Susanna Trossero

scrittrice

La chimica tra due persone

Estate, tempo di innamoramenti, complice la leggerezza di un clima vacanziero, la predisposizione a staccare la spina, la voglia di scosse. Lo raccontano le storie degli amici, i sondaggi, le riviste, i film, la letteratura…

Ecco, la letteratura.

Fin troppo spesso, lo abbiamo visto, per dar via alla chimica tra due persone pare necessaria la presenza della bellezza, della perfezione. Fisico statuario, visi armoniosi nei loro singoli elementi; il personaggio, colui o colei che rivoluzioneranno la vita dell’altro, devono essere rigorosamente bellissimi.

Banale, non trovate? E fin troppo facile.

Ma davvero, il fascino è prerogativa dei belli?

Avete presente l’aspetto ripugnante del protagonista di The Elephant Man di David Lynch?

Eppure, tra quest’uomo deforme e una famosa attrice che va a trovarlo perchè ha sentito parlare di lui, vi è uno scambio di battute che insinua nell’aria una forte tensione, un’attrazione, una vibrazione che prescinde dall’aspetto. Tanto che l’attrice non si sottrae: è lei la più colpita.

Ad un certo punto dell’incontro, la donna gli fa omaggio di un libro che narra la storia di Romeo e Giulietta. Leggete questi passaggi:

Lei: “…Ah, dimenticavo! Le ho portato una cosa!” e gli porge il dono.

Lui: “Ohhh! Grazie…”

“Lo conosce?”

“No… Ma lo leggerò volentieri! Oh, Romeo e Giulietta, sì, ne ho sentito parlare. – Lo apre e comincia a leggere un passaggio – …”Che la mia mano profanasse la santità della vostra, in sé un dolce peccato, le mie labbra, come due pellegrini rossi di vergogna, sarebbero qui pronti ad attenuare con un bacio la ruvidezza di questo contatto”

Lei: “Buon pellegrino, per dimostrare la tua devozione fai troppo torto alla tua cortese mano. Le mani dei pellegrini possono toccare le mani delle sante. Palmo contro il palmo, il bacio del fedele.

Lui, a questo punto il tono si fa suadente: …”Ma allora cara santa, lascia che anche le labbra facciano quello che fanno le mani, affinché la mia fine non si muti in disperazione”.

Lei, quasi promettente: “Le sante non si muovono, anche se esaudiscono quelli che le pregano.

E lui, Iohn Merrick, proseguendo la lettura: “Allora non ti muovere… Allora non ti muovere mentre mi esaudisci. Dalle tue stesse labbra io sono assolto dal peccato delle mie… Poi… Miss Kendal, poi qui c’è scritto che si baciano…”

Lei: “Resterà sulle mie labbra il peccato di cui sei assolto”.

John: “Oh, com’è dolce… Imparare a ciò… Rendimi il mio peccato”.

A questo punto l’attrice lo bacia morbidamente sulla guancia e poi dice con tono galante: “Oh, signor Merrick! Lei non è affatto un Uomo Elefante!”

“…No?”

“No. Lei è Romeo”.

E Merrick, emozionato, versa una lacrima.

Sentite che dialogo?

Inoltre, avendo provato empatia con l’uomo perché coinvolti dal suo disagio e dalle sue vicissitudini, noi da quel dialogo ci facciamo trasportare accrescendo ancor di più la sensazione forte, l’attrazione nell’aria. E ci emozioniamo con lui e con lei. Non ci importa più dell’aspetto, della deformità, siamo avvinti: ci sono due persone, la malia.

Le atmosfere, gli sguardi, i toni, l’uso che facciamo di tutto ciò e delle parole pronunciate, di quelle non dette: questo è fascino.

In letteratura e… nella vita!

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L’attesa

L'attesa

Una nuova stagione ci ha raggiunti, e con essa le giornate si popolano di impegni e incontri, di motivi di riflessione o di insoddisfazioni di vecchia data. Il nuovo e il vecchio che si fondono, appunto, a creare movimento o fasi di stallo sotto gli alberi che si denudano.

