Susanna Trossero

scrittrice

Un regalino per gli amici vegani

Il pane carasau
Il pane carasau

Mi è arrivata una mail da Vicenza davvero molto carina e lusinghiera! Una intera famiglia – madre, padre, 2 figli adolescenti e nonna – mi ringrazia per le deliziose ricette contenute nel nostro libro Il pane carasau – storia e ricette di un’antica tradizione isolana, Graphe.it, la cui nuova edizione contiene approfondimenti e nuovi piatti da sperimentare.

Siamo felici – parlo anche a nome della coautrice del libro Antonella Serrenti – che questo prezioso scrigno ricco di testimonianze e di suggerimenti culinari continui il suo viaggio sia in tutte le regioni d’Italia che all’estero, e speriamo stiate mettendo in pratica nelle vostre cucine ciò che gli anziani ci hanno tramandato.

Nella mail che ho ricevuto, la signora mi raccontava delle scelte etiche dei suoi due ragazzi, entrambi vegani, e proprio oggi ho trovato una ricetta per loro, appuntata su un foglio a quadretti da mia madre. Da dove arrivi la ricetta non mi è dato di sapere, ma la regalo alla gentile famiglia che mi ha scritto e a tutti i vegani che visitano la mia pagina. Gli ingredienti sono per 4 persone e vi si trova un accostamento tra Sardegna e la cucina araba, poiché si utilizza una salsa tipica di quel paese a base di ceci (l’hummus) e spezie.

Involtini di pane carasau con Hummus

Lessate per 10 minuti 250 g di fagiolini, poi uniteli a un soffritto d’aglio, aggiungete sale e pepe poi lasciate cuocere a fuoco moderato per 15 minuti. Spegnete e aggiungete un pizzico di cannella. Con del brodo (naturalmente vegetale) ammorbidite 10 sfoglie di pane carasau e quando diventano malleabili create dei rettangoli. Se vi sembrano troppo sottili o se pensate si possano rompere utilizzatene due sovrapposti. Farciteli con i fagiolini e l’hummus al quale avrete aggiunto un po’ di curry (la quantità dipende dai vostri gusti). A questo punto arrotolateli, sistemateli su una teglia e infornate fino a renderli dorati (per circa 15 minuti a 180 gradi).

Se volete anche la ricetta per l’Hummus di ceci, questa è quella originale.

Vi piacciono questi involtini? Se avete altri suggerimenti con il pane carasau come protagonista e vi va di condividerli qui, ne sarò felice. Vi aspetto,

Buon appetito e… buona lettura!

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Il pane carasau vi ringrazia tutti!

La nuova edizione del nostro libro dedicato al pane carasau

Sono stata in Sardegna, pochi giorni fa, a respirare profumo di ginestre e ad ascoltare la voce del maestrale quando – alla sera – si placa e diventa carezza dopo tanta esuberanza.

Ho ritrovato il cibo di “casa”, abbracciato gli amici, goduto delle amorevoli attenzioni della famiglia, e incontrato per strada molte di quelle persone che hanno letto e acquistato Il pane carasau. Storia e ricette di un’antica tradizione isolana (scritto a quattro mani con l’amica e collega di scrittura Antonella Serrenti). Grazie a loro e a tutti quei lettori di ogni regione italiana che si sono avvicinati con curiosità alle nostre tradizioni, siamo giunte alla seconda edizione e ne siamo orgogliose!

Ha parlato di noi il Venerdì di Repubblica, la rubrica Heat Parade del tg2, siamo state ospitate dall’emittente nazionale Tv2000, dalla tv isolana Videolina, abbiamo avuto bellissime recensioni, siamo state accolte in tante sedi e paesi per raccontare della nostra terra e “de su pani fattu in domu (il pane fatto in casa), quello che racconta storie infinite, che nasce in seno a una famiglia e che vaga di casa in casa, dentro bisacce o sull’altare del parroco, che richiede un intero corredo di canestri e di preziosi teli di lino bianco, che sopravvive a più di una stagione, e che prima ancora d’esistere è parte di un’idea che nasce coltivando, trebbiando, setacciando”.

In questa nuova edizione, la prefazione è di Gianmichele Lisai, e vi troverete inedite testimonianze legate agli aspetti culturali di questo antico pane. Tra le ricette invece, è stata inserita anche quella che vi aiuterà a preparare nelle vostre cucine i dischi di pane carasau!

Un libro che mai sarebbe nato senza il contributo delle donne e degli uomini che ci hanno raccontato le loro storie, che con noi hanno condiviso ricordi e nostalgie. Perché il nostro piccolo grande saggio è proprio questo: uno scrigno che racchiude tesori d’un tempo.

