Susanna Trossero

scrittrice

C’è un tempo…

Dall’antico colle, il mare è un disegno privo di ruvidità e increspature; l’aria del mattino sui passi in salita mi riporta a quel lontano bigiare la scuola per ammirare le vetrine di città con te, gemella siamese di un tempo che non torna. I tuoi capelli di seta, i miei ricci al vento, il tuo essere disincantata, la mia ingenuità…

Gabbiani, sulla Torre dell’Elefante, tepore di falsa primavera, scorci familiari e commesse annoiate per la via, odore di caffè e di pane appena sfornato, silenzio della zona pedonale ancora mezzo addormentata. Mi sentivo brutto anatroccolo e tu prevedevi per me un futuro da cigno; chissà se il tuo lo è stato, chissà se ridi ancora così bene e se i tuoi incisivi hanno mantenuto quell’adorabile spazio.

Cagliari, al mattino, è ancora la stessa. Lo stesso è il porto e i palazzi liberty, il barocco e il moderno mescolati tra loro, ma noi vedevamo tutt’altro che questo, non è vero? Vedevamo le navi andare e venire e sognavamo fughe e libertà: dalla scuola, dalle rispettive famiglie, dalle regole che tu così bene già infrangevi, conquistandoti la mia ammirazione.

Bello, ripensarci. Bello ricordare l’intensità dei rapporti quando si è ragazzi e ogni cosa ha una valenza così forte di emozioni da togliere il fiato.

Una vita fa. Non è un tempo a cui vorrei tornare, ma è un tempo che non lascerà mai il mio cuore.

Qual è quello che invece non ha mai lasciato il vostro?

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Un paese in ginocchio

Non c’è giorno che non si legga sui giornali della disperazione del pensionato o del piccolo artigiano o dell’uomo della strada, per la situazione economica di un paese che sta offrendo come unica via d’uscita il suicidio. Possibile mai? Non siamo più in grado di credere in niente e nessuno, e niente e nessuno è in grado di farci cambiare atteggiamento, dunque ecco che la lista delle persone che si tolgono la vita si allunga spaventosamente, mentre i nostri politici dichiarano “non c’è alcun allarme suicidi”. E così leggiamo anche di operai che occupano le banche per protesta, di un disoccupato che tenta una rapina alle poste tenendo in ostaggio 15 persone e poi, le stesse, organizzano una colletta per aiutarlo! Anziane signore che rubano al supermercato perché la pensione non basta per sfamarle, un giovane senza lavoro che accoltella uno sconosciuto per strada e poi dichiara: “Volevo finire in galera, almeno là ho un tetto e del cibo”. Non vi sembra l’inizio di uno di quei film catastrofici visti e rivisti al cinema? O magari un romanzo di Stephen King…

In un quadro così disperato, in cui da tanto tanto tempo non si vede un uomo realmente attento al bene del paese, ho notato una piccola voce, piccola rispetto alla massa ma grande in quanto a importanza. Non mi occupo di politica, e chi legge i miei articoli su GraphoMania, visita il mio sito o la mia pagina su Facebook può accorgersene da sé, ma questa voce mi ha colpita molto e darle spazio non significa per me fare politica: ascoltarla e farvela ascoltare è per me respirare una boccata d’aria fresca e condividere con voi  la dimostrazione che, forse, ancora si può sperare che persone pulite si muovano per noi una volta raggiunta una poltrona, piccola o grande essa sia.

E allora oggi voglio raccontarvi che il giovane sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, si è dimesso da consigliere regionale poche settimane prima di raggiungere il vitalizio perché contrario a questo tipo di agevolazioni. In questo modo ha ridotto il suo stipendio da 15.000 euro a 3.300. Voglio raccontarvi che questo sindaco, a soli cinque mesi dall’elezione, aveva già ridotto il numero di assessori da 13 a 10 e le auto blu per sindaco e assessori da 14 a 4. Ha rinunciato all’abbonamento gratuito allo stadio e al teatro lirico, comprandosi quest’ultimo con i suoi soldi. Nella sua giunta, in prevalenza donne.

Non solo: in una intervista pubblicata sull’Espresso si è dichiarato favorevole alle nozze gay come estensione di diritti civili, e sta già lavorando in questo senso, a favore senza ombra di dubbio di un’apertura da lui giudicata così naturale che non dovrebbe essere neppure oggetto di discussione. E voglio raccontarvi questo non da sarda quale sono, ma da cittadina di un’Italia allo sfascio. Perché questo giovane uomo ci sta dimostrando che forse,  in tutto questo buio, possiamo ancora credere che persone pulite e oneste – in politica o altrove –  ancora esistono, e meritano di essere conosciute non solo nella loro regione di appartenenza o nella loro città, ma ovunque.

Il più giovane sindaco di un capoluogo regionale, ha dunque molto da insegnare agli attempati politici di lunga e consolidata esperienza; tutto ciò è bellissimo ma è anche la rappresentazione di uno stato di cose inquietante, non trovate anche voi?

 

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