Susanna Trossero

scrittrice

E se la smettessimo di giudicare?

Moana Pozzi

Sono ricascata nel silenzio.

Ogni giorno un pensiero mi coglie all’improvviso, e penso che valga la pena condividerlo con altre persone, quindi mi ripropongo di postarlo qui sul mio blog e ci ricasco: il tempo passa ed io resto muta. Magari non in casa – quello mai – ma mi perdo nella realtà mentre altri si perdono nel virtuale.

Eppure oggi, proprio la rete mi ha fatto venire una gran voglia di riflettere con voi su qualcosa che mi frulla nel cervello.

Ho letto i commenti ad un post gentile, su fb. C’era una foto di Moana Pozzi e si parlava di fascino e intelligenza, non del suo lavoro di pornodiva o altro, quello neppure veniva citato (né demonizzato, né santificato). Si è scatenato un inferno: “State osannando un pessimo esempio per i vostri figli, siete solo dei pervertiti!”; “Offendete le donne scienziate o astronaute”; “Mi fate schifo, quella era una poveraccia dedita alle orge!”; “Vergogna, parlate di intelligenza ma una vera donna non potrebbe mai somigliare a lei”; “Ha girato film porno terribili” (li hai visti eh?).

Questi, i commenti meno cattivi e offensivi, gli altri non li voglio riportare, ma erano indignati e “urlati” a gran voce (sappiamo tutti che l’uso del maiuscolo è indice di toni poco amichevoli).

Perché tanto livore? Posso non condividere le scelte di qualcuno, ma se non ledono niente che mi riguardi o mi appartenga non mi interessa giudicarle o demonizzarle. Quando vedo tanta rabbia – pensate agli omofobi che aggrediscono i gay, per esempio – mi vengono dei pensieri bizzarri: forse chi la manifesta a questi livelli è disturbato dalle proprie frustrazioni? Forse fatica a tener segrete le naturali inclinazioni, o i propri desideri mai realizzati?

Magari non sono poi così tanto bizzarre, le mie conclusioni/ riflessioni: mi sono divertita a leggere una notizia di pochi giorni fa, quella sull’eurodeputato estero noto per le severissime posizioni conservatrici, per i suoi giudizi morali… Colto dalla polizia in piena orgia con 25 uomini. E allora mi domando: se tu hai queste inclinazioni naturali, perché fare la guerra a chi come te le ha ma non le nasconde? Un omofobo adesso messo alla berlina, il quale definisce il “fatto” come un infortunio. Chiede ai suoi elettori di giudicare il suo operato e le sue posizioni morali, il resto è un incidente di percorso. Ci avrebbe guadagnato in dignità se avesse chiesto scusa non ai suoi elettori ma a tutti coloro che ha giudicato e demonizzato.

Forse, anziché perdere tempo a guardare il giardino del vicino, dovremmo avere il fegato di osservare meglio il nostro: magari tutte quelle piante che consideriamo infestanti o pungenti come ortiche alle quali diamo la caccia, che nascondiamo per poter vantare il nostro pollice verde e “immacolato”, potrebbero farci felici più delle finte orchidee che teniamo vicino ai nani da giardino.

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Mi chiamo Z, e sono te

Cari viandanti di questa pagina, mi è stato chiesto di postare la lettera che state per leggere, da me ricevuta via mail pochi giorni fa ma destinata al pubblico del mio blog e a chi la userà per condividerla. Lo faccio molto volentieri, perché si tratta di una voce che reputo importante. Non solo perché mi è stato chiesto ma anche per il mio senso di giustizia, di rispetto e per piena solidarietà, la condivido con tutti voi.

Inutile dirvi che commenti irrispettosi non saranno tollerati. Invece mi preme rassicurare chi vorrà dire la sua sotto forma anonima, che potete firmarvi con qualunque nome, il mio blog chiede la mail ma sono l’unica a vederla. È una normale precauzione per evitare che persone irrintracciabili postino commenti offensivi sono sicura che comprenderete.

Una lettera

Mi chiamo… No, non importa come: sono io, soltanto io, sono tutti voi, sono mille e mille ragazze, ragazzi, uomini o donne, che vivono la stessa vita ovunque. Sono io e sono voi.

