E poi incappi in un libro di cui avevi sentito parlare e che ti eri ripromessa di leggere da tempo. Perché? Perché se anche può essere collocato tra la narrativa di viaggio, è molto più di questo e spinge alla riflessione sulle potenzialità di ognuno di noi se solo ci soffermassimo a guardare chi siamo, di cosa siamo capaci e quanto conta il contatto con gli altri.
Il libro è “Il grande sogno – Il Giro del Mondo senza soldi e senza bagagli”, di Matteo Pennacchi, un viaggiatore nato, dal grande spirito di adattamento e con una propensione naturale all’interazione. Se volete approfondire la conoscenza con l’autore, ecco una bella intervista.
Mi sono addentrata in questo vero e proprio esperimento di comunicazione con quella parte di me che da sempre sostiene che gli altri siamo noi, che è la condivisione a muovere il mondo rendendolo migliore. Ho 62 anni e posso dire di aver incontrato il bello e il brutto dell’animo umano, di essere disgustata dai lati meno nobili e affascinata dal resistente – o forse prepotente – mio credere ancora e sempre nella fratellanza che ad oggi continua a farmi ritenere fortunata: ho conosciuto e conosco persone meravigliose. Questo non fa di me una pazza visionaria, so bene di che cosa è capace l’essere umano e me ne rammarico ogni giorno, ma ogni sera prima di dormire è sulle meravigliose persone che incontro o che mi circondano, a soffermarsi il mio pensiero, altrimenti credo non valga la pena vivere.
Il libro di Matteo, il suo coraggioso esperimento sociale, la sua determinazione, il rispetto per i suoi stessi sogni, mi hanno regalato belle emozioni anche se seduta sul divano di casa (inutile negare che neppure in gioventù avrei avuto il suo stesso coraggio).
“Sono riuscito a realizzare un sogno e a provare attraverso le esperienze vissute, che esiste una fratellanza e una compassione tra la gente e che, con un sorriso e molta inventiva, si possono fare grandi cose“, scrive Matteo. E credo abbia ragione.
Gli incontri da lui narrati, la curiosità della gente – anche dei più sospettosi – o la voglia di dare una mano, la filosofia personale del singolo che se condivisa arricchisce e completa, la forza di andare avanti quando è il sogno che guida, i timori che possono assalire nei momenti di sconforto, il saper guardare oltre, la spossatezza fisica e la reattività della mente: c’è tutto un mondo in questo libro, quello interiore dell’autore e quello che ogni viaggio ci offre se sappiamo osservare, ascoltare, creare connessioni.
“Per me viaggiare – dice Matteo Pennacchi – e soprattutto da soli, è il modo ideale per crescere e migliorare se stessi. Un gesto di apertura verso gli altri e di amore verso il mondo. Un atto personale che ha come obiettivo il riallineamento di se stessi verso la vita e porta a essere più completi e positivi”.
Piemme lo pubblicò nel 1999, io ne ho una edizione del 2015 ma su Amazon lo trovate facilmente perché resta una storia di grande attualità. La casa editrice tesdesca Bild-Ullstein ne acquistò i diritti mondiali, fu tradotto in varie lingue e dopo aver visto la luce raggiunse circa 50 mila copie vendute!
Mi piacerebbe sapere che cosa direbbe oggi il Matteo Pennacchi uomo e padre, a quel Matteo ragazzo che intraprese con un marsupio e i sogni intatti un viaggio/sfida capace di trasformare l’altruismo da semplice utopistica parola in spinta che muove il mondo, passo dopo passo, scoprendo che in ogni paese, in ogni territorio, vi sono pezzi delle nostre radici e del nostro essere più profondo.
Grazie Susanna per la tua recensione. Ne sono onorato. Spero di conoscerti presto. Matteo
Grazie Susanna. Matteo