Continuate ad aprirlo, a cercarvi qualcosa che vi appartiene o vi colpisce. E a sperimentare le ricette – antiche e moderne – in esso contenute. Ad amare questa antica terra e a lasciarvi incantare non soltanto dalle sue meravigliose spiagge.

Noi autrici e la Graphe.it Edizioni, ci auguriamo che questa seconda ristampa, ancora più ricca, continui a vagare tra librerie e cucine di tutta Italia e perché no anche all’estero, dove sappiamo che la prima edizione ha viaggiato in lungo e in largo!

Grazie ancora, di vero cuore.

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La voce di un libro

Antonella Serrenti, Una giornata dall'aria anticaMi è capitato più volte, di essere invitata a scrivere una prefazione per il libro di un altro autore, ed è un piacere farlo soprattutto se ho avuto la fortuna di veder nascere il testo. Quando chi scrive si abbandona all’ispirazione e concretizza l’idea che lo ha avvolto nelle sue spire a mo’ di serpente tentatore, osservare o condividerne tutto il processo è davvero bello. Si discute di qualcosa che non esiste e che di lì a poco esisterà… Una nascita che affatica, a volte preoccupa perché si rivela difficoltosa, altre volte esalta perché funziona fin dalle prime battute, dal primo vagito!

Ho visto nascere la raccolta Una giornata dall’aria antica, edito dalla Graphe.it, e ho condiviso l’emozione della pubblicazione con l’autrice, perché nell’incredibile insieme di racconti che la compone ho subito creduto, da lettrice avida e selettiva quale sono. E, da scrittrice, credo fermamente nella bellezza e validità di questo libro… Le motivazioni stanno proprio nella mia prefazione, che dice:

«Quando Antonella Serrenti mi ha parlato di questo suo progetto, si trattava di un’idea appena abbozzata, di un qualcosa che stava racchiuso nei meandri della sua anima e che scalpitava per venir fuori.
Tuttavia, per molto tempo, non ha lasciato che il pensiero evadesse dal suo intimo e si riversasse sulla carta, perché intimamente troppo coinvolta nell’argomento, e io temevo che non lo avrebbe fatto mai.
Ma, per fortuna, un giorno è successo e tutto ciò che stava in lei è adesso in questo libro che vi apprestate a leggere.
Io l’ho avuto tra le mani che era un manoscritto appena nato, impregnato di pudore e lacrime, e mi sono subito resa conto che è molto di più di una raccolta di racconti; è la volontà di metabolizzare l’assurdità della guerra, è l’incapacità di comprenderla, è il ricordo di un maledetto novembre 2003, è il dolore per quel bambino che ha visto crescere, giocare sull’uscio di casa insieme a suo figlio, e che – indossata la divisa da soldato – non ha mai più fatto ritorno su quell’uscio. È il sollievo colpevole per il suo di figlio, tornato invece a casa.
È l’impotenza per tutti quegli altri bambini che vengono educati a uccidere da una cultura senza scampo, è la rabbia a lungo repressa per uno Stato che manda a morire ragazzi e ragazze lontani dal loro paese, in nome delle Missioni di Pace.
C’è così tanto, in questo piccolo libro, che ho faticato a leggerlo: mi sono imposta lunghe pause per via della commozione che a tradimento mi assaliva, così come accade quando si ha a che fare con l’anima di chi scrive e non solo con la sua fantasia.
Non credo di dover aggiungere altro, se non che considero questa terribile e bellissima raccolta un motivo di riflessione: ci sono perdite che non sono soltanto notizie al telegiornale, lutti lontani a cui assuefarsi, dolori degli altri; sono perdite di tutti e ci mutilano proprio sull’uscio di casa, là dove i nostri figli o quelli di altre madri, hanno giocato».

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Una giornata dall’aria antica

Antonella Serrenti, Una giornata dall'aria antica

Sabato 12 novembre, in occasione della ricorrenza della strage di Nassiriya, vedrà la luce la raccolta di racconti Una giornata dall’aria antica, edito dalla Graphe.it e scritto da Antonella Serrenti. Quando Antonella mi ha parlato di questo suo progetto, si trattava di un’idea appena abbozzata, di un qualcosa che stava racchiuso nei meandri della sua anima e che scalpitava per venir fuori.

Tuttavia, per molto tempo, non ha lasciato che il pensiero evadesse dal suo intimo e si riversasse sulla carta, proprio perché intimamente troppo coinvolta nell’argomento, e io temevo che non lo avrebbe fatto mai.

