Susanna Trossero

scrittrice

Pasolini: di lui si parla fin troppo ma lo si legge pochissimo

Pier Paolo Pasolini

Mi sono ritrovata tra le mani il libro “Liberi di amare – grandi passioni omosessuali del ‘900”, di Laura Laurenzi, una sorta di album di ritratti impregnati di vulnerabilità, sentimenti profondi, di solitudini a due o di storie che diventano fortezze.

Tra i vari protagonisti del libro, dalla penna della giornalista emerge un Pasolini “diverso”, o meglio più completo, poiché l’autrice si sofferma non soltanto sull’uomo autodistruttivo, pieno di eccessi o fin troppo discusso, ma anche su quello sentimentale, innamorato per esempio di sua madre.

“L’odore della povera pelliccia di mia madre è l’odore della mia vita”.

È lei, dopotutto, l’unica donna che abbia mai amato davvero, senza riserve, con tutto se stesso.

Sembra che qualcuno addirittura li scambiasse per fratello e sorella, quando camminavano insieme per la strada e lui – nel suo profondo desiderio di morte – diceva di dover “disgraziatamente” vivere per sua madre, e lo faceva quasi in simbiosi, come raccontato da persone che lo conoscevano bene.

La stessa Dacia Maraini, ricorda che quando viaggiavano insieme, lui ovunque si trovasse cercava subito un telefono per poterla chiamare e se lei era stanca, lui era stanco, se lei aveva mal di testa veniva anche a lui. E se lei era triste, la tristezza si impadroniva anche di suo figlio…

“Tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù. Ho passato l’infanzia schiavo di questo senso,
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio essere solo. Ho un’infinita fame d’amore,
dell’amore di corpi senz’anima.
Perché l’anima è in te, sei tu,
sei mai madre e il tuo amore è la mia schiavitù.”

Nel testo “Liberi di amare”, è intenso anche il ritratto di un Pasolini che ama con tutto se stesso e per tutta la vita qualcuno che lo ricambia con un sentimento differente ma non per questo meno importante.. Qualcuno che lo ha amato addirittura come un figlio, e che ancora oggi – con tutti capelli bianchi – sa di non poterlo dimenticare. È Ninetto Davoli.

Quando Pasolini è morto ho capito. Mi sono fermato a riflettere e ho realizzato di chi ero amico, e quanto lui fosse geniale. E io fortunato. Odio però le commemorazioni, le ricorrenze, i dibattiti, la gente che si mette in mostra, i discorsi ufficiali. Di una persona bisognerebbe parlare quando è viva, prima che sia tardi: Paolo lo diceva sempre. E di lui si parla fin troppo, ma lo si legge pochissimo.

Si è detto tanto, di Pier Paolo Pasolini, e ho letto con avidità la lettera di Oriana Fallaci che ne rivela – spesso crudamente ma non senza affetto – le mille sfaccettature della sua personalità. Una lettera scritta dopo il 2 novembre del 1975, notte in cui lo scrittore fu ucciso.

Chissà lui, se avesse potuto, in quale modo e con quali parole avrebbe risposto alla sua amica Oriana…

Lettere, sempre lettere, un’ossessione e delizia per l’umanità intera, ed io non ne sono immune.

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