Susanna Trossero

scrittrice

Quando il male è fatto bene

Quando leggiamo qualcosa che ci disturba, ne siamo attratti. Ci dissociamo nella vita reale almeno quanto ce ne cibiamo nella narrativa o nella cinematografia, non è vero? E se un libro leva le farfalle dallo stomaco per strizzarlo con situazioni sgradevoli, lo suggeriamo anche agli amici, in quella forma di tam tam che ne prolunga la vita.

Chissà perché lo scrittore abile nell’elaborazione del negativo, cattura la nostra attenzione… Forse la spiegazione è quasi banale: c’è chi vorrebbe dire o fare le stesse cose dei suoi protagonisti ma teme il giudizio o la punizione e allora si immedesima con la fantasia, e c’è chi se ne dissocia a tal punto da starci male leggendole. In entrambi i casi, l’emozione vince. Non importa poi molto di quale emozione si parla – empatia o ribrezzo, invidia o disgusto – l’importante è suscitare qualcosa.

E allora imparate a metter via ciò che siete realmente e create protagonisti che agiscano contro la vostra morale, sospendendo il giudizio e sporcandovi le mani con quel fango che tanto cattura. Funzionerà.

Leggendo “Uto”, di Andrea De Carlo, ho provato dispiacere nel brano che descrive il concetto di famiglia: “Mi venivano in mente le alleanze di facciata e le strategie occulte e gli imbrogli e le simulazioni e i finti equivoci, le buone intenzioni e le cattive conseguenze, i sentimenti manifestati e gli impulsi repressi. Pensavo che ogni famiglia è una specie di associazione a delinquere, dove chiunque può legittimare i suoi peggiori difetti e dare un risalto senza proporzione alle sue qualità limitate”.

Meccanismi di amplificazione e smorzamento, li chiama. Fastidioso vero? Eppure… ecco, “eppure”.

Raccontate il male, siate il male, e soprattutto fate in modo che il male sia fatto bene: ecco la pillola di scrittura di oggi.

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Se stai cercando qualcosa…

Arcodamore

Tante volte, nelle mie lezioni di scrittura, ho predicato sulla capacità di un romanzo di interferire con la vita mostrandoci nuove vie, o allargando gli orizzonti di quelle che già stiamo percorrendo e crediamo di conoscere. Un argomento trattato, sviscerato, discusso, corredato di esempi e arricchito dai punti di vista dei miei allievi.

Eppure, ogni volta che incappo in un brano, in una frase, in una riflessione compiuta da un personaggio inesistente nella realtà, è nella realtà che tutto si insinua riuscendo a stupirmi ancora e ancora.

In queso autunno appena cominciato ho incontrato la capacità di Grazia Deledda di raccontare lo stravolgimento di un sentimento di troppo, quello che tutti prima o poi abbiamo provato o sentito da altri. Il momento in cui ne siamo consci per la prima volta, quando la paura ha la meglio e le vibrazioni interne ci rendono umani. Poi c’è il momento successivo, quello in cui ci lasciamo trasportare dalla fantasia e viviamo sogni che ci rendono più vivi, forti, unici e imbattibili. Infine arriva il vento del dubbio, del disagio, e ciò che appariva magia, possibilità, si trasforma in pensiero disturbante e pericoloso, sbagliato, da combattere e dimenticare. Un pensiero proibito pronto a trasformarsi in rimpianto.

Canne al vento racchiude tutto questo in un brano molto breve eppure ricchissimo, denso, avvolgente. Un brano d’altri tempi – questi sono tempi più “espliciti” nelle descrizioni” – ma che non risulta datato e si trasforma in lama pronta a penetrare a fondo, che se non si sta attenti colpisce parti vitali.

Uno scrittore molto più attuale, Andrea De Carlo, mi ha invece catturata con una vecchia pubblicazione, Arcodamore, grazie alla quale ho compreso alcune cose che riguardano persone a me care. Ho ritrovato in riflessioni del personaggio principale, spiegazioni a comportamenti e sentimenti che non riuscivo del tutto a “decodificare” in persone reali. La nuova via di cui parlavo all’inizio, l’allargare orizzonti, l’usufruire della letteratura per capire meglio la vita o gli altri.

Funziona, e so bene che chi legge cerca sempre qualcosa: trovarla è un connubio tra fortuna e capacità. In genere, quando cominci un libro, hai già deciso che cosa ti serve o perchè lo hai scelto; con Canne al vento cercavo l’insegnamento di un classico, con Andrea de Carlo una storia da cui farsi catturare. In entrambi i casi ho trovato molto di più. Nuova linfa, approfondimenti sul vivere, risposte a dei perchè, le parole giuste per esprimere un pensiero che già era in me, o la scoperta di qualcosa di nuovo mai messo in preventivo.

Leggere è approdare in un altrove che spesso è già in noi ma che necessita di spinte per emergere. O, appunto, di parole giuste per essere raccontato.

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