Susanna Trossero

scrittrice

Intervista a Susanna Trossero da parte del giornalista Francesco Tortora

on 8 Febbraio 2009

Carissimi amici, anche Aprilia ha ben accolto i miei libri. Il pomeriggio del 4 febbraio è stato piacevole ed ho avuto l’occasione di conoscere persone nuove, cosa questa sempre molto positiva. Prima di lasciarvi alla lettura di una parte dell’intervista (che vorrei condividere con voi) fattami dal giornalista–sociologo Francesco Tortora in occasione della presentazione, desidero ringraziare l’Assessore alla Cultura Augusto Di Lorenzo, l’Associazione Culturale Dialogo Onlus e tutti coloro che hanno permesso questo evento e quelli che verranno.

Susanna
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Viviamo tempi in cui non è il desiderio di unione quanto piuttosto il clima di odio e divisione a sembrare vincenti nell’avere il prevalere. La tua idea di Passione, Amore, Coinvolgimento, sembrano irrompere nei tuoi scritti come un vento che tutto rimette in discussione. Facendo riferimento al concetto più “classico” di Eros, il Dio che -appunto- unisce, la tua rivisitazione personale di questa idea sembra essere più vicina allo “Sturm und Drang” romantico che non al concetto greco di Eros. Vuoi parlarcene?
Se ho rivalutato, con il mio scrivere, il potere dei sentimenti e delle attrazioni, è solo perché è anche questo ciò che ci circonda, aldilà dell’odio o di istinti di certo poco nobili. Credo che l’essenza dell’uomo sia – proprio come diceva la corrente che hai citato – un insieme indefinito di emozioni. Mi piace raccontare del potere delle nostre vulnerabilità, di quelle passioni che dominano corpo e mente, che mettono in secondo piano volontà e ragione invadendo la nostra essenza. E che annullano spesso l’autodifesa con una forza distruttiva. Questo discorso vale per il libro Lame & Affini, che è un libro che “sento” particolarmente e al quale sono legata, perché da sempre affascinata dall’animo umano, dalla nostra vera natura. Ma la corrente che citi può essere vicina anche al mio Nella tana dell’orco, un libro dai toni surreali, legato all’ambiente, dove la natura è vista come il luogo in cui l’anima può esprimersi e trovare ispirazione, comprensione, e perché no, sfogo per la malinconia.

Ma per quanto riguarda il concetto di Eros, aldilà delle modifiche che ha subito da quello greco ad oggi, io ne possiedo uno mio del tutto personale, secondo il quale l’eros siamo noi, è il nostro personale e profondo modo di guardare e di sentire, è la nostra immaginazione che codifica, amplifica o rifiuta messaggi altrui. È la fantasia. È per fortuna non è strettamente legata a severi e fuorvianti canoni estetici, né a schemi superficiali.

Una tua annotazione, in quanto scrittrice e poetessa, soprattutto in quanto donna, su un momento storico così difficile per la figura femminile è certamente necessaria, non certo in termini di Sociologia o Antropologia ma cercando di carpire il tuo “inuire”, il tuo “sentire”, che ne pensi?
Per me non esistono uomini e donne, esistono le persone e ciò ancora adesso pare difficile da comprendere. Finché si farà una distinzione netta non ci sarà la vera parità e la parità di diritti migliora un paese, è civiltà, sviluppo, è rispetto dei diritti civili, politici, sociali, culturali. Al di là dei fatti di cronaca raccapriccianti, delle violenze in famiglia, che oggi non cito perché non hanno bisogno di parole ma di essere riconosciuti come orrori dalla legge e dalla società, credo sia doveroso rafforzare ogni giorno di più il ruolo delle donne nella società, ma personalmente credo anche che il destino delle donne sia in mano alle donne stesse. Loro educano ed educheranno i figli maschi all’abolizione di ruoli o preconcetti, perché è dalla culla che parte il cambiamento. Ogni donna ha una sua storia di emancipazione piccola o grande che sia, ma accade ancora che le stesse siano imprigionate da situazioni familiari o culturali e si accontentino – nel silenzio e tenendo segrete situazioni terribili – di illudersi di stare un po’ meglio delle loro nonne. In questi casi, e non sono pochi, credo nella sorellanza, nell’aiuto dato da progetti come il vostro “sportello donna” e altri simili che sono nati e stanno nascendo in ogni parte d’Italia e che sono in grado di far sentire meno sole, di infondere coraggio e fiducia.

