Susanna Trossero

scrittrice

La noia: malessere o piacere?

La noia: malessere o piacere?

Che cos’è, la noia? Ci assale o ce la costruiamo su misura per proteggere la nostra indole pigra? A ben guardarlo, il quotidiano offre infinite possibilità di “cose da fare”, tante da far sì che un solo giorno non basti: cose da fare per noi stessi, per gli altri, faticose, leggere, importanti o sciocche, che importa? Ma non le vediamo, e ciondoliamo inclini a quel niente che ci svuota, ci strema, facendoci sprecare tempo e occasioni.

In letteratura, La nausea di Sartre racconta meravigliosamente questo stato d’animo (che nel protagonista genera appunto la nausea); lento, implacabile, impregnato di malessere, il romanzo si insinua nel lettore e nella sua giornata con pagine e pagine di niente così ben scritte da lasciare il segno. Uno modo d’essere che si respira, di cui impregnarsi e da cui lasciarsi contagiare riconoscendolo come nostro.

E che dire de La noia di Moravia? Un romanzo che di certo non mira a ingentilire la nostra vera natura di lamentosi e indolenti. “La noia è per me una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà”, dice; una dettagliata descrizione di disagi esistenziali che tutti noi ben conosciamo, schietta, nuda, che attanaglia.

Moravia, così come in altri suoi libri (avete letto La disobbedienza?), insegna il dettaglio degli stati d’animo, mai avaro di particolari. Un pensiero banale può riempire pagine e pagine senza che mai il lettore si… annoi a leggerle.

E troviamo la noia anche nel romanzo di John Varley La spiaggia d’acciaio, originale esempio di tecnica introspettiva del 1947. La storia è ambientata nel futuro, una nuova era nella quale la durata media della vita è di ben duecento anni! Vi piacerebbe? Ebbene, in quella situazione nasce un problema non da poco: quanto ci si annoia a vivere così tanto? I protagonisti, bisognosi di nuovo e stanchi di interminabili mesi e anni sempre uguali, trovano la soluzione ideale: cambiare sesso. È la protagonista del romanzo a raccontare in prima persona di tali cambiamenti che – ovviamente – influenzano la personalità, il carattere, i bisogni o i desideri e dunque portano una consistente e duratura porzione di nuovo nella vita di ogni giorno. Dapprima donna, poi uomo, poi neutro (e se volete scoprire che significa, leggete il romanzo), attraversa trasformazioni che faranno sì che la noia divenga una parola astratta.

E voi che fate, per scacciare la noia dal quotidiano?

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Noi siamo ciò che rileggiamo

Si dice che non è ciò che leggiamo a raccontare almeno in parte chi siamo, bensì ciò che rileggiamo, e credo sia vero… Voi avete un libro che riaprite volentieri di tanto in tanto? Io, per esempio, considero un testo da consultare la raccolta di riflessioni di Pessoa intitolata “Il libro dell’inquietudine”. Pensieri privi di un filo conduttore, a volte fin troppo cinici altre pessimisti, ma spesso impregnati di poesia pura o rivelatori di grandi verità, che tengo sul comodino e mi accompagnano in serate particolari, quando sento dentro una gran voglia di scrivere, una volontà di creare ancora astratta che necessita della giusta spinta: ecco, Pessoa è questa spinta, lo è spesso, perché mi avvolge con le sue introspezioni lasciando emergere dal nulla le mie, e allora basta una frase, una pagina aperta per caso, l’evocazione di qualcosa che mi sonnecchiava dentro, ed eccola l’idea!

“Ci udiamo, ma ognuno ascolta la voce che è dentro di sé.”

Mi capita, seppure più raramente, di riprendere in mano anche “La nausea” di Sartre. Un libro certamente pesante, lento, da centellinare perché solo prendendolo a piccole dosi si è in grado di apprezzarne quella vena malinconica, il “difetto d’essere”, che è poi ciò che genera la nausea.

“Se soltanto potessi smettere di pensare… se solo potessi trattenermi… ma anche pensare di non voler pensare è un pensiero. Il mio pensiero sono io, ecco perché non posso fermarmi, e il pensiero da me alimentato si ingrossa e rinnova la mia esistenza. Mi costringe ad esistere.”

È un romanzo per la maggior parte descrittivo, un diario che elenca ciò che accade nel quotidiano anche quando – in verità – non accade niente, ma Sartre è in grado di raccontare l’odore dell’aria, il colore di un pensiero, di mostrarlo come fosse una fotografia. Pagine e pagine impregnate di malessere, ma anche questo è un libro che insegna a scrivere, di tutto e su tutto. E a esistere.

L’esistenza si nasconde. Non la si tocca.

Studiava e ritraeva se stesso per poter osservare le differenze che il tempo, gli anni, gli lasciavano addosso; spiava il suo volto cambiare, impoverirsi o arricchirsi a seconda del suo stato d’animo, del suo vissuto, dei tormenti, delle ossessioni, dei desideri e delle pene, e sosteneva che “l’uomo è condannato a essere libero, e ciò non può che generare un senso d’angoscia.” Pensate che questo grande della letteratura, nel 1964 rifiutò il premio Nobel!

Quale incredibile fonte d’ispirazione sono, i libri, quale grande e completo universo in cui muoversi mai sazi a cercare qualcosa che ci appartiene…

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