Susanna Trossero

scrittrice

Un paradiso per i lettori

Susanna Trossero

Che meraviglia, leggere quando finalmente tutto tace; la luce sul comodino è volutamente fioca a ricordare che fuori è notte, anche i vicini più rumorosi si sono tranquillizzati e nessuno ti reclama al telefono o via mail.

Ci siete tu e il libro. Il libro che di volta in volta ti conduce all’interno di una vita parallela in cui accadono un’infinità di cose, si incontrano persone mai viste prima, si visitano luoghi sconosciuti e si vivono situazioni inaspettate.

A guardar bene la mia libreria, non posso fingere di non notare che gli spazi sono oramai finiti, ma non sarà certo questo a fermare la mia sete di nuovi titoli!

Ognuno di noi ha il suo genere preferito e, quando si incappa nella storia giusta, il libro finisce troppo presto lasciando un piccolo vuoto. Per fortuna, c’è sempre un modo per colmarlo, quel vuoto:  i lettori sono una razza terribilmente infedele e volubile, ad ogni fine sono pronti a ricominciare, a tuffarsi in nuovi incontri letterari.

A volte però, si desidera proseguire la conoscenza del medesimo autore, attratti dal suo stile e incuriositi dalle storie che sa raccontare. A me per esempio è capitato quando ho conosciuto i libri di Moravia, quando da giovanissima ho scoperto Stephen King con la sua raccolta “A volte ritornano”… Sono rimasta fedele a Mc Grath (leggete – se ancora non l’avete fatto – i suoi Follia o Grottesco), a Koontz che adoro, a Josephine Hart o ai versi di Montale…

Quando ho letto La ragazza del treno di Paula Hawkins, ho amato l’autrice per la sua capacità di costruire un romanzo così complesso, intricato e intrigante. Ne ho fatto una bella recensione e l’ho consigliato agli amanti dei thriller o dei gialli (il confine tra i due generi era quasi inesistente). Non vedevo l’ora che venisse pubblicato un altro suo libro, così quando è apparso il nuovo Dentro l’acqua, mi ci sono tuffata anche io, in quelle acque. Tuttavia si rimane delusi anche da una prepotente infatuazione. Succede che il secondo libro non sia all’altezza del primo, che si sia voluto eccedere forse nel desiderio di superarlo. “Dentro l’acqua” mi ha affaticata non poco: quindici personaggi e troppe voci narranti sono piuttosto difficili da seguire! Resto del parere che se durante la lettura di un romanzo, devi tornare spesso sui tuoi passi per rileggere brani o riesumare il nome di qualcuno che pareva del tutto irrilevante, le cose non funzionano come dovrebbero.

E non funzionano, a mio avviso, nella raccolta di racconti che si è aggiudicata in questo 2017 il Premio Campiello Opera Prima… Ma questa è un’altra storia di cui troverete dettaglio sulle pagine di GraphoMania.

Nondimeno, le cose possono funzionare eccome! E condurci in paradiso o tra i cattivi che bruciano , trascinati da chi scrive e da chi si è guadagnato l’immortalità. Uno scrittore amato non muore mai, sappiatelo.

O forse sì, e allora viene da domandarsi: chissà se c’è un aldilà solo per gli autori di romanzi… Un girone che non sia dell’inferno, ma neppure stia in paradiso, dove secondo me si annoierebbero!

“L’unico aldilà in cui avesse mai creduto davvero era quello dell’immaginazione e – gli piaceva pensare – se è vero che uno scrittore non morirà mai veramente e continuerà a vivere nelle parole dei suoi libri, perché lo stesso destino glorioso dovrebbe essere negato a chi quei libri li ha letti, li ha amati, li ha fatti suoi?”

Il brano è tratto da Anna sta mentendo di Federico Baccomo, altro libro che vi consiglio caldamente.

E adesso vi saluto, devo raggiungere tre nuove storie da leggere:

  • Mauro Covacich – La città interiore
  • Ellen Umansky – La ragazza del dipinto
  • Michel Faber – Il petalo cremisi e il bianco

Tutto ciò in attesa di una nuova pubblicazione  di Lidia Fogarolo, altra autrice a cui restare fedeli!