Tra le buone nuove e le consuete incombenze, mi sono ritrovata ancora una volta in classe tra volti sconosciuti che via via diverranno familiari, grazie agli incontri settimanali che proseguiranno fino alla prossima primavera. Un gruppo “variopinto”, il piacere della scrittura che tutti accomuna, la curiosità, quel pizzico di pudore che pian piano vi lascerà in favore di una conoscenza più approfondita e di parole come condivisione e leggerezza.

Io spiego, voi mi ascoltate, ma ancora non siete consci di quanto mi arricchirete con il vostro stile fresco, le vostre parole raccontate sulla carta, i sogni nel cassetto o il desiderio di sperimentare.

Spero di trasformare questa vostra attrazione per la scrittura in urgenza, in necessità impellente, in qualcosa che divenga parte del quotidiano e riempia i vostri cassetti di fogli volanti, appunti, frasi sconclusionate. Che vi accompagni per molto, molto tempo, regalandovi suggestioni e facendovi vivere più vite.

Il nostro viaggio di sogni da sognare è appena cominciato, siete alle prese con la tastiera e un pensiero legato all’attesa. L’attesa che tutti ci accompagna, che ci accomuna o divide, che ci dilania o stuzzica.

L’attesa.

Questo il titolo del vostro primo esercizio di scrittura, questo il mio benvenuto, per dimostrarvi che sebbene l’attesa sia qualcosa che a tutti appartiene, può essere vissuta o raccontata in modi differenti. Aspiro al vostro con impazienza, restando anche io invischiata ne… L’attesa.

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L’eros: una lama o una carezza?

lame e affini copertinaIn occasione della pubblicazione della mia raccolta di racconti intitolata Lame & affini (Graphe.it – anno 2008), in più interviste mi fu domandato cosa fosse per me l’eros. Il filo conduttore della raccolta era, in effetti, il tormento delle attrazioni scomode, la ragione che arriva sempre un attimo in ritardo, il subdolo erotismo che danza ammaliatore anche tra le piccole cose quotidiane, e ci porta per mano là dove l’attrazione – verso persone o situazioni – ha la meglio su tutto. Posso dire con grande gioia che – benché siano passati ben cinque anni dalla sua pubblicazione – il libro ancora viene acquistato e apprezzato da voi lettori, segno evidente che l’argomento non lascia indifferenti.

Ma che cos’è, in definitiva, l’eros?

Al di là delle modifiche che il concetto di Eros ha subìto da quello greco ad oggi, io ne possiedo uno mio del tutto personale, secondo il quale l’eros siamo noi, è il nostro personale e profondo modo di guardare e di sentire, è la nostra immaginazione che amplifica o rifiuta messaggi altrui, è la fantasia. E, per fortuna, non è strettamente legato a severi e fuorvianti canoni estetici, né a schemi superficiali. È qualcosa di così meravigliosamente astratto e soggettivo, di così legato alle nostre personali percezioni, che trovo limitante cercare una sola parola per definirlo. Spesso scaturisce da una mescolanza di sensazioni, di passato da cui attingere o di presente tutto da vivere, per cui trovi l’eros nella forza di un ricordo o di una immagine del presente che niente ha di esplicito… basta una impercettibile sfumatura a trasformare il niente in qualcosa di accattivante. Credo che  tragga la sua forza proprio dal fatto che va a stimolare l’immaginazione attraverso un qualcosa di vago a cui è la mente a dar voce e connotati…

Sì, ne sono convinta: l’eros siamo noi e, astratto o no, questo venticello irriverente può trasformarsi con la stessa facilità in una fortuna o in una condanna.

Lo sanno bene i protagonisti del mio “Lame e affini” e lo sanno coloro che in privato mi scrivono raccontandomi le impressioni ricavate dai singoli racconti della raccolta. Ma voi, voi che state adesso leggendo questo mio post, che pensate di questo “venticello”  in grado di travolgerci come uno Tsunami?

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