Susanna Trossero

scrittrice

Quando la terra ha fame

on 24 Agosto 2016

Terremoto

Da tempo, mi domandavo che cosa scrivere per far resuscitare questo mio blog trascurato. Quale sarebbe stata l’ispirazione, o l’idea, o la riflessione che ne avrebbero interrotto il silenzio cominciato con la bella stagione. Ma mai avrei immaginato di dover parlare ancora della terra che trema. Né mai lo avrei voluto.

Sì, ha tremato la terra, e non è la prima volta che purtroppo la sento come cosa viva, che respira, trema e inghiotte, risputa e ancora inghiotte. Che non si ferma. Vibrazione interminabile, cupa come quel vago suono ovattato sotto i piedi. Vertigine, batticuore, e più tardi ancora e ancora, fino all’alba. Gli uccelli notturni che tacciono, un poco di vento, le voci degli abitanti del quartiere che scendono in strada. Io no. Ho paura di accendere la televisione, mi vesto, guardo le stelle tremolanti, le finestre accese dall’inquietudine nel cuore della notte. È viva, la terra. Sono certa che anche questa volta, ha inghiottito qualcuno. Ricordo una notte bolognese e la fuga, ma anche ciò che successe ad altri all’Aquila e più indietro nel tempo, in tanti paesi. Le vacanze siciliane di una cara amica che passò la notte per strada, mentre tutto pareva volesse crollare. Un’altra mia amica che tanto tempo passò in una tendopoli con i suoi figli, dopo il terremoto del modenese.

E così la accendo, la televisione. La provincia di Rieti, frazioni cancellate, Amatrice, Accumoli, Arcuata. Nomi che non conosco, poi Norcia, Castelluccio di Norcia e mi torna in mente la foto dei fiori, la magia di quel luogo visitato poche settimane fa. Un messaggio sul telefonino, da Perugia. Anche là tutto trema.

In tv immagini di perdita: la casa, per i più fortunati, e molto di più per chi scava sperando di sentire ancora una voce.

Io non ho parole, i giornalisti ne hanno fin troppe. E fin troppe, anche questa volta ne hanno quelli a cui piace dire: non sarete soli. Politici e chi per loro. Io sono stata a L’Aquila, due anni dopo il terremoto. Anche a loro avevano detto “non siete soli”, e guardate due anni dopo che cosa ho trovato, che cosa ho scritto e fotografato…

Ho anche notato, in tv, il numero di conto corrente necessario a chi vuole donare un aiuto. Anche questo è già successo e fu uno scandalo: i soldi raccolti non arrivarono mai a destinazione. Non è un punto di vista, ecco i fatti qui ben raccontati.

Sono triste per ciò che è accaduto e per ciò che aspetta tutti coloro che in questo momento si tengono la testa tra le mani, hanno le narici piene di polvere, nelle orecchie il rumore dei crolli.

E allora preferisco pensare con ammirazione a tutti quelli che sono corsi là a dare una mano, a scavare, ad abbracciare, a confortare. E a chi sta rispondendo all’emergenza sangue. Il resto non è niente: parole, promesse, show televisivo.

A volte, il silenzio può molto di più di una promessa.


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