Susanna Trossero

scrittrice

Allergici all’acqua?

Sembra che nel mondo occidentale, tutti siamo allergici a qualcosa, quasi fosse un’epidemia, un virus contagioso che ci trasforma in vulnerabili a pollini, alimenti, animali, tessuti, farmaci, sostanze d’ogni genere!

Guardatevi intorno: starnuti, occhi gonfi, sfoghi della cute, difficoltà respiratorie… Se qualcuno di voi appartiene alla mia generazione, ricorda senza dubbio che in classi numerosissime difficilmente c’era un numero rilevante di alunni allergici ai pollini, per esempio. Ragazzini che in primavera non potevano stare nel cortile della scuola senza star male: io non ne ricordo, addirittura, e voi?

Allergie le cui conseguenze possono addirittura essere pericolosissime, mentre ciò che le causa – magari una margheritina di campo – ci appare come dolce annuncio della stagione più promettente dell’anno.

I dati parlano chiaro: un terzo degli adulti, e metà della popolazione infantile, sono colpiti da allergie di vario genere! Perché? Che cosa è cambiato?

I ricercatori canadesi sono arrivati a una conclusione allarmante: ci laviamo troppo! Questa ipotesi fu “lanciata” a mo’ di bomba già in passato, nel 1989, quando si arrivò alla conclusione che troppa igiene indebolisce il sistema immunitario, poichè non fa più fronte a batteri, infezioni, virus. In pratica non è più allenato a difendersi e questo è il risultato.

Un bel problema, visto che in Italia si spendono diecimila miliardi l’anno per l’acquisto di saponi,  detergenti, prodotti per la cura e la bellezza del corpo!

La pagina del Corriere.it del 17 aprile 2017, riporta una dichiarazione dello scrittore Mauro Corona (del quale io apprezzo tantissimo lo stile), il quale sosteneva di farsi più o meno una doccia al mese per preservare la pelle da seccature e risparmiare le risorse idriche.

E siccome ogni cosa fa moda o tendenza, la questione è stata battezzata in America con il nome “Unwashed” e con lo stesso nome è sbarcata in Europa, ma se state storcendo il naso eccomi qui a darvi una brutta notizia: avete presente alcuni tra i sex simbol più noti?

Dunque, vediamo… Russel Crowe, Colin Farrell, Brad Pitt e Johnny Depp. Ebbene, hanno aderito alla nuova tendenza!

È davvero così nuova? I medici dell’Illuminismo vietavano ai loro pazienti i bagni frequenti: “i pori della pelle si aprono permettendo alle malattie di insinuarsi nel corpo e mietere vittime!”

Mi sconcerta, oggi, il non trovare mai una via di mezzo. In fondo, anche in natura l’igiene del corpo è praticamente un dovere/piacere al quale non ci si sottrae. Avete mai osservato un gatto dopo che ha mangiato anche una piccola porzione di cibo? Procede immediatamente al rito della toeletta, dalla durata incredibile! E i roditori? E gli uccelli, che si bagnano, lisciano le penne e compiono addirittura piccole simpatiche evoluzioni nell’acqua? O le scimmie, che tra l’altro si aiutano l’un l’altra nel curare l’igiene?

Da una parte l’allarme degli scienziati, dall’altra quello dello spreco d’acqua, e nel mezzo l’uomo sempre e comunque capace di trasformare ogni cosa in tendenza, moda.

Ancora mi domando come mai il buon senso mai si sia trasformato in tendenza. Un sapone meno aggressivo, e limitare lo spreco d’acqua con piccoli accorgimenti che – se seguiti dalla massa – contribuiscono enormemente a contenere i consumi, per esempio.

Oppure, arrendiamoci a ripristinare abitudini vittoriane, compresa quella delle elaborate parrucche notoriamente abitate da pulci e pidocchi. Però almeno così non si beccavano l’influenza per via dei capelli bagnati, no?

Io, dal canto mio, forse controcorrente e sfidando il sistema immunitario, proseguo ad amare la doccia quotidiana, anche perché:

“Praticamente a tutti, mentre si stanno facendo una doccia, viene in mente un’idea. È la persona che esce dalla doccia, si asciuga e fa qualcosa a riguardo che fa la differenza.” (Nolan Bushnell)

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Ti lavi troppo? Sei amorale!

Ti lavi troppo? Sei amorale!

Morale, amorale, giusto, sbagliato, corretto, scorretto… dov’è il confine, chi detta le regole? L’educazione? Fattori culturali, sociali, radici, un concetto arcaico di onore, sentimenti come il pudore o la vergogna? Sta nell’idea che ognuno di noi ha di sé, nel bisogno di mantenere una “reputazione” o nel rispetto per le regole di una società?

O forse è nella coscienza, il confine: quella scomoda appendice di noi tutti che rimorde proprio quando pareva che ogni cosa andasse a gonfie vele…

Mi piace pensare, invece,  che la regola sia nel profondo di ogni essere umano, non solo collegabile al timore di conseguenze dovute ad azioni scorrette, ma appartenente a codici di comportamento che prevedono il rispetto per gli altri. Amorale, per intenderci, è per me chi non mantiene la parola data o chi calpesta i diritti o la dignità altrui, per esempio. Ma come si identificano coloro che ci mentiranno o ci calpesteranno? Qualcuno ha provato a darci una dritta in tal senso attraverso un anomalo studio comportamentale: ebbene, forse non lo sapevate ma, a quanto pare, più siamo puliti più siamo immorali! Sembra che – per quanto riguarda l’igiene personale – più siamo distratti e svogliati di fronte all’acqua e il sapone, più siamo corretti con il prossimo, manteniamo la parola data, siamo inclini a lealtà, fedeltà e ideali. E, viceversa, più ci prendiamo cura della nostra igiene personale e meno giudichiamo scorretti i comportamenti amorali. Sarà anche il risultato di una ricerca scientifica con tanto di volontari da esaminare, ma a me pare un po’ bizzarra come considerazione, e a voi?

Per esempio, sembra che il popolo più attento alla pulizia e all’igiene personale sia quello giapponese. Secondo la suddetta ricerca scientifica meglio non averci a che fare; eppure la cultura di questo popolo prevede codici d’onore che arrivano da lontano, ovvero dai tempi dei Samurai, quando si contemplava il suicidio come morte dignitosa dopo un fallimento o un errore tale da far perdere la faccia. Ad oggi, per i giapponesi – che di certo non temono l’acqua –  l’onore e il rispetto sembrano essere pane quotidiano, tra un bagno rilassante e una doccia rigenerante, dunque miei cari ricercatori non ci siamo, raccontatecene un’altra!

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