Susanna Trossero

scrittrice

Suggestioni di fine estate

Si avvicina l’autunno, stagione di meravigliosi colori in cui il sole sul viso e la musica della risacca diverranno ricordo nostalgico.

Quando ero piccola, mio padre mi faceva ascoltare il rumore del mare dentro le conchiglie e ne restavo estasiata. Quanti di voi lo hanno fatto? Una suggestione che qualunque altro oggetto portato all’orecchio e in grado di trasformarsi in cassa di risonanza, potrebbe ricreare.

Ma le conchiglie… oh, le conchiglie compiono la magia più completa: dal mare giungono e al mare ci riportano, sebbene le spiegazioni trovate anche in rete siano meno poetiche:

“Scientificamente ogni onda sonora proveniente dall’esterno e che passa vicino alla conchiglia, fa vibrare l’aria presente all’interno di essa, dando così maggiore intensità a rumori altrimenti poco udibili. Le parenti della conchiglia quindi fungono da cassa di risonanza: proprio per questo, mettendo quest’ultima vicino all’orecchio pare di percepire la risacca del mare.”

Ma la suggestione di flusso e riflusso, l’idea delle onde che vanno a morire sulla battigia, sono ben più romantiche e non si lasciano abbattere dalla razionalità.

I più grandi scrittori le hanno raccontate, perchè bambini si resta un po’ tutti nelle piccole dolci suggestioni rimaste in noi così come un suono antico può restare imprigionato dentro una conchiglia.

“Le conchiglie non conoscono le parole, eppure nel loro suono così semplice è descritto tutto il mare”, ha scritto Caramagna. “Pensa a me come se fossi una conchiglia. Ecco, adesso lì senti i miei pensieri? Hanno il suono di ciò che non hai mai ascoltato”.

Sussurri e segreti, stanno in ogni conchiglia. Perchè ogni conchiglia è cassa di risonanza non di un suono bensì di un ricordo, una nostalgia, un intimo ritaglio custodito nella memoria.

E la stagione in arrivo completerà l’opera: il 22 settembre sarà l’equinozio d’autunno, mentre altrove ci si predisporrà alla primavera.

E, d’autunno, le conchiglie hanno ancor più da raccontare alle nostre anime inquiete…

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La bellezza della solitudine

È bella la solitudine, quando non è compagna di vita ma necessità, scelta serena. È bello quel silenzio che la circonda, quel non dover parlare o muoversi ma limitarsi ad ascoltare l’assenza di qualunque cosa che non sia pensiero privato. Perché temerla? Perché non provar piacere a sguazzarci dentro coccolandoci un poco, in un dialogo intimo privo di giudizi, fatto di indulgenza, di dolcezza e pazienza…

Una passeggiata tra le colline dell’anima, a cercare un fiore in quel deserto di niente che crediamo di possedere in noi quando non siamo amati: e perché non amarci un poco di più noi stessi? Perché tanto affannarsi divenendo compiacenti, elemosinando approvazione e carezze, se possediamo in noi quel tesoro che ci occorre? Perché, in cerca di oasi dalle fresche sorgenti, ci si accontenta poi di bere sabbia?

Star bene con se stessi: questo è il trucco per condividere la vita con qualcuno che non paghi il prezzo dei nostri bisogni…

E ritagliarsi uno spazio per continuare a star soli, quando ci va. Per annaffiare quel fiore nato dal deserto, e guardarlo con occhi materni crescere e sbocciare.

Mi piace il mare d’inverno, con le conchiglie vomitate sulla riva da un’onda irascibile. Mi piace la collina in autunno, spoglia e colorata di sfumature ocra. Mi piace l’odore della terra bagnata, quando finalmente smette di piovere dopo giorni e giorni di rigagnoli e pozzanghere per la via. Mi piace la melodia delle cicale nei pomeriggi d’estate, quando la città si svuota e ti senti unica sopravvissuta. Tutto questo è mio, è vostro, e non ha bisogno d’altro che di attenzione, perché diventi ciò che ci serve quando crediamo di non aver più nulla.

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