Susanna Trossero

scrittrice

Quando qualcuno se ne va

Il silenzio è ciò che più annienta. Il silenzio generato dalla mancanza, dall’assenza delle telefonate quotidiane, dal suono dell’acqua che bolle e del sugo che borbotta mentre apparecchiate insieme. Il silenzio provocato da una voce scomparsa all’improvviso, dal rumore di passi che non esistono più. Tutto è silenzio, quando qualcuno se ne va.

Non poter più dire “mamma”, non scrivere più nulla nel suo calendario, non domandarle se ha preso la pastiglia per il diabete o che cosa desidera per cena.

Levar via le sue medicine, l’occorrente per sterilizzare l’apparecchio acustico, gli appunti sui valori della sua pressione da dare al medico. E scoprire nel fondo di un cassetto abilmente nascosta da altro quasi per pudore, la biancheria di tuo padre profumata e in ordine da ben 35 anni. Forse torna, avrà pensato qualche volta. Ma da quell’altrove che nessuno di noi conosce no, non si torna. Adesso c’è anche lei, forse stanno insieme, di nuovo, finalmente. C’è andata il 29 ottobre, rendendomi orfana.

Si dice che la cosa migliore dopo un lutto è riappropriarsi al più presto della normalità, ma non è forse una contraddizione, nel momento che nella normalità c’era chi adesso non c’è più? Tutto va ricostruito invece, daccapo, attorno a quella assenza; è un ricominciare claudicante, questo. Dovrebbe essere d’aiuto la consapevolezza che i figli sanno che perderanno i genitori, questa è la natura delle cose e della vita, e lucidamente lo sappiamo tutti ma…

Sì, “ma”. Un ma che non so spiegare e che al momento opprime, devasta, elargisce un senso d’angoscia al risveglio e una soffocante idea di perdita alla sera. Durerà, lo so bene, bisogna imparare a conviverci e accendere tante luci attorno per non precipitare nel buio che si fa gioco di ogni tentativo.

Durerà.

“Nella lingua italiana, “orfano” è il figlio a cui mancano i genitori. Esiste anche un altro termine: “orbato”. Come se venisse a mancare la luce ai propri occhi. E’ terribilmente vero.”
(Fabrizio Caramagna)

Ciao mamma

No Comments »

Il mare è uno stato mentale

Il mare è uno stato mentale… Non ricordo chi lo ha detto o dove l’ho letto, ma questa considerazione è immediatamente diventata mia e non riesco a separarmene.

Più volte ho scritto del mare in queste pagine ma non c’è tappa della mia vita che lui non abbia affiancato. “Non ci vuole molto a comprenderne le ragioni”, direte voi considerando che sono nata e cresciuta in un’isola, ma credo si tratti di un legame ancor più profondo, spesso una necessità, altre volte una corda a cui aggrapparsi per non precipitare e altre ancora – quelle più fortunate – un paradiso.

Ricordo anni difficili in cui in pieno inverno e sotto la pioggia, raggiungevo la costa per guardare la distesa d’acqua che rifletteva il grigio minaccioso del cielo. Là, soltanto là, recuperavo la pace interiore o qualcosa che le assomigliava. Così come ricordo l’attraente suono della risacca quando la pace era già in me e quello era il luogo ideale per prolungarla. I tramonti, la calura estiva dei pomeriggi indolenti, i picnic sulle rocce a ridere delle evoluzioni dei cormorani, le folate di vento, i pescatori con le lanterne, l’odore del sale sulla pelle, i capelli bagnati d’estate o il bavero tirato su d’inverno.

Un tempo nuotavo come un pesciolino ma quando portarono a riva un annegato e mi ritrovai davanti al grigiore della sua pelle, al volto senza espressione, al corpo abbandonato tra le braccia di chi lo poggiava sulla battigia, inerme, ebbi una nuova paura che non mi lasciò più. Si creò una sorta di gerarchia tra me e il mare, un nuovo rispetto: compresi chi era il più forte, chi dettava leggi e condizioni, ma non per questo lo amai di meno. Le prime forme della vita sulla terra arrivano dall’acqua, nell’acqua del grembo materno viviamo prima di nascere, l’inconscio è connesso con l’acqua…

E poi quella musica antica, che immagino scritta da sempre su pergamene ingiallite e che il dolce sciabordio dell’acqua o le onde cattive producono: una sinfonia che nessun uomo mai ha saputo comporre o imitare e che mi fa dire “Sì, il mare è uno stato mentale”.

