Susanna Trossero

scrittrice

Buon Natale

C’era una volta il Natale dell’infanzia, quello che ti sorprendeva così come ancora ti sorprendeva la vita, quello dei pilastri che riunivano le generazioni, ovvero i nonni e, subito dopo, i genitori.

C’era una volta il tuo Natale di bambino speranzoso: Babbo Natale, avrà letto la mia letterina? Avrà capito bene? E poi eccoli, i pacchetti tanto attesi e anche quelli che non ti aspettavi!

C’era una volta…

In molte bacheche di Facebook, leggo frasi come “Speriamo che passi presto”, e mi viene in mente qualche anno in cui – all’approssimarsi delle festività – l’ho detto anch’io . Ma questo è un anno in cui mi voglio soffermare sulla luce negli occhi di chi, il Natale, lo sta proteggendo: dai problemi, dallo scontento, dalle assenza, da privazioni o malumori. Dalla vita insomma, a favore del piacere di una “banalissima” ma calda condivisione a tavola con grandi e piccini, con gli amici lontani che tornano “a casa”, o con chi da casa è lontano e si unisce alla tavolata per non sentirsi solo.

Perché in fondo, il Natale offre sempre una scusa: ci “costringe” tutti a stare insieme, e se per alcuni tutto ciò rappresenta uno sforzo o un problema… beh, guardate bene tutti i vostri commensali: sono certa che vi è fra loro più d’uno per il quale vale la pena esser là. Questa è la magia.

Buon Natale, brontoloni…

Susanna

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La festa è finita

Autunno

In questo clima di festività un poco fasullo, con i negozianti in crisi perché la clientela in crisi lo è ancor di più, i cenoni che non si evitano ma i regali che si ridimensionano, e gli spumanti dell’Eurospin in offerta speciale che vanno a ruba, ho incontrato diverse persone che mi hanno parlato di feste di piazza, con le luci che si spengono, in una malinconica metafora che mi è rimasta dentro. In questo dicembre non hanno decantato nulla che abbia a che fare con alberi di Natale illuminati, no.

Feste di piazza.

Qualcosa è cambiato, forse troppo. E male.

Per molti, troppi, è finita la festa. Non c’è altro modo per esprimere quella strana sensazione, quando si presenta. Mi hanno raccontato della musica che cessa, di tutta quella gente vista di spalle, che se ne va altrove, magari un po’ stanca e con un unico desiderio: dormire.

È finita la festa. La ghiaia sotto i piedi, il palco che viene smontato, il rumore di ferro, di sedie ripiegate, di auto che ripartono. Il vociare, da allegro diviene sommesso, l’aria si è fatta umida, le stelle sono nascoste, forse pioverà. Piove sempre, quando la festa finisce, eppure l’acqua ci coglie impreparati, senza un ombrello.

C’è un tempo, sempre troppo lontano e che non dura mai a lungo, in cui quando una festa finisce si aspetta semplicemente quella successiva. Ma ve n’è uno che dura molto di più, e in quello lo sai, oh se lo sai, che tutto è cambiato e che – la festa – è finita davvero.

So di essere andata controcorrente, in questo mio post pre-natalizio, ma volevo dar voce anche a chi sta rivivendo il calcio alla lattina vuota, mentre torna a casa e i fuochi d’artificio sono finiti, lasciando nell’aria quel tipico odore di candela appena spenta.

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