Susanna Trossero

scrittrice

Perdersi per poi ritrovarsi

Perdersi. Perdersi in qualcosa o in qualcuno, nel nulla o nel troppo.

Siamo destinati a perderci, non è vero? Anche chi muore di noia e in niente si butta a capofitto, si sta perdendo: nell’apatia. Quindi non possiamo evitarlo, a quanto pare.

Personalmente, mi perdo spesso nella lettura, dimenticando tutto il resto. Mi perdo nel pensiero che vaga a briglia sciolta durante la notte, quando il sonno tarda ad arrivare. Mi sono persa in progetti mai portati a termine, in situazioni stupide, in passioni meravigliose come la scrittura. Ogni libro scritto, ogni racconto, è stato un perdersi. Per poco o per tanto tempo,

Mi sono persa dentro un dolore, anche questo capita. Ogni giorno diventa uguale, l’isolamento rende tutti estranei mentre sei tu l’estranea perché persa in un altrove soltanto tuo.

Mi sono persa nell’allegria. Succede, soprattutto in gioventù. Perché si può essere allegri anche con la maturità, certo che sì, ma quell’allegria che ti ingoia totalmente necessita di spensieratezza, incoscienza, leggerezza. Tutte meraviglie che in gioventù abbondano, di solito.

Mi sono persa in un’idea. Idea che diventa ossessione e non lascia spazio a niente altro. O mi sono persa dentro un’emozione.

Mi sono persa dentro una mancanza, divenuta subito mutilazione.

Spesso mi perdo davanti al mare. Il mare che lenisce, avvolge, trasporta. Che incanta. Che spinge a naufragare o invita a non lasciare la riva.

Ci si perde sempre in qualcosa. In qualcosa o in qualcuno. E qualcosa si perde. Ma riflettendoci su, vorrei dire a che te leggi, che se ti senti annegare perché fai parte di coloro che vivono una perdita, ricorda che solo chi non ha avuto niente, nulla ha da perdere.

Pensa a questo: se soffri perché hai perduto qualcosa, sei tra i fortunati che possono vantare un ricordo importante, comunque sia andata a finire. E, credimi, è l’unica maniera per non perdere due volte.

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Febbraio

Che bella, questa atmosfera da primavera anticipata… Stanno fiorendo le mimose, il tepore nelle ore centrali della giornata ci fa tenere il giubbotto sotto braccio, e gli odori sono già cambiati.

Già. Gli odori. Ogni epoca della vita ne ha di suoi e quando avverto profumo di fiori nell’aria, ritorno alla giovinezza, quando si usciva a respirare a pieni polmoni l’idea che il tempo del mare si stava avvicinando.

Quando le giornate si facevano più lunghe e la temperatura più mite, provavo una strana sensazione interiore, una astratta speranza, come quando qualcuno ti fa una promessa e tu ci credi e resti in attesa che si avveri. Ecco, una bella e tiepida giornata, così mi faceva sentire.

Oggi, febbraio cominciato da poco, il sole è calato sulla stessa sensazione, riapparsa dopo tanti anni. E covo l’astratta speranza che un sogno stia per realizzarsi, sebbene non riesca a dargli forma concreta o a individuarlo nel mucchio di quelli non ancora concretizzati.

So bene che domani guarderò ancora la pioggia sui vetri, e sarà ancora freddo e buio fuori, siamo appena a febbraio, l’ho detto, ma le lacrime sulle mimose oramai fiorite non basteranno a limitare il tripudio di giallo, o il candore assoluto delle margheritine di città, che sbucano da ogni dove incantandomi.

Sono tutti doni, questi. Regali calpestati, dimenticati, che ci provano ogni anno a bussare al nostro sguardo.

Io gli aprirò, e voi?