“Nelle città senza mare… chissà a chi si rivolge la gente per ritrovare il proprio equilibrio. Forse alla Luna.” (Banana Yoshimoto)

No Comments »

Si può usare l’arte del riciclo con i sentimenti?

Riciclare: riutilizzare materiali di scarto, rimettere in uso qualcosa di vecchio, reimpiegare, ripresentare sotto una veste nuova, un nuovo aspetto, una nuova forma. Il significato è più o meno questo ed è interessante l’applicazione del riciclare su qualunque cosa che altrimenti si butterebbe via o avrebbe concluso la sua ragione d’esistere.

Giorni fa qualcuno mi ha scritto che sta riciclando un amore che altrimenti avrebbe esaurito la sua forza. Si può applicare l’azione del riciclare anche su persone e sentimenti?

Da qualche parte ho letto che ci sono due modi per vivere a lungo in coppia, uno è continuare a crescere e ad evolversi accettando il cambiamento a cui ogni essere umano è inevitabilmente sottoposto e magari restandone incuriositi. L’altro è fatto di stallo, di paura del cambiamento, di desiderio che niente si modifichi e di uso costante del noto che rassicura. La pila si sta scaricando? Si tenta il riciclo rischiando che il sentimento si atrofizzi pur di non cercare nuove energie nella coppia stessa, salvo scoprire che non erano infinite.

Chi mi ha scritto si rifaceva a un testimone del mio “Il male d’amore”, Graphe.it, il quale sosteneva che si resta perché qualcuno ci diventa di conforto come un vecchio pigiama sformato che mai butteremmo via e senza il quale non ci sentiremmo davvero al caldo.

Ogni volta che mi scrivete dopo aver letto il mio saggio, ne confermate il sottotitolo, “non si è mai pronti insieme a ricominciare da soli”, ed io ancora cerco qualcuno che invece mi e ci faccia ricredere dimostrando che questa frase non è applicabile alla sua storia… A proposito del “recuperare” infatti, vorrei regalarvi il punto di vista di François de La Rochefoucauld nel quale in molti ci riconosciamo: “È impossibile amare una seconda volta ciò che non si ama veramente più.”

Tornando invece alla materia, agli oggetti, è stata inaugurata domenica 13 ottobre una bellissima mostra di arte contemporanea al Palazzo Valentini di Roma. L’artista è la cagliaritana Tinamaria Marongiu, che ha esposto le sue opere composte prevalentemente di sculture, opere nate dall’utilizzo di materiali già esistenti che se assemblati con originalità e creatività divengono portatori di nuove storie e messaggi sociali. Ho trovato le sue sculture d’arte compatta incantevoli, e sono lieta che siano state apprezzate nel mondo perché meritano davvero tanto. Vi invito a visitare la mostra e magari a far due chiacchiere con l’artista, molto gentile e disponibile.

Riciclare dando vita a qualcosa di bello, in grado di emozionare e di coinvolgere: questa è magia. Ma… davvero si può farlo anche con i legami?


No Comments »

Lavorare l’argilla

All-focus

Ho terminato da pochissimo un lavoro di editing e correzione di bozze per un privato, appassionante e interessante a tal punto da non farmi avvertire il peso di una concentrazione costante, necessaria per ottenere un buon risultato.

Non posso dirvi nulla sul contenuto di questo testo, ma su ciò che si prova a vedere qualcosa di buono prendere forma concreta sì, voglio dirvelo.

A volte è un po’ come lavorare la creta e ci vuole non solo pazienza ma anche tranquillità, non bisogna aver fretta né inseguire un unico risultato. Ci sono testi che nascono con impurità tali da necessitare di grandi manipolazioni, ancora panetti grezzi ma dall’idea ben definita nella mente degli autori. Altri, come nel caso appena accennato, che hanno già conosciuto le mani, il tocco amorevole, la garza o la tela: nessun sassolino, nessuna bolla d’aria, già sai che in cottura riveleranno soltanto perfezione. Sì, sono idee che già possiedono una forma e tu devi soltanto portar via il materiale in eccesso, pezzi unici per i quali puoi creare una struttura di sostegno, ecco tutto, in aiuto a chi li ha creati.

