Susanna Trossero

scrittrice

Le pietre vive di un nuraghe

nuraghe

Onde incrociate di fieno che incantano lo sguardo, ora vanno ora vengono accarezzando l’aria o forse lasciandosi dall’aria accarezzare; ronzio di un calabrone solitario, campanacci di un gregge annoiato da quel dolce far niente pomeridiano, fruscio del vento tra gli arbusti, sassi che un tempo sono stati immensi macigni da sollevare a mani nude… Strane torri e infinite teorie che lasciano il tempo che trovano, davanti a tanta energia: quella del respiro all’aria aperta, di immensità, di natura selvaggia, di proprietà terapeutiche delle antiche pietre, del silenzio interrotto soltanto da un belare lontano.

Si rinasce, in certi luoghi… ci si ritempra, in questo muto niente campestre che tanto ha da dare a chi tanto sa ricevere.

Un albero sotto i raggi del sole,
un sasso segnato dalle intemperie,
un animale, una montagna:
tutti hanno una vita, una storia,
vivono, soffrono, affrontano i pericoli,
godono, muoiono.
Ma non sappiamo il perché.
(Herman Hesse)

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Il crepuscolo dei poeti afflitti

Il crepuscolo dei poeti afflitti

La pagina appare troppo grande, troppo vuota, e troppe sono le righe che la compongono e che la penna invano cerca di riempire, mentre la fantasia abbandona il campo. È questa, una giornata che non passa, un tempo che non scorre; perfino le nuvole faticano a lasciarsi trasportare dal vento, con i pensieri che a loro si agganciano e con loro si disperdono.

È l’ora in cui il tramonto non è più tramonto ma la notte appare ancora restia… il crepuscolo dei poeti afflitti, il momento dei baci rubati, il silenzio di uccelli e cicale.

Solo il vento resiste, provocando mareggiate tra le fronde degli alberi e producendo il fruscio che pare ruscello di montagna.

L’odore è quello della cena dei vicini; si spande nel quartiere per via delle finestre aperte, raggiungendo anche chi non vuol essere raggiunto perché preferirebbe il profumo dell’erba appena tagliata, là, nel giardino.

Ci vuol niente perché tutto si trasformi: all’improvviso ecco il calare del vento e del buio, con le nuvole si fanno minacciose e inducono a levar via i cuscini dalle terrazze; via la biancheria stesa, via le sedie in vimini, via le candele e via noi, abitanti di una serata come tante che si preparano al temporale estivo.
Quando la notte si fa decisa e inarrestabile, ci si arrende all’attesa del giorno dopo, e chissà se sarà quello della svolta, del nuovo che sorprende o del vecchio che mantiene al riparo.

Il foglio non è più bianco, vi si è trasferita la vita dopo il tramonto. Le finestre adesso sono chiuse, c’è un libro aperto abbandonato sul letto, qualcuno al piano di sopra guarda la tv.

Il sonno è di conforto solo a chi, come me, desidera ciò che già possiede.

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Che cos’è una promessa?

Che cos'è una promessa?

“Lo si può guardare, il vento, mentre impazza tra le fronde degli alberi.

Lo si può sentire, quel suono, perché dà voce a tutto ciò che sfiora, che tocca, che spintona. La finestra è lo schermo della televisione, l’immagine non muta ma si muove in un dondolio contrariato di rami e di foglie il cui colore pare polvere verde, non bello ma triste sotto la luce del mattino. Il cielo penetra laddove trova piccoli varchi, unendo colori che spesso la moda dissocia.

Qui all’interno, un silenzio ovattato a tratti interrotto dal sibilo insistente e da qualche strano uccello che canzona il mio indecifrabile stato d’animo. Fuori, i fenicotteri rosa fanno colazione nello stagno e, più in là, le impronte sulla sabbia vengono strattonate dal maestrale: ondine, piccole buche, avvallamenti. Gli stessi che il mare increspato rimanda al mio sguardo.

Il mondo scrive nomi sulla riva, li unisce a suo piacimento in un “per sempre” aleatorio. La risacca (della natura e del cuore), li divide o li cancella ogni volta, mutevole d’umore e d’intenzioni.

Cos’è in fondo una promessa? Una verità momentanea dettata da congiunture favorevoli, che raggira la stessa bocca che la pronuncia circuendo chi la ascolta. La promessa non è pegno né impegno, ma speranza che rema contro ogni coerenza in un mare di possibilità. Corroborante, ti rimette in salute; accomodante ti ripaga. Rammenda. Ricompone. Medica e riassesta.

E continua, il mondo, a scrivere nomi sulla riva impreparato ad assolvere la risacca che imperterrita scompone, deforma o trasforma.”

                 (Dal mio  Lame e affini –  Graphe.it Edizioni)

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L’abbraccio di settembre

L'abbraccio di settembre

Ed eccolo, il vento che sospinge le nuvole di fine estate. Si riconoscono senz’ombra di dubbio, perché appaiono vagamente imbronciate e mostrano un magone ancora contenuto ma promettente lacrime. La terra le aspetta, queste lacrime, dopo mesi di arsura che hanno tolto la vita alle piante del mio balcone e non solo a quelle. Mi piace l’incertezza che respiro con l’arrivo di settembre, quelle stesse folate di maestrale che odio d’estate adesso le attendo e da loro mi lascio volentieri scompigliare i capelli.

C’è un che di nostalgico e vagamente malinconico, in quel lasso di tempo che passa tra la fine delle vacanze e l’autunno che si avvicina; cambia il colore del cielo, cambia il profumo dell’aria e la casa diviene via via “tana” man mano che le giornate si accorciano. La normalità incombe, tuttavia risulta necessaria, mentre l’abbronzatura comincia a impallidire.

Mi preparo ad attuare molti progetti, in questi giorni, scrollandomi di dosso la pigrizia da troppa calura, e voi? Voi quali buoni propositi avete per questo inverno? Anche i “cattivi” sono graditi, vi aspetto con curiosità!

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