Susanna Trossero

scrittrice

Soffrire per amore

Un certo sorriso

Giorni fa, per strada, ho incontrato un libro abbandonato al suo destino: Un certo sorriso di Françoise Sagan, edizione I Garzanti del 1966.

L’autrice mi è sempre piaciuta, me la fece conoscere una cara amica prestandomi Bonjour tristesse e Le piace Brahms?, nel tempo dei banchi di scuola, e anche stavolta ho letto il romanzo tutto d’un fiato!

Sulla copertina c’è scritto che si tratta di un sommesso e patetico racconto d’amore, e mi sono domandata quanti di noi ne abbiano provato uno…

Sommesso: il vocabolario dice “che mostra debolezza, umiltà, sottomissione”, ma è su “patetico”, che mi sono soffermata.

“La notte, la testa tra le braccia, schiacciavo il corpo contro il letto, come se il mio amore per Luc fosse stato una bestia calda e mortale che avrei potuto così, con ribellione, schiacciare tra la pelle e il lenzuolo. E poi la lotta incominciava. Il mio ricordo, l’immaginazione, divenivano due avversari feroci. Ciò che era stato, ciò che sarebbe potuto essere. E, senza respiro, quella ribellione del corpo che aveva sonno, dell’intelligenza che si disgustava”, racconta la protagonista del romanzo di Sagan.

Si dice di chi è patetico che sia piagnucoloso, imbarazzante, che mostra sentimentalismi e disperazione eccessivi, e così via.

Ma adesso, guardiamoci tutti allo specchio e neghiamo – se ne abbiamo il coraggio – di quella volta che proprio lo specchio rimandava una nostra immagine dimessa, sfatta, dagli occhi febbricitanti per il grande sconforto. Non è patetico amare, ma ci si sente patetici quando è qualcun altro a smettere di amarci. Un tradimento senza eguali.

Basta regaire, dicono le persone di buon senso”, ma sospirare e affliggersi è più facile, direi più naturale, perchè negarlo. Ve lo ricordate, quando vi è accaduto? Riuscite a rivedervi senza alcun imbarazzo?

Dovreste, perchè soffire per amore è cosa di tutti, anche dei più cinici che mai lo racconteranno ad anima viva ma che lo hanno fatto eccome!

Un medico, uno psicologo, spiegherebbero che il fatto di soffrire per amore va a risvegliare le stesse aree del cervello che si mettono in moto quando si prova un dolore fisico. Si può realmente provare un dolore localizzato simile a quello del cuore che si spezza. Insomma, il sistema nervoso centrale elabora nello stesso modo dolore fisico e psicologico. Dunque inutile vergognarsene, prima o poi passa, no?

Nel frattempo, possiamo tuffarci in dolori da romanzo, dove scrittori e scrittrici ci fanno sentire a casa, anche se meravigliosamente patetici.

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Buongiorno tristezza

Buongiorno tristezzaQuando per GraphoMania ho scritto il post su come e dove procurarsi libri a poco prezzo (vi consiglio di leggerlo), ero appena rientrata da Porta Portese, mercatino storico romano. Là, ho eletto a mio banco preferito quello di una gentile signora che vende tantissimi libri usati, ma in buono stato, a un euro soltanto. Si trova di tutto, si fanno dei veri affari, ma quest’ultima volta la scelta per me è stata dettata più dall’emotività: sono rimasta affascinata da un vecchio volumetto il cui contenuto mi ha catapultata in un’epoca lontana…

Me lo aveva prestato l’amica del cuore ai tempi delle superiori, garantendone la bellezza; avevamo gusti diversi ma quella diversità ha spesso trovato meravigliosi punti d’incontro, di quelli che restano ancorati alla memoria.

Così questo libro, che piacque alla Susanna di diciassette anni, si è ripresentato a me una vita dopo, addirittura nelle vesti della prima edizione di Longanesi del 1954: Bonjuour Tristesse, di Françoise Sagan.

Ricordo, di questo romanzo, le atmosfere indolenti e vacanziere, il sole caldo che leva energie, il dolce far niente non sempre noioso, il benessere economico dei personaggi principali… Uno stato di grazia frivolo e leggero, interrotto da improvvise e non contemplate gelosie e attrazioni che tutto trasformano e che rendono una trama avvincente.

Conflitti, si chiamano. In letteratura ma anche nella vita vera.

Lo rileggerò volentieri, questo libro che mi ha riportata indietro nel tempo ma che profuma di anni in cui ancora non esistevo, se non forse nelle intenzioni dei miei genitori, vista l’età dell’edizione che ho avuto la fortuna di trovare.

All’interno, una dedica vergata a mano, datata 1 gennaio 1955: “A Gianna con affetto, Anna”.

Chissà dove sono adesso, Gianna e Anna. Chissà se la loro amicizia ha retto durante il cammino verso il futuro. Chissà perché e come questo piccolo vecchio libro è finito sul banco di un mercatino.

Adesso è parte della mia libreria, a ricordarmi che non tutto cambia, che non tutto si perde con lo scorrere degli anni. Per esempio, la coetanea che mi propose questa lettura alle superiori è ancora l’amica del cuore, nonostante la distanza e i cambiamenti. Siamo due donne ora, e ancora parliamo di libri, ci scambiamo frasi che ci colpiscono, ci regaliamo o ci prestiamo romanzi quando in questi riconosciamo qualcosa che a una di noi due può appartenere.

Mi domando se Gianna e Anna sono o sono state questo o se il loro legame ha avuto meno fortuna del nostro, spingendole a dire in un giorno in cui l’estate torna e tradisce con i suoi ricordi:

buongiorno tristezza.

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