Puoi raccontarci come si è evoluto il tuo cammino nell’ambito della letteratura? E puoi anche dare identità alle tue ascendenze letterarie se ve ne sono?
Scrivo da sempre, perché da sempre un foglio bianco mi stimola un pensiero. Per molto tempo ho tenuto tutto per me, una sorta di pudore mi ha impedito di espormi, mi pareva di sottoporre qualcosa di mio, di troppo personale perché creato da me, a severe intromissioni di estranei. La vivevo quasi come una violazione, cosa questa piuttosto frequente in chi scrive. Poi ho capito che la scrittura è anche una condivisione, qualcosa di liberatorio, di terapeutico addirittura, e ho deciso di mettermi in gioco. Posso dire che non appena ho cominciato a farlo, ho ottenuto buoni riconoscimenti e ciò, inutile negarlo, mi ha spinto a continuare. Per quanto riguarda eventuali influenze in campo letterario, devo dire che io leggo di tutto e che come tutti posso trovare qualcosa che mi affascina o che non mi piace, e ciò può variare addirittura a seconda dell’umore o del momento, ma ciò che davvero influenza e ha ispirato la mia scrittura, è il contatto con la gente. Io sono affascinata dall’animo umano, dunque anche quando invento completamente una storia, vi sono in questa cose che conosco: una sensazione, un dolore, il ricordo di una emozione provata o raccontata. E spesso attingo da ciò che altri hanno condiviso con me, che mi hanno raccontato suscitandomi qualcosa dentro che non mi ha lasciato, e che ho deciso di riportare in qualche modo sulla carta. In realtà dunque l’immaginario viene inevitabilmente condito da verità d’altri, verità intese come turbamenti, più come astrattezze che come trama della storia stessa insomma. Almeno questo avviene in me. La fantasia è un ottimo strumento e credo che prima che a scrivere si impari ad ascoltare e osservare

Cosa ritieni si possa fare in ambito scolastico per avvicinare con minore timore i giovani alla Poesia ed alla Letteratura?
La scuola dovrebbe avvicinarsi ai giovani, prima ancora di cercare di avvicinare i giovani alla lettura. Dovrebbe capire e seguire il cambiamento, e mostrargli che anche una canzone, per esempio è poesia. Dovrebbe forse avvicinarli alle contestazioni degli scrittori di altri tempi, prima di imporgli la lettura di un brano che a loro risulta antiquato. Dovrebbe organizzare incontri con gli autori contemporanei, per dare un volto a tutte quelle pagine e incuriosirli. Dovrebbe tentare di seguire, forse i loro gusti e rispettarli. Vero è la scuola può insegnare a leggere, ma non necessariamente ad amare la lettura. Io sono convinta che, prima di pretendere dalla scuola, è necessario ricordare che grandi amanti della lettura e del racconto erano i nostri figli, quando alla sera, ascoltando favole e storie, chiedevano ancora e ancora. Assetati che di colpo, giunti alle elementari non hanno perduto il piacere della lettura, ma lo hanno smarrito. Si può recuperare se in famiglia si smette di pensare “bene, ora è un lettore autonomo, farà da solo” non appena gli si aprono le porte delle scuole elementari. Perché è così che dimenticano cos’ha da offrire un libro, diviene un obbligo scolastico, non più una storia da sentire. Il gusto di parlare di un libro, di discuterne insieme, di coinvolgerlo comunque, di far respirare il profumo dei libri e delle storie in casa, farà si che non si debba temere nulla dalle immagini, dalla tv. Perché il piacere della lettura alimenta la lettura, e non si smetterebbe mai. E non si deve escludere nulla: fumetti, romanzi, racconti brevi, giornali… purché si continui a leggere e a parlare di ciò che si legge.

Non è forse vero che spesso, ciò che di più bello abbiamo letto lo dobbiamo ad una persona cara, ed è ad una persona cara che lo racconteremo?

Che importanza ha per te il linguaggio onirico per decifrare i sentimenti umani e interpretare la più cruda e semplice verità? Beh, i sogni sono lo specchio dell’inconscio, parlano di noi e dei nostri desideri più veri, privi di maschere o difese, quelli che spesso la ragione mette a tacere. Dunque il sogno è la parte più libera e nasce dal desiderio e non dalla ragione, è un messaggio di noi stessi a noi stessi (anche se a volte bizzarro e indecifrabile), ma è forse il linguaggio più sincero che possediamo e che dovremmo ascoltare più spesso. E, a proposito di sogni, il motto della casa editrice Graphe.it è proprio una frase di Schopenahuer: “La vita e i sogni sono fogli dello stesso libro. Leggerli in ordine è vivere. Sfogliarli a caso è sognare”.

Ritieni la parola scritta, sia essa Poesia sia essa Prosa sia essa in varia altra forma, una strada per sperare in un Mondo migliore e più vivibile?
Assolutamente sì. La lettura non è solo evasione o piacere, la lettura è strumento per comprendere, per esercitare il nostro spirito critico, per sviluppare la fantasia. Apre la mente, fa scoprire la diversità e con questa fornisce strumenti per scegliere, è conoscenza, è porsi domande, è cercare risposte. Può contribuire a renderci migliori aprendo la nostra mente, dunque può indurci a sperare che migliorando noi stessi potrà migliorare anche il mondo.


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