Susanna Trossero

scrittrice

Svegliarsi scarafaggi

Kafka non rivelò mai il perché il povero Gregor Samsa si ritrovò una mattina trasformato in insetto.

Emarginazione, diversità, il sentirsi inadeguati, il timore di suscitare ribrezzo negli altri, di non essere accettati.

Su “lettere-filosofia.blogspot.com”, Danilo Caruso scrive:

“si possono rintracciare due piani del “sentirsi scarafaggio”. Un primo piano è quello soggettivo: quello legato a chi patisce le difficoltà. Un secondo, quello oggettivo: relativo cioè alla considerazione esteriore di chi contempla una situazione di disagio.”

Difficoltà, disagio. Quante volte ci è capitato nella vita di svegliarci scarafaggi? Una metafora calzante a situazioni differenti per tutti ma a tutti note, perché è più facile nascondersi che superare il senso di inadeguatezza quando questo si affaccia in noi prepotente.

Eppure, forse una nuova visione delle cose aiuterebbe, affiancata dal modificarsi di frasi di uso comune: “tu mi fai stare male con me stessa”, “mi stanno ghettizzando”, “mi tagliano fuori da tutto”, “mi fai sentire inadeguata” e via di seguito. In realtà siamo noi a concedere simili poteri, perché se ci sentissimo meno scarafaggi cambierebbe anche la percezione che altri hanno di noi. Magari non è l’unica soluzione, me ne rendo conto, ma un buon punto da cui partire si.

Se metti un’arma in mano a qualcuno che non tiene in considerazione il tuo valore, stai pur certo che ti ferirà.

Credere in se stessi è il primo passo passo per non svegliarsi mai scarafaggi, perché…

“L’insicurezza stravolge i significati e avvelena la fiducia.”
(Graham Greene)

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Quando la vita ti trasforma in scarafaggio

Nel mese di maggio vi ho raccontato del luogo dell’abbandono, là dove libri randagi attendono d’essere raccolti e amati. Ci sono passata ieri e ho visto una donna che ne lasciava uno senza guardarsi attorno né curarsi di ciò che accadeva sul suo stesso marciapiede.

Aveva un aspetto un poco dimesso, un viso precocemente invecchiato, le spalle incurvate sotto il peso di chissà quali pensieri.

Camminava lentamente, il libro lo ha poggiato là sulla panchina con cura e delicatezza, allisciandone la copertina prima di andare via. Forse era un saluto, forse una carezza…

I nostri sguardi non si sono incrociati soltanto perché lei il suo lo aveva spento, lontano da estranei o dalla realtà. Avrei voluto fermarla, abbracciarla, perché quella era un’espressione che ho già visto, che conosco, ma non ne ho avuto il coraggio. Ho temuto che avrebbe vissuto la mia interferenza con estremo disagio: una perfetta estranea che ti ha vista nuda ti fa sentire ancor più senza difese, e allora mi sono limitata ad attendere che svoltasse l’angolo, per andare a vedere quale libro avesse lasciato là.

Ciò che ho trovato non me lo sarei mai aspettato: ero certa si trattasse di un saggio sulla ferita dei non amati, un testo sulla tristezza dell’anima, o un vecchio romanzo tanto amato, denso di sentimenti non corrisposti e dalle pagine consumate. E invece… La metamorfosi, di Franz Kafka.

Sentirsi un insetto mentre il mondo fuori non cambia… Un essere così piccolo che potrebbe non essere notato, e capace soltanto – se notato – di incutere disprezzo. Indifeso in una realtà di giganti che ti schiacceranno con soddisfazione e un impeto non necessario.

Ho portato via il libro, tenendomelo stretto al petto. E mi sono pentita di non aver avuto il coraggio di fermare quella donna, magari con una scusa, e di parlare con lei di libri, di autori, di parole che ci rappresentano e che proprio per questo vogliamo allontanare da noi…

Arrivata a casa, mi sono seduta e ho deciso di conoscere meglio la sconosciuta:

Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto. Se ne stava disteso sulla schiena, dura come una corazza, e per poco che alzasse la testa…

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