Susanna Trossero

scrittrice

La terza età: un nuovo inizio

Un albero

Non è facile, restare indifferenti alla vecchiaia. La si teme, non la si sceglie, pare un aspetto negativo della vita eppure si ha paura di non arrivare a conoscerla.

Ambita o rifiutata? Il paradosso sta nel fatto che si desidera vivere a lungo, ma senza invecchiare mai.

Ne abbiamo parlato tanto, in classe, deducendo che varrebbe la pena scriverne. Ma, per farlo, era necessario toccarla con mano fino in fondo, senza sconti…

Visitare una casa di riposo è stata la diretta conseguenza di tanti discorsi, e così – penne alla mano – i miei Narratori Seriali ed io abbiamo passato una giornata a Villa Rocca, sui colli Albani ovvero nel comune più alto dei castelli Romani: Rocca Priora.

Ospitati gentilmente dal direttore, Riccardo la Rosa, e accolti dalle carissime operatrici Maria Lucia e Adriana, abbiamo vissuto una realtà che niente ha a che fare con ciò che ci fa inorridire davanti al telegiornale: un luogo pieno di calore visitabile a qualunque ora – perché nulla ha da temere – curato nel dettaglio, dalla pulizia impeccabile, una cucina degna di nota e, ancor più importante di questo contorno, una nuova dimensione per gli anziani che là proseguono la loro vita. Perché di vita, ancora si tratta.

Il clima è denso di rispetto per la loro vulnerabilità, gli atteggiamenti sono affettuosi, l’attenzione è costante. Ne siamo rimasti enormemente colpiti, lo ammetto. Ho conosciuto una ultra centenaria che ancora fa il pane con le sue mani, poiché quel tipo di manualità è impressa nella sua memoria e non andrà perduta fino a che avrà vita. E che dire di quell’ospite che ha trascorso tutti i suoi giorni ad insegnare, ed oggi là si occupa del giornalino interno, vergandolo completamente… a mano! Ci ho parlato e sono rimasta ammirata dalla sua lucidità e proprietà di linguaggio, nonché dalla sua grazia. I quadri alle pareti portano invece la firma di un anziano pittore che abbiamo visto all’opera, e se anche vi sono tanti altri meno fortunati e ahimè non più presenti a se stessi, abbiamo scoperto che esistono degli studi che insegnano a comprendere tutto ciò che una sola parola – pronunciata a fatica – può racchiudere, traducendo necessità e desideri dell’anziano con difficoltà di linguaggio.

Una giornata particolare, intitolerei questo post, e sarebbe riduttivo. Molte cose ci ha lasciato dentro, che non sono soltanto impregnate di stima per il personale o di tenerezza per gli ospiti. Abbiamo vissuto un’esperienza forse anche malinconica, inutile negarlo: la vecchiaia fa paura. Ma, toccare con mano la certezza che ancora ci sono luoghi in cui gli anziani possono vivere mantenendo dignità e rispetto per la propria condizione di debolezza, fa bene all’anima.

Vi consiglio il testo Non abbiate paura, lasciatemi qui… – Quello che tutti dovrebbero sapere sulle Case di Riposo. Tra lager ed eccellenze, edizioni Libridine, autore Riccardo La Rosa, il direttore della struttura che ci ha accolti. E lo consiglio non solo ai curiosi dell’argomento, ma anche a tutti coloro che lavorano o intendono lavorare in luoghi come questi.

Perché la terza età non rappresenti un castigo, né per chi la raggiunge né per chi la vive di riflesso.

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In un giorno qualunque

Incontri

Ho incontrato una persona, per caso, in un negozio qualunque di un giorno qualunque. La mezza età superata bene, viso gioviale, occhi luminosi, sorriso che invita al sorriso. Ho fatto i miei acquisti e al momento di pagare, quella persona per un attimo si è persa nel darmi il resto; un attimo, come ho detto, poi si è ripresa. Scrollatina di spalle, altro sorriso e “Mi scusi, anche se sono soltanto le undici del mattino io a quest’ora accuso i segni della stanchezza, ma va tutto bene”.

“Calo di zuccheri?” rispondo io.

“No, stanchezza vera, la mia giornata è cominciata stamattina alle quattro, ho tanto da fare, tre lavori da seguire, però non mi lamento, anzi!”

“Accidenti, davvero impegnato!” commento ammirata.