Ma, per fortuna, un giorno è successo e tutto ciò che stava in lei è adesso in questo libro che vi suggerisco di leggere. Io l’ho avuto tra le mani che era un manoscritto appena nato, impregnato di pudore e lacrime, e mi sono subito resa conto che è molto di più di una raccolta di racconti; è la volontà di metabolizzare l’assurdità della guerra, è l’incapacità di comprenderla, è il ricordo di un maledetto novembre 2003, è il dolore per quel bambino che ha visto crescere, giocare sull’uscio di casa insieme a suo figlio, e che – indossata la divisa da soldato – non ha mai più fatto ritorno su quell’uscio. È il sollievo colpevole per il suo di figlio, tornato invece a casa.

È l’impotenza per tutti quegli altri bambini che vengono educati a uccidere da una cultura senza scampo, è la rabbia a lungo repressa per uno Stato che manda a morire ragazzi e ragazze lontani dal loro paese, in nome delle Missioni di Pace.

C’è così tanto, in questo piccolo libro, che ho faticato a leggerlo: mi sono imposta lunghe pause per via della commozione che a tradimento mi assaliva, così come accade quando si ha a che fare con l’anima di chi scrive e non solo con la sua fantasia.

Non credo di dover aggiungere altro, se non che considero questa terribile e bellissima raccolta un motivo di riflessione: ci sono perdite che non sono soltanto notizie al telegiornale, lutti lontani a cui assuefarsi, dolori degli altri; sono perdite di tutti e ci mutilano proprio sull’uscio di casa, là dove i nostri figli o quelli di altre madri, hanno giocato.

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Ai miei lettori, con gratitudine

A. Serrenti - S. Trossero, Il pane carasauEd eccomi qui, ancora una volta a ringraziare tutti voi che continuate ad accogliere con calore e partecipazione il nostro libro sul pane carasau, a raggiungerci durante le presentazioni, a dargli un piccolo spazio nelle vostre librerie o a parlarne agli amici. Grazie di cuore, da scrittrice e da isolana, ma soprattutto da persona che attraverso la scrittura ha avuto la fortuna di conoscere tante altre persone amanti della lettura. Il vostro sostegno mi accompagna sempre, ad ogni pubblicazione, e mi rende davvero felice.

E, per chi ancora non sapesse di che cosa parla il piccolo saggio che sta viaggiando per tutta la penisola, ecco l’incipit che lo spiega:

“La mitologia greca narra che Demetra, “Madre terra” o “Madre dispensatrice”, fu colei che donò agli uomini il frumento e con lui la possibilità di cibarsi del pane, sacro dunque anche per gli antichi greci; ma in quale luogo del mondo e quando spuntò da una zolla di terra la prima spiga di grano, nessun testo lo racconta, anche se in molti se lo domandano. Impossibile saperlo, tuttavia è come se il miracolo faccia parte di tutti noi, come se appartenga a ogni epoca e ogni luogo e cultura, come se alberghi nel ricordo più antico di ogni uomo, tramandatoci nell’anima e sotto la pelle dai nostri padri, dai padri dei nostri padri e ancora indietro, sempre più lontano nel tempo. E così il pane. Il pane che vede la luce tra le mani dei nostri avi, i quali lo crearono forse schiacciando e mescolando fra due pietre dei cereali con acqua, fino ad ottenere un impasto da cuocere poi su una pietra rovente.
Il pane del sacrificio o come fonte di ricchezza, quello invocato dall’affamato, quello nei versi appassionati di Pablo Neruda, o in quelli inquietanti di Dante Alighieri, quello atteso dal bambino gioioso, o dal soldato che torna dalla guerra e per tante notti ha sognato di spezzarlo; il pane dell’eucarestia o del banchetto della festa, quello destinato dal panettiere al boia nella Roma papale, quello che sta nella bisaccia del pastore sardo o quello gustato sotto l’ombra di un ulivo dal contadino stanco.
Il pane…
Noi, con questo piccolo libro, è de “su pani fattu in domu” che vogliamo parlarvi, “il pane fatto in casa”, quello che racconta storie infinite, che nasce in seno ad una famiglia e che vaga di casa in casa, dentro bisacce o sull’altare del parroco, che richiede un intero corredo di canestri e di preziosi teli di lino bianco, che sopravvive a più di una stagione, e che prima ancora d’esistere è parte di un’idea che nasce coltivando, trebbiando, setacciando.”

Da “Il pane carasau – storia e ricette di un’antica tradizione isolana”   Antonella Serrenti – Susanna Trossero   (Graphe.it edizioni)

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