Susanna Trossero

scrittrice

Vivere nel verde

Non sappiamo più vivere, nel verde. Cibarsi di foglie morte è diventato più facile, in qualunque stagione. Che cosa ha smesso di funzionare?

Ci sono giorni in cui il buio è totale, e non esiste spiraglio che possa aprirsi un varco. Sono giorni avidi di freddo, di foglie morte, di lunghi inverni ai quali la bella stagione è sconosciuta. Giorni di parole sbagliate, ad alimentare pensieri negativi e solitudini affamate di rimpianti, di nostalgie.

In quei giorni le stanze del cuore vanno a caccia di oggetti buoni, clementi, quelli da tempo riposti in una scatola, capaci di riportare in vita qualunque momento o persona… Illusioni mutilanti, ma vitali, ammettiamolo. Ci sono necessarie per accorciare le distanze con la bella stagione, che pare non arrivare e ogni anno se ne va troppo in fretta.

La bella stagione, sì, quella capace di restituire l’agognato spiraglio, e rendere gli occhi luminosi, la pelle levigata da un sorriso. Quella che arriva in ogni momento dell’anno, grazie a un pensiero positivo, a una speranza, a qualcosa di verde che sa farsi strada tra la ruggine di foglie cadute.

Non sappiamo più vivere, nel verde. Non, nel bicchiere mezzo pieno. Non al di fuori dalla scatola di vecchi ricordi. Che cosa, ha smesso di funzionare? Perché siamo sempre proiettati altrove – che si tratti di futuro o di passato non importa – e ci raccontiamo al telefono o alle cene di quel progetto o desiderio o speranza o cambiamento?

Non fateci caso, ultimamente va così, forse perché al telefono o alle cene non sento più nessuno dire “guarda, è spuntata una nuova foglia, che verde luminoso!” E così finisce che, quel verde, non lo noto più neppure io.

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In un giorno qualunque

Incontri

Ho incontrato una persona, per caso, in un negozio qualunque di un giorno qualunque. La mezza età superata bene, viso gioviale, occhi luminosi, sorriso che invita al sorriso. Ho fatto i miei acquisti e al momento di pagare, quella persona per un attimo si è persa nel darmi il resto; un attimo, come ho detto, poi si è ripresa. Scrollatina di spalle, altro sorriso e “Mi scusi, anche se sono soltanto le undici del mattino io a quest’ora accuso i segni della stanchezza, ma va tutto bene”.

“Calo di zuccheri?” rispondo io.

“No, stanchezza vera, la mia giornata è cominciata stamattina alle quattro, ho tanto da fare, tre lavori da seguire, però non mi lamento, anzi!”

“Accidenti, davvero impegnato!” commento ammirata.

“Beh, sa com’è, si fa per i figli… voglio sistemarli al meglio, si fa sempre tutto per loro, in fondo”.

Lo dice intenerito, più che da vittima sacrificale, e questo mi piace molto. Poi aggiunge, con lo stesso sorriso, come se stesse parlando della cosa più naturale del mondo:

“Non per viziarli, ma ho bisogno di stare tranquillo, di sapere che ho fatto il possibile. Mi hanno dato tre anni di vita e stanno per scadere, anche se credo che con la volontà e un pensare positivo tutto si possa affrontare e combattere con la vittoria in tasca. Io non credo che me ne andrò proprio in questa scadenza annunciata, ma meglio premunirsi no?”

Mi impongo di non assumere un’aria triste, da circostanza, mentre i battiti del mio cuore accelerano. Sono sinceramente dispiaciuta per ciò che mi ha detto con tanta tranquillità, e colpita. Ma sorrido esattamente come prima e gli rispondo che “Anche io credo nel pensare positivo. È come attirare la buona sorte, in fondo. E i medici alla fine sono soltanto uomini, quindi non infallibili, non è vero?”

“Verissimo – ridiamo (ridiamo?!?) – e a me di abbattermi non mi va proprio. Mi sento bene, ho una bella famiglia, il lavoro funziona ed è già un miracolo questo, se ci pensa! E comunque sarò matto ma mi piace pensare che la positività porti tanta salute!”

No, non è matto. Quegli occhi luminosi, quel viso disteso, l’energia nonostante la stanchezza, e quel parlare dei figli e della famiglia con orgoglio… Comunque vada, lui conosce l’elisir della lunga vita, e lunga non è quella vita che ha una durata maggiore della media, no. Lunga è quella vita ben vissuta, ne sono sempre più convinta. Eppure ci preoccupiamo tanto di più della durata, paradossalmente temendo la vecchiaia e fregandocene della qualità, in uno spreco continuo di giorni, mesi, anni. Che stolti, siamo.

Me ne vado con un magone che non riesco a mandar giù: deglutisco con occhi umidi, ma niente. Mi ha commosso, questa grande roccia, e forse mai lo saprà. Ha semplicemente chiacchierato del più e del meno con una cliente, quasi si trattasse del tempo, delle temperature in calo.

Non saprà mai neppure che, dal profondo, quella sconosciuta nutrirà la speranza di rivederlo anziano, con lo stesso sorriso e magari un nipotino in braccio…

Ci sono vite che sono storie, romanzi che lasciano il segno. Vite delle quali vorresti sapere di più e che ti fanno sentire stupida o fortunata, a seconda di come vivi la tua…

La vera scuola che tutto ti insegna è la fuori, tra i passanti, negli occhi della gente, nelle parole non dette o in quelle scambiate alla cassa di un negozio qualunque, in un giorno qualunque.

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