Susanna Trossero

scrittrice

Tutto ciò che è proibito

Libri

Tutto ciò che è proibito, possiede un fascino senza eguali. E non importa se a decretarlo tale sia la morale comune, un genitore, la legge o la censura. Non si può, dunque si vorrebbe.

Funziona anche con i libri: la storia della letteratura è piena di testi un tempo giudicati illegali, sovversivi, amorali. Libri messi al rogo o censurati, quelli cancellati dalla repressione nazista (leggete il recentissimo romanzo “La bambina che salvava i libri” di Markus Zusak), i libri distrutti da Giulio Cesare o da un Imperatore cinese nel 213 a.C.

Scrittori messi al bando o processati, come il grande Flaubert… I benpensanti reagirono inorriditi di fronte al suo Madame Bovary: fino a che punto, lo scrittore, aveva osato spingersi per dipingere una realtà femminile senza veli? E come faceva, lui a conoscere certi stati d’animo così a fondo?

Emily Bronte fu più astuta: per proteggersi dalle censure, inizialmente pubblicò il suo Cime Tempestose con uno pseudonimo maschile, riuscendo a toccare tasti sconvenienti come i desideri inappagati e le passioni dilanianti, senza pagare un prezzo troppo alto!

Passano, i secoli, eppure tutti noi abbiamo avuto i nostri libri proibiti, non è vero?

Faccio parte di una generazione di bambini a cui i genitori non parlavano di sesso, per esempio. Il corpo era tabù, motivo di imbarazzo, e scoprire le differenze tra maschi e femmine, carpirne i misteri, era un’ardua impresa, eccezion fatta per l’educazione “da cortile”. Tuttavia, a casa mia, c’era un libro segreto, ben nascosto in un luogo improbabile da me (ovviamente) scovato. A volte, nei pomeriggi estivi di pigri sonnellini, io sgattaiolavo fuori dalla mia stanza silenziosa come un felino a caccia, e lo andavo a sfogliare. Erano gli anni di Pinocchio, Cenerentola, Cappuccetto Rosso, e non capivo molto di quella sconosciuta materia che dava titolo al libro – Anatomia del corpo umano – ma numerose erano le immagini, le spiegazioni che conteneva e che catturavano la mia attenzione. Fu quello, il mio primo libro proibito.

Poco più in là nel tempo, mi rimpinzarono di Piccole donne, Le piccole donne crescono, I ragazzi di Jo, La piccola Dorrit, ma io lessi e rilessi in gran segreto Dracula di Bram Stoker, vietatissimo da mia madre. “Poi vuoi dormire con la luce accesa, hai gli incubi! Non se ne parla nemmeno, devi crescere ancora un po’!” Incubi o no, perché aspettare?

Ricordo che il papà di una mia amica d’infanzia, custodiva nel cassetto del suo comodino una copia de L’amante di Lady Chatterley, cassetto che io e lei violammo più e più volte con molto gusto.

I libri proibiti… Sono quelli che più si custodiscono nella memoria, che profumano di trasgressione, letti con l’ansia d’essere scoperti, quella che genera piacere e che sa di ribellione.

Crescendo – ma non troppo – ho scoperto Porci con le ali, che fece scandalo per il suo contenuto esplicito e fu scritto con uno pseudonimo da Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice; poi, Paura di volare di Erica Jong, e ancora Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, che mia madre non voleva neppure sentir nominare perché terrorizzata da parole come tossicodipendenza.

Titoli impressi nella memoria, libri, libri nascosti sul fondo dello zainetto, passati di mano in mano tra le amiche, segnati dalle matite o rovinati dalle “orecchie”, con qualche foglio scollato per via della scadente rilegatura.

Libri perduti o mai restituiti, libri che “chissà dov’è finito”, non necessariamente belli, anzi a volte deludenti, eppure indimenticabili per via del fascino di cui erano impregnati.

Esistono in rete diversi elenchi, di questo genere di testi, e ve ne consiglio due in particolare; il primo contiene delle curiosità davvero interessanti. Il secondo fornisce dieci titoli che conoscete più o meno tutti.

E adesso parliamo di voi: avete avuto i vostri libri proibiti? Ne sono certa. Qual è rimasto più impresso nella vostra memoria? In quale luogo segreto lo avete letto?

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Cibo e letteratura: per le diete c’è ancora tempo!

janette

Ciao a tutti, felice anno nuovo e bentornati alla normalità dopo tante riunioni familiari, feste, luci colorate, doni, cibo (e quanto cibo!). Avete assaporato nuove pietanze? Io sì, dei primi piatti alle verdure con accostamenti inaspettati ma davvero deliziosi!

Dal prossimo 8 gennaio, comincerò un laboratorio di scrittura narrativa per ragazzi e uno per adulti, entrambi si terranno a Roma per tre martedì di seguito e in quelle occasioni parlerò anche della scrittura dei sensi, fra i quali il più facile da utilizzare in letteratura è proprio il gusto. C’è spesso un momento in cui i personaggi mangiano, ne sa qualcosa Montalbano, sempre felice di prepararsi qualcosa di buono o di accettarlo!

Oggi vi voglio mostrare la bravura di una scrittrice che amo particolarmente, Jeanette Winterson, che nel suo “Scritto sul corpo”, edito da Mondadori, associa magistralmente passione e cibo, condendo con un desiderio segreto gli ingredienti di una… minestra! Assurdo? No amici miei, non per una penna come la sua:

“Quando portò il cucchiaio della minestra alle labbra, come desiderai essere quell’innocente pezzo di acciaio inossidabile. Avrei volentieri barattato tutto il sangue del mio corpo con mezzo litro di brodo vegetale. Fammi essere carota a dadini, vermicelli così che tu mi prenda in bocca. Invidiavo i crostini. La guardavo spezzare e imburrare ogni pezzo, immergerlo lentamente nella scodella, lasciarlo galleggiare finché, pesante e grasso, si inabissava in quella profonda massa rossa, per poi venir resuscitato al glorioso piacere dei suoi denti. Le patate, il sedano, i pomodori, tutti erano passati per le sue mani. Quando mangiavo la zuppa, mi sforzavo di sentire il sapore della sua pelle. Ci doveva esser rimasto qualcosa di lei. L’avrei trovata nell’olio e nelle cipolle, l’avrei scoperta attraverso l’aglio…”

Ebbene sì, bisogna saper descrivere il cibo: un ritardo narrativo che rallenta il momento in cui scomparirà in bocca, trasmetterà il desiderio di averne un poco anche per noi che stiamo leggendo con l’acquolina, e sedurrà inevitabilmente non solo le nostre papille gustative ma anche la nostra fantasia. Allo stesso modo, e non nel caso della Winterson, potrebbe disgustarci, se non incuterci timore, a seconda della storia: non dimentichiamo l’uso del veleno in letteratura, da Socrate che si uccide con la cicuta a Madame Bovary.

Rinnovo gli auguri per un felice 2013 e mi raccomando: basta con lasagne, cioccolatini, noci e nocciole, è tempo di… minestra!

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