C’è un primo giorno, quello dell’incontro, della storia che nasce, della porta che si chiude alle sue spalle e di quella che si spalanca regalandogli un futuro insperato.
E c’è l’ultimo, quello dell’addio mentre lo accarezziamo facendogli sentire che non è solo, della malattia che se lo prende così come accade alle persone.
Nel mezzo, tra quel primo giorno emozionante e l’ultimo fatto di lacrime, una nuova realtà aveva preso piede: mescolando impegno e amore, aveva costruito qualcosa di solido fatto di piccoli dettagli se presi singolarmente, ma che nell’insieme hanno dato vita al nostro per sempre. Il rumore delle tue unghie sul pavimento, la tua adorazione per i centri commerciali, quel titubante vagare per casa con la copertina sulle spalle come un’anziana signora, l’imbarazzo nell’indossare l’impermeabile quando pioveva, il respiro regolare del sonno, gli sbadigli rumorosi, le improvvise gioie, il peso del tuo testone addosso, la tua paura del calzascarpe, quel brontolare se stavo troppo al pc, la curiosità buffissima per i cartoni animati…
Nel mezzo. Tra il primo giorno e l’ultimo.
Là c’erano tante di quelle piccole magie ed emozioni che ora la casa ci appare come un pozzo nero, senza fondo né luce. Tu sei stato il nostro Natale, persino un libro lo racconta rendendoti immortale fino a quando ancora qualcuno lo leggerà.
La casa è ancora piena di te e del tuo vivere anche in tua assenza, morire non era contemplato nel nostro quotidiano insieme. Avremmo voluto vederti invecchiare ma la sorte non ci ha concesso questo grande dono, Amico mio.
E chissà se hai davvero capito, fino in fondo e senza alcun dubbio – dopo un passato di abbandono e tristezza – quanto ti abbiamo amato. Noi, il tuo amore, ce lo porteremo sempre nel cuore.
Grazie Capoccione.