Non so bene se ciò che mi sveglia nel cuore della notte è una sensazione astratta o concreta. Mi strappa dal sogno e fatico a realizzare quanto ci sia di vero o quanto appartenga al mondo onirico nel quale navigo da poco meno di un’ora.
Serve la luce, dov’è l’interruttore? Ecco, sono sveglia, adesso sì, lo sono.
Ma il lampadario oscilla, la porta della camera sbatte contro lo stipite e sbattono le ante dell’armadio non mio, in questa casa che mi ospita tra il verde dei colli bolognesi: non è un sogno dunque…
La terra è cosa viva, respira, trema e inghiotte, risputa e ancora inghiotte. Non si ferma. Vibrazione interminabile, cupa come quel vago suono ovattato sotto i piedi. Vertigine, batticuore, e più tardi ancora e ancora, fino all’alba. I passeri che tacciono, non un alito di vento, ma comincia a piovere. Come sempre, del resto.
È viva, la terra.
Ti ascolto, respiro la tua rabbia, il tuo violento movimento che dal profondo affiora.
Non scappo, e tu mi lasci andare. Torno a casa.
Scopro soltanto più tardi che molti altri, la casa, l’hanno perduta.