Passiamo il tempo a pensare anche quando siamo certi di non pensare. Fosse così facile non farlo, ma la nostra mente è in continuo movimento e non importa se ciò su cui ci stiamo soffermando è l’elaborazione dei massimi sistemi o il colore di una fragola, la mente è comunque in piena attività.
Personalmente riesco a liberarmi d’ogni pensiero osservando la natura, sebbene in realtà non è del tutto vero perché qualcosa dentro di me elabora le immagini e le traduce in suggestioni, le suggestioni in parole e – spesso – le parole in uno scritto.
Ebbene, è proprio così: la scrittura nasce da un pensiero o viceversa dà origine a un pensiero. Insomma, scrivere e pensare sono un tutt’uno e l’uno insegna l’altro a migliorarsi.
Ve lo spiego meglio nel primo di una serie di video che ho registrato per voi appassionati di scrittura e lettura, video scaturiti dal desiderio di aiutarvi in qualche modo e nel mio piccolo a migliorare la qualità dello scrivere. Come sapete sono una insegnante di scrittura narrativa, una editor e correttrice di bozze, nonché una appassionata di storie da raccontare, e a mia volta tanti anni fa mi sono cibata anche io di innumerevoli consigli e suggerimenti. Ancora adesso non ne faccio a meno, perché ritengo che ci sia sempre tanto da imparare e volerlo fare significa amare davvero ciò a cui ci si dedica.
Spero di esservi d’aiuto con le mie “pillole di scrittura” e fate tesoro delle parole di Malala Yousafzai: “Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti.”
Anche una penna potrebbe
raccontare una storia, se avesse modo di farlo. Non mi riferisco alla
scrittura: parlando di penne, risulterebbe fin troppo ovvio. Io
intendo penne in quanto oggetti posseduti da qualcuno, da qualcuno
usati, amati, rubati, necessari o dimenticati, donati o ricevuti.
Amo ricevere in regalo
penne e quaderni, e se si tratta di cose prive di alcun valore
economico, per me comunque sono tesori. Più gradisco il dono, meno
ho il coraggio di usarlo, questo è l’assurdo. Così mi ritrovo –
alla stregua di un collezionista – ad avere cassetti pieni di
quaderni immacolati e penne che quasi mai hanno lasciato un’impronta
sulla carta. Mi manca il coraggio. Voglio che durino per sempre.
Però, ciò che alla fine
mi sono decisa a usare, ha sempre molto da raccontare: incontri,
emozioni, voli di fantasia, momenti indimenticabili – in bene o in
male – e parole, tante parole.
Quando ero molto giovane,
gli amici che partivano in lacrime per il servizio militare (allora
obbligatorio e per gli isolani sempre oltremare), durante la leva
imparavano a rivestire delle comunissime penne bic con del filo
colorato e sapevano anche “ricamarci” il nome del destinario.
Ho ricevuto ben tre penne da altrettanti amici, e ricordo che soltanto a guardarle si poteva intuire ciò che quei ragazzi provavano così lontani da casa. Le penne della nostalgia, le chiamavo, e creavano un ponte tra le persone a casa e i giovani militari impegnati a creare qualcosa per loro, per sconfiggere la distanza.
Le penne, le loro
storie…
Ricordo un concerto di Francesco Guccini in Sardegna, le cui canzoni conoscevo a memoria. Avevo appena finito le superiori quella notte che dopo tanto intonarle – noi del pubblico insieme a lui – s’era fatto silenzio, il silenzio della fine della festa, quando tutti se ne vanno mentre si smonta il palco.
Lui invece passeggiava
tra i pochi rimasti, ci parlava, scherzava, firmava autografi. La mia
amica gli porse un piccolo quaderno domandandogli una dedica proprio
quando si apprestava ad andarsene. Altri nottambuli si stavano
avvicinando. Lui, il mio idolo, colonna sonora delle mie ribellioni,
che palesava adesso una certa stanchezza, chiese proprio a me: “hai
una penna?”
Certo che sì! Era di
color argento, un po’ bombata, carina ma non importante visto che non
ne ricordavo neppure la provenienza. Gliela porsi con orgoglio:
Francesco Guccini domandava una penna a me!
Lui scrisse due righe in
quel quaderno mentre cominciava a formarsi un capannello di ragazzi,
e prima di restituirmela se la rigirò tra le mani tutto compiaciuto.
Poi, quasi tra sé e sé disse “bella penna”, e invece di
porgerla alla legittima proprietaria – ovvero alla sottoscritta –
si diede alla fuga ridendo!
Risero tutti e risi tanto anche io: Guccini che grande e grosso correva con in mano la mia penna… Fu una cosa da bontempone, non certo uno scippo, e me lo rese ancora più simpatico. Dopo, ascoltare i suoi album ebbe un altro sapore: io lo conoscevo bene, non ero una fan qualunque, aveva la mia penna! Per me eravamo quasi amici, io e Francesco, e sebbene fossi consapevole del fatto che già dopo un’ora avrebbe dimenticato la mia faccia, io gongolai per molto tempo e conservo intatta nella memoria la sua buffa fuga!
Storie di penne…
Dopo tanti anni da
quell’episodio indimenticato, entrò nel negozio in cui lavoravo
Fabrizio Bentivoglio. Si diresse verso di me con aria quasi
impacciata e domandò:
“Mi scusi, per caso ha
una penna da prestarmi? Mi occorre soltanto per due minuti…” e
sorrise.
Sorrisi anche io
ripensando a Guccini; stavolta avevo per le mani una comunissima
penna bic e gliela porsi.
Bentivoglio uscì dal
negozio e si allontanò, mentre io riflettevo sul fatto che uno degli
attori italiani che più apprezzo, aveva fatto capolino nella mia
giornata.
Dopo pochi minuti, tornò con la mia penna e un’aria grata e gentile, proprio come quella di solito garbata dei suoi personaggi. Me la restituì e mi ringraziò tantissimo, quasi io e la mia penna bic gli avessimo risolto una questione di fondamentale importanza. Ah, saperlo! Ma ero oramai adulta e discreta, impossibile invadere territori non miei.
Storie di penne…
Se
ne trovate una, chiedetele di raccontare la sua e scrivetela qui. Vi
aspetto, come sempre.