va oltre le parole che insieme abbiamo scritto e fatto funzionare.

Ecco, per intenderci, un corso di scrittura non è semplicemente l’incontro
tra chi spiega tecniche e regole e chi le impara, non per me, non è solo
questo che desidero.
Nella scrittura affiora ciò che siamo o siamo stati, ciò che vorremmo essere
o evitare.
Se ci si lascia andare a questa sorta di magia a volte scomoda ma più
spesso fonte di benessere, ci si ritaglia un luogo in cui ricominciare a
vivere con i 5 sensi che là finalmente trovano spazio e voce, di solito
boicottati da incombenze, fretta, quotidiano, circostanze.
Quando accade, ci si apre agli altri e i lunedì di un corso di scrittura ci
fanno ricchi.
Di questa ricchezza ricevuta, voglio ringraziare le allieve del Corso di Scrittura
2024 ma anche gli allievi degli anni precedenti, i quali mi hanno dimostrato con affetto che non ci si perde se davvero lo si desidera, e che quel ponte ostinato di cui altri hanno scritto, che unisce lettori e scrittori, esiste, è reale, attende di essere attraversato e di creare legami.

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Divagazioni domenicali

Domenica ho visitato la Basilica di Santa Maria in Montesanto, a Roma. Si affaccia su Piazza del Popolo e la sua prima pietra fu posata nel 1662, ma solo secoli dopo attorno a questa chiesa si è creato un bellissimo rapporto di collaborazione con artisti di vario genere e soprattutto credenti e non credenti, dando spazio alla creatività e alla cultura con apertura e accoglienza. Dal 1941 si celebra ogni domenica la messa degli artisti e da tempo desideravo visitarla. Sollevando lo sguardo ho ammirato la cupola concepita da Bernini, con quel vetro ovale in cui il cielo si insinua all’interno della Basilica. Suggestioni.

Ogni angolo di Roma, ogni via, mostra la bellezza dell’arte anche in queste splendide costruzioni ma non solo: a volte è una statua che abbellisce un palazzo, altre un piccolo balcone, una fontana o un busto, e gli stessi sampietrini, quei blocchetti di leucite calpestati da chissà quanti nomi e vite e storie…

Storie… Sì, più mi guardo attorno più le sento premere in me cercando di farsi spazio, ma sono ancora confuse, non riesco ad ascoltarle, a dar loro un senso, a sceglierne una da mettere sulla carta sviluppandola e lasciandomi andare alla fantasia che da sempre mi è compagna di vita.

In periodi come questi, di affaticamento mentale e confusione d’idee e di intenti, necessito di un buon romanzo da leggere. Leggere mi apre la mente e mi spinge in quella zona irreale in cui tutto può accadere e dove si incontrano personaggi in attesa di prendere vita. Leggere, leggere il libro giusto.

Genere? Qualcosa che mi faccia venire il mal di stomaco, che mi trascini provocando smottamenti. Ne ricordo alcuni, di libri che rileggerei più e più volte, ma non è questo il tempo delle riletture: urge qualcosa di nuovo e sconosciuto per svelare in me quel qualcosa di nuovo e sconosciuto che non si sta palesando ma di cui sento la presenza.

Ecco, uscita dalla Basilica, domenica mattina, tutto ciò che mi occorreva era nell’aria: il silenzio indolente che di certo non è tipico della capitale, i colori che smorzavano tutto ammantando di grigio case e vie, il cielo che prometteva pioggia, l’odore dei gelsomini, nessun fruscio perché regnava l’immobilità senza aliti di vento. Gli uccelli stranamente silenziosi, i cani al guinzaglio non emettevano un fiato. Una insolita mattinata in centro, eppure incredibilmente invitante. Ma, nessuna storia in me. Solo una perfetta ambientazione.

E magari Bernini era là, con raspa e scalpello, a sorridere del mio blocco dello scrittore.

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Siamo stati premiati!

A fine anno, mentre il 2023 ci lasciava, vi avevo accennato di una nuova bellissima esperienza che grazie a un produttore cinematografico oramai amico caro, avevo avuto la fortuna di fare: collaborare alla sceneggiatura di un cortometraggio che dalla scrittura mi ha poi condotto sul set! Una settimana di riprese, attenzione ai dettagli, risate, lavoro, commozione, pranzi e cene in allegria, gioco di squadra, abbracci. Sì, abbracci perché quando si condividono tante ore tutti insieme non c’è più il singolo ma il gruppo, e quando il gruppo si scioglie e pian piano tutti ripartono con la loro attrezzatura, ci si abbraccia già con nostalgia. Anche Emilio, il nostro bizzarro manichino protagonista, si è fatto umano ed ha apprezzato le nostre affettuosità!

Non credevo sarebbe stato così bello stare dietro le quinte muovendo i fili di tutto ciò che non si vede, quante cose ci sono da imparare o scoprire, e quanti timori che qualcosa non funzioni a dovere!

Poi la scelta dei fotogrammi, il montaggio che dura mesi, le musiche, la costruzione in cui nulla può essere affidato al caso e le modifiche necessarie a migliorare ogni risultato…

Sono grata a Gino Pennacchi della Tico Film, per quel lontano pomeriggio in cui mi contattò dicendomi che cercava una scrittrice sarda disposta a collaborare a un progetto legato alla mia terra. Grata per l’amicizia nata tra noi, per le emozioni, le sorprese, le nuove esperienze e nuove conoscenze, ma anche per i risultati che cominciano ad arrivare.