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Sognando di voi

sogni

Quanti strani sogni, popolano le notti di noi tutti. C’è chi non li ricorda, c’è chi li annota per non dimenticarli, c’è chi li teme o chi li attende con curiosità, così come al cinema ci si predispone alla storia dopo averne letto il titolo a caratteri cubitali.

Che cosa sogna, alla notte, uno scrittore? Quante volte in passato me lo sono chiesta, e mi affascinò sapere che molti dei racconti di Edgar Allan Poe scaturivano dai suoi incubi. E Bram Stoker, che scrisse la storia di Dracula dopo un brutto sogno causato da una indigestione di pesce!

Ma… e se invece di trarre ispirazione dai sogni per narrare storie sulla carta, accadesse il contrario, ovvero se i protagonisti dei romanzi vivessero poi nei sogni di chi li ha creati? Avrei voluto chiederlo ai miei scrittori preferiti, avrei voluto parlarne con Moravia, con De Laclos, Mc Grath, Josephine Hart, con Sartre magari o con autori più vicini a questi tempi ma, poi, ho capito da me, dopo una notte visitata da creature che nella realtà non esistono. Una notte e poi altre, e altre ancora. E così, ad oggi, i personaggi del romanzo prendono vita nel mio quotidiano fino a divenire reali e popolare il sogno.

Come fossero amici, si muovono autonomi e non più marionette della mia fantasia: agiscono, reagiscono, parlano, pensano, e a me non resta che far parte del gruppo come spettatrice incredula e non più burattinaio, mentre le panchine di Adele si moltiplicano per far posto a tutti gli altri…

Seppure senza volto, abbracciati da una nebbia che nasconde contorni e lineamenti del viso, mantengono la stessa personalità che io ho creato per loro, ma si ribellano alla mia fantasia, superandola.

Che peccato, al mattino dopo, non ricordare il sogno…

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La noia: malessere o piacere?

La noia: malessere o piacere?

Che cos’è, la noia? Ci assale o ce la costruiamo su misura per proteggere la nostra indole pigra? A ben guardarlo, il quotidiano offre infinite possibilità di “cose da fare”, tante da far sì che un solo giorno non basti: cose da fare per noi stessi, per gli altri, faticose, leggere, importanti o sciocche, che importa? Ma non le vediamo, e ciondoliamo inclini a quel niente che ci svuota, ci strema, facendoci sprecare tempo e occasioni.

In letteratura, La nausea di Sartre racconta meravigliosamente questo stato d’animo (che nel protagonista genera appunto la nausea); lento, implacabile, impregnato di malessere, il romanzo si insinua nel lettore e nella sua giornata con pagine e pagine di niente così ben scritte da lasciare il segno. Uno modo d’essere che si respira, di cui impregnarsi e da cui lasciarsi contagiare riconoscendolo come nostro.

E che dire de La noia di Moravia? Un romanzo che di certo non mira a ingentilire la nostra vera natura di lamentosi e indolenti. “La noia è per me una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà”, dice; una dettagliata descrizione di disagi esistenziali che tutti noi ben conosciamo, schietta, nuda, che attanaglia.

Moravia, così come in altri suoi libri (avete letto La disobbedienza?), insegna il dettaglio degli stati d’animo, mai avaro di particolari. Un pensiero banale può riempire pagine e pagine senza che mai il lettore si… annoi a leggerle.

E troviamo la noia anche nel romanzo di John Varley La spiaggia d’acciaio, originale esempio di tecnica introspettiva del 1947. La storia è ambientata nel futuro, una nuova era nella quale la durata media della vita è di ben duecento anni! Vi piacerebbe? Ebbene, in quella situazione nasce un problema non da poco: quanto ci si annoia a vivere così tanto? I protagonisti, bisognosi di nuovo e stanchi di interminabili mesi e anni sempre uguali, trovano la soluzione ideale: cambiare sesso. È la protagonista del romanzo a raccontare in prima persona di tali cambiamenti che – ovviamente – influenzano la personalità, il carattere, i bisogni o i desideri e dunque portano una consistente e duratura porzione di nuovo nella vita di ogni giorno. Dapprima donna, poi uomo, poi neutro (e se volete scoprire che significa, leggete il romanzo), attraversa trasformazioni che faranno sì che la noia divenga una parola astratta.

