Che cosa vediamo, negli altri? La possibilità di star meglio con noi stessi o uno scrigno da aprire per ammirare ciò che contiene?
Che cosa cerchiamo, negli altri? Parole dette su misura per noi, di quelle che ci fanno stare più ritti sulla schiena, o la condivisione, la complicità, l’empatia tra due diversità?
Ovvero, siamo aperti agli altri e ci sentiamo completati dalla loro presenza, o necessitiamo della loro vicinanza per non annegare?
Bisogni. Se sono loro a spingerci, niente ci soddisferà. Brameremo le parole non dette, ci deluderanno quelle dette e le fraintenderemo. Non parleremo mai la stessa lingua di alcuno, perché ci sarà sempre una frase di troppo a ferirci, detta dall’altro inconsapevolmente. Decanteremo la sincerità, e quando ci verrà regalata la chiameremo crudeltà, rivestendo di significati nascosti tutto ciò che con spontaneità ci verrà dato. I bisogni ci indurranno a mentire, ci faranno compiere gesti teatrali, ci spingeranno a reazioni eccessive, e ci priveranno del bello che da altri viene, perché non riusciremo a vederlo, non del tutto, o comunque non sarà mai abbastanza.
Eppure, se solo ci affrancassimo dalla sete smisurata che muove le nostre azioni e reazioni, vedremmo il contenuto di quegli scrigni che la sorte ci fa incontrare, godendo di pregi e difetti affascinati dalla conoscenza, dalla diversità, dallo scambio, da un affetto che si farà strada mai a fatica se sorretto dalla limpidezza.
E invece bisogni. Cercare nell’altro di colmare vuoti, di superare mancanze. Pretendere che funga da cerotto per le ferite inferte dalla vita. Che ci risarcisca, finalmente. Quante cose perdiamo, ogni giorno. Quanta solitudine dell’anima, alimentiamo, in nome dei nostri bisogni. Di quanto altro niente colmiamo i nostri intimi vuoti.
E quel “tutto poteva essere diverso”, diviene nella mente spiaggia malinconica e deserta, o rimane panno steso al sole, nostalgico drappo ingiallito e strattonato dal vento, mentre l’arsura divora il meglio di noi.