In questi giorni infatti, ci è stato comunicato che il nostro corto è stato premiato in tre festival grazie al messaggio che contiene: non esiste la diversità se non nella nostra mente, tutti hanno il medesimo diritto di realizzare i propri sogni e il dovere di difenderli credendo in essi.

Siamo stati apprezzati e premiati dall’International Short Way 2024 di San Paolo, in Brasile, e poi dalla Colombia, e ancora dalla Nitiin Film Festival della Malesia.

Attendiamo altre buone nuove ma già in questi giorni ci è anche stato comunicato che abbiamo passato la selezione di ben due Festival della Grecia e quella dell’Hallucinea Film Festival.

Che dire? Forse, qualcosa di buono l’abbiamo fatto! Non appena potremo dedicarci a proiezioni italiane vi inviterò con gioia perché siate dei nostri, ma nel frattempo e comunque vada, possiamo dirci grati e soddisfatti di ciò che sta accadendo al nostro progetto realizzato a cui teniamo tantissimo. In fondo, il titolo del corto la dice lunga: “Ci sono anch’io”.

Fate il tifo per noi!

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Forse sono fortunata

Di rientro dalla Sardegna, ho nel bagaglio da risistemare nella mia casa romana dei nuovi e bellissimi ricordi dati da incontri che lasciano come sempre il segno. Perché “come sempre”? Perché forse sono fortunata, certo, ma sappiamo che è proprio la scrittura a creare un ponte tra noi e gli altri dando vita a connessioni inaspettate.

Il 20 aprile, alla libreria Cossu di Carbonia, ho tenuto un seminario di scrittura terapeutica: la scrittura come fonte di benessere, strumento per far pace con noi stessi accettandoci e ricollegandoci al mondo, argomento che mi sta particolarmente a cuore anche per ragioni personali. Ebbene, la sorpresa questa volta mi è stata data dalla presenza di giovanissime ragazze, interessate al tema ma anche capaci di raccontare in pubblico delle loro vulnerabilità e della ricerca di sollievo attraverso carta e penna.

Non capita spesso in tempi come questi, di scoprire nei più giovani il piacere della scrittura a mano, delle riflessioni scritte in corsivo, dell’uso delle lettere che mai giungeranno a destinazione ma vengono utilizzate più per dare risposte a noi stessi. La mia generazione era fatta di lettere simboliche ma anche di diari e sfoghi che si condividevano con amici, utili a metterci tutti a nudo, ma queste ragazze figlie della tecnologia mi hanno regalato la certezza che certi piaceri possono ancora essere apprezzati e difesi. Chissà se riuscite a capire quanto ciò mi abbia emozionata e arricchita! Con alcune di loro sono rimasta in contatto e vi parlerò ancora di ciò che vibra in queste meravigliose menti così fresche e pulite.

Il 22 invece, durante la prima giornata della nuova edizione della Fiera del Libro di Iglesias dedicata all’Attenzione, sono stata ospite di Radio Arcobaleno per parlare del mio Il Male d’Amore – Graphe.it, in compagnia di Eleonora Carda ed Erika Carta, muri portanti della Fiera. La radio ha sempre un suo fascino e la diretta rende tutto molto più spontaneo e dinamico. Se volete ascoltare un estratto con video della trasmissione che mi ha vista protagonista, eccolo qui tutto per voi.

Più tardi, lasciata la radio, è stata la volta della presentazione del mio libro sempre a Iglesias su Piazza Pichi, in compagnia di Federica Musu che ha dialogato con me sui patimenti legati agli amori finiti, e con le letture curate dalla cara Monica Mura, prezioso dono per me della prima edizione della Fiera, ben 9 anni fa. La ricordo giovanissima, un visetto acqua e sapone che mi si avvicinò timidamente per parlare di poesia arrivandomi dritta al cuore. Oggi è una splendida donna i cui versi mi colpiscono sempre più e sono certa che sentiremo parlare di lei e del suo talento.

Quando cominciai a pubblicare, quell’isolamento che la scrittura impone durante il processo creativo si fece via via interazione: eventi letterari, presentazioni, incontri, le tue parole che diventano d’altri perché da altri vengono lette, mail ricevute, recensioni e interviste... Non credevo che un atto così solitario potesse dar vita a nuovi rapporti né che potesse spingere altri a raccontarsi a me aprendosi con una fiducia che spero sempre di meritare. Ed è così che ho compreso l’importanza della profondità che ogni libro può creare perché in ogni libro cerchiamo qualcosa che ci appartiene e che a volte è semplicemente racchiuso anche solo in una frase. Oggi voglio ringraziare la signora che si è avvicinata a me dopo la presentazione di Piazza Pichi, con il mio libro fra le mani, e mi ha parlato per un attimo proprio di questa profondità. Cara sconosciuta, spero mi cercherà per proseguire il discorso e le sono grata per le poche ma preziose parole che mi ha dedicato.

La aspetto, e aspetto tutti voi, come sempre…

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