Chiamatemi Z, come l’ultima lettera dell’alfabeto che però a scuola – durante le verifiche – può diventare la prima, se si comincia dal basso.

Tutto dipende da come si guarda, in fondo. Non esistono i primi, non ci sono gli ultimi.

Questa lettera non è solo per chi sa, capisce, rispetta. A loro non devo dire nulla che già non sappiano, se non un grazie di esistere.

Ma in realtà questa lettera è per chi scrive sulle bacheche di fb ciò che più amareggia. O per chi lo dice per strada, o ancora durante una bella cena di famiglia. E ancora, più semplicemente, per chi lo pensa e agisce di conseguenza.

Che cosa? Che io sono sbagliata.

Mi chiamo Z, sono cresciuta in una famiglia normale, padre ingegnere e madre insegnante. Una sorella, un fratello. Regole, educazione, nessuna spina nel fianco, genitori uniti. Nessun trauma, strana patologia, violenza domestica, padre padrone o madre iperprotettiva, nessun cattivo esempio.

Niente, Signori e Signore. Eppure sono omosessuale.

Delusi? Scettici?

Vi leggo, vi incontro, vi ascolto, subisco. Siete quelli che cercano una spiegazione per una tale «condizione contro natura». Quelli che si difendono da una parità da me sognata ma che assurdamente temete ridimensioni la vostra. Siete quelli che cominciano sempre con «Io ho tanti amici gay, non ho niente contro queste persone purché sappiano stare al loro posto».

Siete quelli che scrivono sui social: <«Si fa in fretta: cominciate con leggere ai bambini le favole sui gay e poi si finisce con gli assistenti sociali che li vendono ai pedofili!». Sì, questa l’ho letta ieri, testuali parole, orribile associazione supportata da infiniti like.

L’altra settimana invece ho letto: «Se scoprissi che il maestro di mio figlio è gay lo ritirerei da scuola, i figli vanno protetti!». E non aggiungo né la decina di commenti a favore né tanti altri post come questi.

Io sono una persona. Una donna che ama le donne. Perchè è così importante per molti di voi? Perchè fa così paura? Perchè disagio o disgusto?

Io non faccio male a nessuno, ma tanto male sento dentro quando ascolto, o leggo, o vivo tra la gente. Basta la sala d’aspetto di un dentista, credetemi. Sono fragile, è vero, altrimenti non scriverei questa lettera e andrei avanti per la mia strada. Non tutti sono rudi, forti, soldati. Io ho i miei difetti ma sono anche mite, molto dolce dicono, pacata, una persona semplice. Facile ferirmi, lo comprendo, ma non sono l’unica. Io scrivo, altri si ammalano di depressione o si impiccano. Lo leggiamo ogni giorno. Io scrivo. Reagisco così.

Sì, io vi scrivo. Io spero che mi ascoltiate. Io desidero non essere notata per la mia diversità ma perchè amo il prossimo e non farei del male a una mosca. Non morirò per voi, io no, ma spero tanto che mi ascoltiate. Solo questo. Anche in nome di quelli che per voi stanno invece morendo.

Perché, addolorata, sto scoprendo che anche persone insospettabili, intellettualmente vivaci, culturalmente ricche, che amano riamate, che rispettano il vicino di casa e fanno volontariato, che vivono in mezzo alla gente, contribuiscono all’omofobia. Commentano, si scostano disgustate, partecipano alle crociate anti uguaglianza, rifiutano i loro stessi figli. E il rifiuto, credetemi, non necessariamente si palesa con un buttar fuori di casa qualcuno. Fa molto più male non negare un tetto e offrirlo soltanto per giudicare costantemente e sperare che «la malattia passi».

Perchè non capire che non siamo diversi? Perchè non capire che abbiamo gli stessi sogni?

Uguaglianza, nient’altro. Questo vorrei nel mio mondo ideale. Non lo pretendo, lo desidero ardentemente. Da essere umano a essere umano. É davvero troppo? Farebbe del male a qualcuno?

Lo è per te, per voi, abbracciarmi e accettarmi senza polemiche?

La vita è una, la felicità quasi un miraggio per tutti, perchè complicare le cose?

Vi auguro e mi auguro ogni bene, perché questo è un desiderio che ci accomunerà sempre e per sempre.

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