Si dice che il tempo indurisca troppo i lavori in creta, ma la giusta cottura serve a che in futuro non si riducano in polvere.

Ebbene, quando un testo possiede carattere, una efficace armatura, lavorarci per levar via ogni possibile imperfezione fa sì che abbia vita lunga, nelle librerie e nell’anima dei suoi lettori. Questo è ciò che auguro sempre a chi con fiducia mi commissiona lavori di editing, e crede nel mio supporto professionale.

Quando poi questi libri vedono la luce e ne ricevo una copia con dedica tutta per me, quando scopro il mio nome nei ringraziamenti o quando leggo recensioni positive, quelle lunghe ore passate a tavolino scompaiono perché prevale la soddisfazione, la gioia per aver accompagnato qualcuno fino a là.

Una prima pubblicazione è per ogni autore un importante punto d’arrivo, ma non la meta. Un viaggio che si spera non la raggiunga mai, e che offra stimoli e spunti sempre nuovi, destinazioni che sono tappe, tante e differenti.

Per scrivere, dobbiamo sentirci vivi, saper godere dei colori e dei profumi, trasformare albe e tramonti in emozioni, il mare d’inverno in struggimenti, le nuvole in storie, le impronte sulla sabbia in sentimenti o reticenze.

E non temere mai la solitudine, condizione necessaria per lavorare l’argilla dell’anima.

No Comments »

C’era una volta un blog

C’era una volta un blog…

Un blog trascurato, abbandonato, lasciato al suo destino di silenzio per tutta una calda estate che è già diventata passato. Un’estate strana e brevissima, durante la quale in me non c’è stato il giusto spazio per scrivere di pensieri, riflessioni, progetti o desideri…

Vi capita mai? La vita ha il sopravvento sul meditare o soffermarsi, e ti ruba proprio il bello del tempo che scorre, ovvero il guardarti attorno per coglierne l’essenza e scriverne. Poi ti risvegli dal torpore ed è settembre inoltrato, un’altra stagione è alle spalle e l’autunno è arrivato senza neppure annunciarsi!

A volte serve qualcosa di stimolante per restituire la passione per le cose, passione che in realtà non ti ha mai lasciato ma necessita di scosse.

La mia di scossa è arrivata il 21 settembre scorso, quando dopo il torpore estivo mi sono ritrovata alla libreria romana Sinestetica di Montesacro, insieme alla cara Letizia Vicidomini e a un pubblico affettuoso. Abbiamo deciso di affrontare il male d’amore unendo i nostri differenti stili e facendo incontrare i personaggi del suo giallo/noir “Dammi la vita” (Mursia) con i testimoni del mio saggio “Il male d’amore” (Graphe.it). L’unione delle due diversità non è stata complicata, perché tanti sono gli elementi che uniscono due scritture così diverse e… in fondo non è forse vero che la fantasia attinge dalla realtà e la realtà spesso supera la fantasia?

Insomma, la deliziosa libreria ospitante Sinestetica di viale Tirreno 70, il pubblico interessato e partecipe, il connubio tra letteratura e saggistica, le chiacchiere davanti a un aperitivo e la presenza di Letizia sempre così avvolgente e stimolante… Eccola la scossa: la scrittura se è in te non ti lascia più, può allontanarsi un momento ma poi bastano le giuste circostanze e si palesa con prepotenza chiamandoti a rapporto.

Spero non abbiate dimenticato i nostri incontri qui e continuiate a visitare il mio blog, dal canto mio vi prometto che non lo trascurerò più così a lungo.

Pirandello ha detto che la vita o si vive o si scrive, ed io credo che si possano fare entrambe le cose ma per avere qualcosa da dire e da scrivere bisogna viverla intensamente, dunque eccomi pronta a rimettermi in moto.

Per me stessa, e per voi che mi seguite.

Con gratitudine

Susanna

No Comments »