Susanna Trossero

scrittrice

Vacanze romane

Il risveglio, in queste mattine d’agosto, è sempre scandito da una routine rilassante e placida. Le auto si muovono in lontananza ripartendo all’incrocio in base ai paterni consigli dei semafori. E sono poche, finalmente, perché Roma va svuotandosi fino a diventare vivibile, quasi a misura d’uomo, ecco perché oggi pare che loro – i semafori – non impongano ma suggeriscano.

C’è un lieve manto sulla distesa di case e strade, una coltre che ricorda la nebbia sui laghi, e annuncia calura mentre i cani passeggiano al guinzaglio.

La Moschea di recente costruzione svetta a est, mentre a sud la Cupola di San Pietro si vanta della sua età che la rende superiore alla città stessa e per questo quasi magnanima.

Dall’alto, i platani sembrano cespugli e i cespugli quasi scompaiono; oggi qualcuno nascerà e altri se ne andranno, mentre vacanzieri ignari intaseranno le autostrade…

In questa calma cittadina che alla calma invita, c’è un che di rassicurante che vorrei sfruttare per sfrondare le mie ore da ogni “da farsi subito”, e riempirle di “lo farò domani”. Perché vacanza non è solo un albergo lontano da casa, ma uno stato mentale. Un liberarsi dalla quotidianità, dalla sveglia, da ritmi e incombenze, per vagare indolenti nel proprio ambiente trasformandolo in oasi di pace.

Uscire per riscoprire il piacere del silenzio al tramonto, l’afa allontanata dalla brezza serale; le cicale ancora allegre, le strade vuote.

Un aereo, il primo del mattino, porta via altre persone contribuendo alla mia ricerca di suggestioni che solo le cornacchie riempiono di voci.

Complici le varianti Covid e la pigrizia, mi godo la città inseguendo la noia, condizione attraente e sottovalutata. Ho gelati a sufficienza, buoni libri da leggere, la giusta compagnia e scarpe adatte per camminare. Per trascorrere un agosto nella capitale non necessito d’altro.

In pace con il mondo vi auguro buone vacanze, ovunque voi andiate o decidiate di restare. Ma ricordate:

“Essere in vacanza è non avere niente da fare e avere tutto il giorno per farlo”. (Robert Orben)

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Comparse e protagonisti

In un frangente in cui domenica potrebbe essere martedì e martedì domenica perché per molti di noi i giorni si sono scollegati dalla settimana, ho pensato a chi ho perduto per strada, lungo quel percorso che di frequente si può definire cambiamento e a volte si chiama crescita. Percorso che si compie ad ogni età finché c’è vita.

Riflettevo sul fatto che non necessariamente una frequentazione si interrompe per disaccordi o in seguito a scontri. Le amicizie a volte sono fasi e a fasi della vita sono spesso strettamente collegate. I compagni di scuola, l’amica dell’università, i colleghi di un lavoro di tanti anni prima. E coinquiline di passaggio che in un appartamento non condividevano solo un tetto e le spese ma anche sogni e progetti, o ancora le amiche della palestra o le persone conosciute in vacanza…

Insomma, tanti sono i volti che per un lungo o breve periodo affiancano presenze invece consolidate che – all’opposto – restano e le guardano apparire, sfilare e poi dissolversi.

Ecco, in questo frangente di giornate tutte uguali, la domenica è stata di nuovo domenica grazie alle foto della memoria, che mi hanno restituito occhi e sorrisi e parole di chi adesso ha occhi sorrisi e parole per qualcuno che non sono più io. E mi sono domandata se stanno bene, al sicuro, se sono persone che hanno paura per se se stesse o per chi amano. Chissà se a volte pensano a me come io a loro e mi ritrovano in un cd o in un ciondolo, in una ricetta o in un profumo.

In me, stanno tutte raggruppate in un piccolo borgo dalle porte mai sprangate, e se busso posso ancora rivederle senza che loro vedano me. Perché sono una donna che dimentica senza dimenticare, e penso che in noi resta sempre qualcosa degli altri, in bene e in male. In entrambi i casi, è esperienza di vita che insegna e forgia.

Riposte foto immaginarie e ricordi, ho lasciato che la domenica mi scivolasse via tra le dita, e il sole (lasciando spazio al lunedì di una lunga quarantena) è tramontato alle spalle del borgo e nel mio presente. Presente in cui mi sento fortunata, poiché chi lo abita è al sicuro e sono felice che tra questi ci siano ancora oggi nomi del passato, mai divenuti quelli di comparse.

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