La pagina appare troppo grande, troppo vuota, e troppe sono le righe che la compongono e che la penna invano cerca di riempire, mentre la fantasia abbandona il campo. È questa, una giornata che non passa, un tempo che non scorre; perfino le nuvole faticano a lasciarsi trasportare dal vento, con i pensieri che a loro si agganciano e con loro si disperdono.
È l’ora in cui il tramonto non è più tramonto ma la notte appare ancora restia… il crepuscolo dei poeti afflitti, il momento dei baci rubati, il silenzio di uccelli e cicale.
Solo il vento resiste, provocando mareggiate tra le fronde degli alberi e producendo il fruscio che pare ruscello di montagna.
L’odore è quello della cena dei vicini; si spande nel quartiere per via delle finestre aperte, raggiungendo anche chi non vuol essere raggiunto perché preferirebbe il profumo dell’erba appena tagliata, là, nel giardino.
Ci vuol niente perché tutto si trasformi: all’improvviso ecco il calare del vento e del buio, con le nuvole si fanno minacciose e inducono a levar via i cuscini dalle terrazze; via la biancheria stesa, via le sedie in vimini, via le candele e via noi, abitanti di una serata come tante che si preparano al temporale estivo.
Quando la notte si fa decisa e inarrestabile, ci si arrende all’attesa del giorno dopo, e chissà se sarà quello della svolta, del nuovo che sorprende o del vecchio che mantiene al riparo.
Il foglio non è più bianco, vi si è trasferita la vita dopo il tramonto. Le finestre adesso sono chiuse, c’è un libro aperto abbandonato sul letto, qualcuno al piano di sopra guarda la tv.
Il sonno è di conforto solo a chi, come me, desidera ciò che già possiede.