“Beh, sa com’è, si fa per i figli… voglio sistemarli al meglio, si fa sempre tutto per loro, in fondo”.

Lo dice intenerito, più che da vittima sacrificale, e questo mi piace molto. Poi aggiunge, con lo stesso sorriso, come se stesse parlando della cosa più naturale del mondo:

“Non per viziarli, ma ho bisogno di stare tranquillo, di sapere che ho fatto il possibile. Mi hanno dato tre anni di vita e stanno per scadere, anche se credo che con la volontà e un pensare positivo tutto si possa affrontare e combattere con la vittoria in tasca. Io non credo che me ne andrò proprio in questa scadenza annunciata, ma meglio premunirsi no?”

Mi impongo di non assumere un’aria triste, da circostanza, mentre i battiti del mio cuore accelerano. Sono sinceramente dispiaciuta per ciò che mi ha detto con tanta tranquillità, e colpita. Ma sorrido esattamente come prima e gli rispondo che “Anche io credo nel pensare positivo. È come attirare la buona sorte, in fondo. E i medici alla fine sono soltanto uomini, quindi non infallibili, non è vero?”

“Verissimo – ridiamo (ridiamo?!?) – e a me di abbattermi non mi va proprio. Mi sento bene, ho una bella famiglia, il lavoro funziona ed è già un miracolo questo, se ci pensa! E comunque sarò matto ma mi piace pensare che la positività porti tanta salute!”

No, non è matto. Quegli occhi luminosi, quel viso disteso, l’energia nonostante la stanchezza, e quel parlare dei figli e della famiglia con orgoglio… Comunque vada, lui conosce l’elisir della lunga vita, e lunga non è quella vita che ha una durata maggiore della media, no. Lunga è quella vita ben vissuta, ne sono sempre più convinta. Eppure ci preoccupiamo tanto di più della durata, paradossalmente temendo la vecchiaia e fregandocene della qualità, in uno spreco continuo di giorni, mesi, anni. Che stolti, siamo.

Me ne vado con un magone che non riesco a mandar giù: deglutisco con occhi umidi, ma niente. Mi ha commosso, questa grande roccia, e forse mai lo saprà. Ha semplicemente chiacchierato del più e del meno con una cliente, quasi si trattasse del tempo, delle temperature in calo.

Non saprà mai neppure che, dal profondo, quella sconosciuta nutrirà la speranza di rivederlo anziano, con lo stesso sorriso e magari un nipotino in braccio…

Ci sono vite che sono storie, romanzi che lasciano il segno. Vite delle quali vorresti sapere di più e che ti fanno sentire stupida o fortunata, a seconda di come vivi la tua…

La vera scuola che tutto ti insegna è la fuori, tra i passanti, negli occhi della gente, nelle parole non dette o in quelle scambiate alla cassa di un negozio qualunque, in un giorno qualunque.

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Invecchiare in due

invecchiare in 2

“Abbiamo preso a camminare, dacché la primavera ha bussato alla finestra; camminiamo e ci raccontiamo, tu con umiltà, io tralasciando i “dettagli”che minerebbero i nostri muri portanti in modo più efficace e dannoso dei colpi da te sferrati in passato.

I tuoi aforismi e i miei pensieri, esternati tra glicini e pervinche, saranno raccolti nella memoria, riordinati e spillati perché niente vada perduto.

Cos’è la memoria? Una polverosa biblioteca non sempre piacevole da consultare, in cui a volte si smarriscono importanti volumi…

La visito e vi trovo le mani callose di mio padre, quello strano suono prodotto dallo sfregarle contro il suo stesso viso, con una barba ispida eternamente in crescita.

Il trillo della sveglia al mattino, il profumo di caffè o del rossetto di mia madre che spesso assaggiai…

Sfoglio i volumi disordinatamente, mi guardo sbocciare in quelle pagine, fiorire e, mano a mano, sfiorire.

E la memoria trascura gli aspetti marginali del vivere, dimentica tasselli, necessita di manutenzione, ma le mutilazioni no, non le scorda mai.

Tuttavia, calpestando insieme le verdi foglioline di prati incolti, io e te ricordiamo solo ciò che più ci aggrada, ritornando puri come l’acqua di fonte, semplicemente, innamorati. E vecchi.

Quanta fatica per arrivare fino a qui, non è vero amore mio?”

da Adele, di Susanna Trossero e Francesco Tassiello, Graphe.it edizioni

 

 

 

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