Susanna Trossero

scrittrice

La festa è finita

Autunno

In questo clima di festività un poco fasullo, con i negozianti in crisi perché la clientela in crisi lo è ancor di più, i cenoni che non si evitano ma i regali che si ridimensionano, e gli spumanti dell’Eurospin in offerta speciale che vanno a ruba, ho incontrato diverse persone che mi hanno parlato di feste di piazza, con le luci che si spengono, in una malinconica metafora che mi è rimasta dentro. In questo dicembre non hanno decantato nulla che abbia a che fare con alberi di Natale illuminati, no.

Feste di piazza.

Qualcosa è cambiato, forse troppo. E male.

Per molti, troppi, è finita la festa. Non c’è altro modo per esprimere quella strana sensazione, quando si presenta. Mi hanno raccontato della musica che cessa, di tutta quella gente vista di spalle, che se ne va altrove, magari un po’ stanca e con un unico desiderio: dormire.

È finita la festa. La ghiaia sotto i piedi, il palco che viene smontato, il rumore di ferro, di sedie ripiegate, di auto che ripartono. Il vociare, da allegro diviene sommesso, l’aria si è fatta umida, le stelle sono nascoste, forse pioverà. Piove sempre, quando la festa finisce, eppure l’acqua ci coglie impreparati, senza un ombrello.

C’è un tempo, sempre troppo lontano e che non dura mai a lungo, in cui quando una festa finisce si aspetta semplicemente quella successiva. Ma ve n’è uno che dura molto di più, e in quello lo sai, oh se lo sai, che tutto è cambiato e che – la festa – è finita davvero.

So di essere andata controcorrente, in questo mio post pre-natalizio, ma volevo dar voce anche a chi sta rivivendo il calcio alla lattina vuota, mentre torna a casa e i fuochi d’artificio sono finiti, lasciando nell’aria quel tipico odore di candela appena spenta.

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Incontrare il Natale nel mese di agosto

Avete mai incontrato il vostro Natale più bello nel mese di agosto? Sì, proprio quel Natale in cui il cuore svolazzava impazzito dentro al petto per i tanti regali da scartare, con l’infanzia che prepotente e ignara delle cose della vita vi scalpitava sottopelle?

A me è capitato in questa calda e interminabile estate, e mi sono sentita fortunata. Un regalo speciale non è quello costoso o importante dal punto di vista materiale: lo è quello inaspettato, quello capace di lasciarti senza parole per la sorpresa, emozionata e quasi imbarazzata perché ciò che provi equivale a un fiume in piena che vorresti contenere per pudore, così come l’educazione insegna. Ma gli occhi tradiscono e se ne fregano di educazione e pudore, nonché del fatto che l’infanzia è passata da un pezzo!

Conoscevo una piccola bimba, dolcissima e curiosa come un gatto, che passava molto tempo in compagnia dei miei quindici anni. Stava nella mia camera ad ascoltare attenta mentre le insegnavo a riconoscere i colori, a pronunciare parole nuove, a canticchiare e giocare con me. Nel frattempo inseguivo romanticherie segrete e sogni tipici dell’età, con il tempo che scorreva veloce senza che io me ne accorgessi: io diventavo donna, la piccina cresceva e diveniva sempre più discreta, quasi osservasse in punta di piedi i miei cambiamenti ma con occhi più adulti della sua età, io li vedevo. Poi la vita mi ha travolta alternando schiaffi e carezze, la sua l’ha spinta verso le coetanee, lo studio, gli amici ed io – erroneamente – ho creduto che fosse giunto il momento di mettersi da parte, perché non poteva più essere la mia piccolina. Niente di più sbagliato. Ci sono affetti che in noi scavano grandi e spaziosi luoghi in cui annidarsi per sempre, e crediamo che si tratti di cose unilaterali, provate solo da noi, quelli “più grandi”: senza rammarico né dispiacere ne prendiamo atto come fatto naturale, sottovalutando la forza di un sentimento solo perché nato da una bimba piccolissima. Poi, una sera, a cena con gli amici, il cameriere ci porta un biglietto e tutto un mondo si apre: una ragazzina ci insegna con poche parole cosa è l’amore anche per i bimbi, e quanto siamo piccoli – a volte – noi “adulti”.

Quella bimba, oramai donna da un pezzo, in agosto mi ha restituito con un regalo vecchi natali in famiglia, al caldo, di quelli magici durante i quali si crede che nulla possa accadere e che mai ci si potrà sentire soli, di quei natali che – lo spero tanto – tutti almeno una volta nella vita abbiamo avuto.

Un album di foto in dono per me, la sua intera e ancor giovane vita all’interno: l’infanzia, l’arrivo del suo fratellino, l’adolescenza, l’amore, la laurea, il matrimonio, la sua passione per la danza. La sua vita condensata in scatti da riporre nelle mie mani con un gesto d’amore che ho compreso fino in fondo, e che mi ha fatto sentire fortunata e al caldo come in quei natali di cui sopra.

Questa pagina è il mio grazie, un grazie che viene dal profondo, da quel luogo che forse in tutti questi anni non le ho mai mostrato del tutto per il timore d’essere invadente, o magari un po’ … mielosa stile vecchia zia.

Quanto siamo stupidi, a volte, noi “grandi” e quanto sapete essere grandi, voi piccoli!

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