E voi che fate, per scacciare la noia dal quotidiano?

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Elogio della brevità

Elogio della brevità

Le occupazioni quotidiane che intervengono durante le pause della lettura di un libro, ne modificano annullano o minano le impressioni. Nel racconto breve, invece, l’animo di chi legge è sotto il controllo dello scrittore. Non vi sono influssi interni o esterni derivanti da stanchezza o interruzione.

Lo ha detto Edgar Allan Poe nel 1842, parlando dell’efficacia del racconto breve e io faccio mio il suo pensiero, concordando con lui sulla bellezza del racconto. È  così che ho cominciato a scrivere, è così che ho fatto “allenamento”, ed è con i racconti che ho cominciato a pubblicare o che ho vinto concorsi letterari. Il racconto breve è un lampo, uno sfogo, un flash della fantasia, ed io adoro anche leggerne; i più grandi scrittori ne hanno pubblicato di bellissimi: Conrad, Kipling, Calvino, Moravia… Nella mia libreria non mancano neppure le raccolte di Stephen King! E che dire di Carver, maestro della narrativa breve?

Certo, il racconto richiede padronanza dei mezzi espressivi e una grande abilità di costruzione, tutto avviene in poche righe o in poche pagine, tuttavia io lo trovo una sorta di fremito, una luce improvvisa che oltrepassa la ragione e le cose seppure appartenendo ad entrambe. È sufficiente una parola, un’immagine, una frase o uno sguardo, ed ecco che il racconto si fa strada nella mente ed è pronto a riversarsi sulla carta.

Molti editori (fortunatamente non la Graphe.it)  trovano questa formula narrativa non vendibile, eppure mi appare assurda come considerazione: apparteniamo o no a un’epoca in cui pare sia di moda dire “Non ho più tempo per leggere”?

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Vi piace Moravia?

Vi piace Moravia?

Io adoro quel suo scrivere che scava, quella mano che – mentre leggi – ti prende per i capelli e ti costringe a sentire, più che a leggere…

Avete letto La noia? È forse quello che preferisco in assoluto, che occupa un posto d’onore nella mia libreria e che più volte ho sfogliato cercando i passaggi che mi erano rimasti addosso.

La noia è per me una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà.

dice, e cattura il lettore pagina dopo pagina con una dettagliata descrizione delle debolezze umane: schietta, cruda, priva di giustificazioni o di ricami che ingentiliscono, cattiva quanto lo è la verità, scomoda come può esserlo la realtà. Sono sicura che chiunque legga questo romanzo possa trovarvi qualcosa che gli appartiene, che sta annidato in qualche antro nascosto dell’intimo, qualcosa che – seppure in parte – già si conosce.

È un libro che ti possiede e ti trascina, o almeno ha posseduto e trascinato me in quegli oscuri dialoghi introspettivi che insegnano a non temere l’inferno, perché solo se lo conosci scopri che il paradiso esiste.

E che dire del suo La disobbedienza? È stato pubblicato nel 1948, e narra con grande abilità di una crisi adolescenziale, senza false ipocrisie, così com’è nello stile dell’autore. Mi colpisce proprio il modo di raccontarla, perché rende vivo il pensiero del personaggio principale. Moravia, come in molti dei suoi libri, insegna il dettaglio, non è mai avaro di particolari quando si tratta di stati d’animo: un pensiero banale può riempire pagine e pagine senza annoiare, e la totale assenza di gioia di vivere del ragazzo diviene addirittura affascinante, ammaliante…

Avete anche voi un libro preferito tra quelli di Moravia? Venite a parlarne qui da me, in questo blog-salotto dove gli amici si incontrano per far chiacchiere a qualunque ora del giorno e della notte!

Vi aspetto.

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