Susanna Trossero

scrittrice

Siamo tutti responsabili

Ho tanti libri da leggere, alcuni mi sono stati regalati e altri li ho trovati in quei luoghi in cui un libro viene lasciato perché altri se ne prendano cura adottandoli.

Mi capita di “raccogliere” vere e proprie perle incredibilmente belle, a volte quasi introvabili, o di lasciarmi catturare da romanzi sconosciuti, leggeri o no che importa: è l’impatto a decidere sulla nostra eventuale relazione d’amore.

Ho trovato di recente una vecchia edizione de Il Gattopardo, che mi è piaciuta molto e mi ha fatto venir voglia di rivedere anche il film!

Pensate che il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa fu pubblicato dopo la sua morte perché rifiutato dagli editori… Uno dei più grandi romanzi della letteratura mondiale, rifiutato da Einaudi e Mondadori con una lettera scritta da Elio Vittorini – che era per entrambe le case editrici il selezionatore delle opere – il quale sostenne che lo stile era un po’ “vecchiotto”, più vicino all’ottocento (siamo nel 1956). Inoltre lo giudicò schematico, affrettato, con troppe parti storiche che ne rendevano squilibrata la costruzione. Ma per capire meglio la questione del rifiuto, bisognerebbe leggerne la storia, che io ho trovato qui: Vittorini e il rifiuto del Gattopardo (altritaliani.net) ed è interessante capire ciò che vi sta dietro.

In definitiva però, chiunque ci fosse dietro la lettura del manoscritto, siamo davanti a un curioso paradosso, visto che il romanzo – pubblicato postumo da Feltrinelli – vinse anche il Premio Strega, ma Vittorini anche in quel caso definì il libro non all’altezza e disse anche che non apportava niente al tempo. Sciascia trovò coerente il rifiuto di Vittorini al romanzo che divenne un capolavoro mondiale, ricordando che quest’ultimo non poteva apprezzare un testo che non corrispondesse ai canoni della propria poetica! Dove voglio arrivare?

Beh, se ve lo state chiedendo, ve lo spiego: quando si giudica un romanzo non da lettori ma per deciderne la pubblicazione, non si può partire dai propri gusti o canoni, è scorretto. Si deve giudicare la validità indipendentemente dal resto, e la validità non è data dal genere o dai canoni preferiti ma da un’insieme di tasselli che vanno ben oltre: l’uso delle parole, la costruzione, la capacità di spingere ad andare oltre creando aspettative e coinvolgimento, il ritmo, la psicologia dei personaggi, l’emozione che suscita, la capacità di condurre il lettore nell’ambientazione e dentro la storia, nonché lo stile, che deve amalgamarsi con tutto questo.

Ciò che ne viene fuori, anche trattandosi del più grande capolavoro, non piacerà a tutti. Perché se non è corretto decidere se un’opera è pubblicabile basandosi sui canoni della propria poetica, è altrettanto vero che dopo la pubblicazione è il lettore ad avere diritto di giudicare in base alle sue preferenze. Lui sì. Perché ogni libro che nasce avrà un suo pubblico di estimatori e uno che storcerà il naso, è normale.

Di rifiuti famosi ce ne sono tanti, e approfondirò volentieri l’argomento in seguito, ma vorrei concludere questa mia riflessione ricordando che oggi, al contrario, per seguire leggi di mercato a volte si pubblicano libri di dubbio valore letterario e anche questo è triste, sebbene si sia tutti consapevoli che il libro non è più solo strumento per diffondere bellezza o cultura, ma merce da vendere. E, ricordiamolo, meno persone ameranno la lettura, meno si investirà sul talento. Siamo tutti responsabili.

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Quaderno Proibito

Innamorarsi di un libro, non poterne più fare a meno, divorare le pagine come un affamato che dopo tanto digiuno ha la fortuna di un inaspettato tozzo di pane: vi è mai capitato?

A me sì, più di una volta, anzi, innumerevoli volte: in un o scaffale della mia grande e ricca libreria, stanno in bella mostra proprio i miei amori, le mie piccole grandi droghe che nel tempo si moltiplicano e che riprendo in mano per ritrovare brani, frasi, passaggi che in me hanno lasciato il segno.

Stavolta si tratta di un libro che ho trovato per strada, accanto ai cassonetti, forse fuoriuscito da una busta, non saprei.

Data di pubblicazione 1952, Arnoldo Mondadori Editore. Titolo Quaderno proibito, di Alba de Céspedes.

“Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene. Il danno è fatto. Non so neppure che cosa m’abbia spinto ad acquistarlo, è stato un caso. Io non ho mai pensato di tenere un diario…”

Un quaderno acquistato per caso, senza una precisa ragione, e tutta la vita cambia. Perché scrivere un diario costringe a guardarsi dentro, a riflettere, a distinguere le cose priva d’importanza da quelle importanti, a osservare tutto con altri occhi scovando ciò che forse non avremmo visto…

“Io non rammento d’essere stata padrona di scegliere tra il mio bene e il mio male”, scrive la protagonista, ed è proprio affondando le mani nel suo passato e nel presente che riesce a scoprire la sua vera essenza.

Quelli della mia generazione, leggendo Quaderno proibito, potrebbero farsi male. Perché capirebbero tante cose sulla loro madre, cose che trovavano stupide, magari dettate da una morale troppo rigida, o addirittura ipocrita. Invece, in queste pagine, affiora una comprensione nuova, inaspettata, e un bisogno di chiedere scusa alle donne che hanno messo su famiglia tra gli anni ’50 e ’60. Perché hanno faticato davvero, senza poter dire a nessuno ciò che stava alla base di quella fatica: le rigide regole dell’educazione, il timore di fallire, di avere una opinione differente da quella opportuna, di non dare il giusto esempio ai figli e per questo mettere a tacere ogni desiderio d’altro.

Questo libro è un piccolo forziere che contiene infinite verità, non un romanzo. Una voce che forse non avremo mai il coraggio di far sentire alle nostre anziane madri, ma che ce le farà amare di più, insinuando il senso di colpa di chi avrebbe dovuto capire, andare oltre le apparenze e i facili giudizi.

Non lo troverete facilmente, ne è rimasta qualche copia in vendita on line a un prezzo piuttosto alto. Ma se vi capitasse di incontrarlo in una bancarella dell’usato, o abbandonato per strada così com’è capitato a me, beh sappiate che avete di fronte a voi un dono. E, dopo averlo letto, scrivetemi per raccontarmi che cosa avete provato…

Vi aspetto.

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