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Se le madri fossero immortali…

Da giovani ci era impossibile pensare che anche le nostre madri lo fossero state. Immaginarle piene di sogni e progetti, magari alle prese con la prima cotta o tra gli amici, o magari pensarle a scrivere una pagina di diario, confidare un segreto a un’amica…

Ogni generazione si autoconvince di possedere in tasca ogni soluzione, di essere custode di verità assolute, di risposte ad ogni dilemma. Quanta presunzione…

Le madri diventano persone quando noi figli perdiamo l’arroganza della gioventù: in quel momento finalmente si rilassano, non devono più temere di non saperci guidare, attendere il nostro rientro per dormire finalmente in pace, oppure osservarci per capire se ci stiamo mettendo nei guai. Possono tirare un sospiro di sollievo, smettere di recitare la parte e deporre le armi della severità e delle regole a tutti i costi. Ed è proprio allora che le conosciamo davvero: in un dialogo tra adulti noi ci nascondiamo meno e loro ci ascoltano di più, senza timori. Ci si apprezza a vicenda, ci si abbraccia tra simili. Perché, che ci piaccia o no, noi alle nostre madri somigliamo davvero tanto, a volte troppo, non è vero? Le abbiamo combattute, ed ora che i ruoli si invertono e da figlie diventiamo noi le loro mamme, nasce una tenerezza nuova, mai provata in gioventù.

Cambiano tante altre cose, nel tempo… Siamo noi a domandare se hanno mangiato, se si coprono al freddo, se dormono a sufficienza. Siamo noi a spiegar loro come funzionano le cose, che cosa significa una frase, quanto tempo deve passare prima di far questo o quello.

E il loro calendario, una volta contrassegnato dai compleanni, ora è una tabella di medicinali da prendere, da non dimenticare!

Nasce una nuova forma di rispetto frammista a malinconia crescente, al timore di perderle, quelle madri che tanto criticavamo in gioventù. E se ritroviamo una loro foto, magari scattata quando avevano soltanto 15 anni, ci sembra incredibile che li abbiano avuti anche loro, tanto tempo prima di noi. E che fossero così belle!

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Non è mai troppo tardi

Non è mai troppo tardi

Il mio compleanno è appena passato e, come ogni 26 giugno, mi sono scaldata al sole delle tante manifestazioni di affetto giunte da ogni dove. Gli amici più cari e la famiglia, naturalmente, e poi telefonate, un numero incredibile di sms, e il popolo della rete che come ogni anno si fa sentire con messaggi e saluti aumentando di numero ogni volta di più!

Guardandomi indietro, ho visto errori sui quali non mi soffermo: fanno parte della vita, delle scelte giovanili, dell’inesperienza, dell’ingenuità o di valutazioni un po’ troppo approssimative. Mi sono fermata invece a riflettere su tutto ciò che rifarei, ciò che ho fatto di buono o di bello, ciò che ho avuto la fortuna di vivere e conoscere, e posso dire senza pericolo di smentita che non faccio parte di coloro che rimpiangono i vent’anni.

La mia vita, quella vera, è cominciata molto tempo dopo, quando ho realmente capito chi fossi e quali fossero i miei desideri, i sogni da realizzare. A vent’anni sei pieno di energie, di adorabile incoscienza, di forza e bellezza ancora intatte, con tutta la vita davanti e la possibilità di costruire qualunque cosa, è vero. Ma ciò che vuoi veramente, a volte lo capisci molto tempo dopo.

Non baratterei mai quella bacchetta magica che non ho saputo usare con ciò che ho conosciuto e sperimentato in età adulta, e credo che questa mancanza di grandi rimpianti per ciò che non è stato, quest’assenza di nostalgie malinconiche per ciò che invece è stato, siano il vero elisir della giovinezza che – almeno dentro la testa – non se ne va più.

Qualche giorno fa ho rivisto con piacere un film con Morgan Freeman e Jack Nicholson, “Non è mai troppo tardi”, avete presente? I protagonisti sono due uomini maturi che si incontrano per la prima volta in un letto d’ospedale. La situazione non è purtroppo delle migliori e dopo averne preso atto e superato il primo impatto con la terribile verità, stilano un elenco di cose che vorrebbero poter fare prima di arrivare al capolinea. Facendo i conti con il poco tempo rimasto, decidono di trasformare la lista appuntata su un foglio in vita vera, e là comincia la storia. Un bel film.

Solo un film?

Ebbene, mi ha messo in moto qualcosa dentro la testa.

Perché non farla, quella lista? Ovvero, non ho idea di quale data abbia il mio capolinea (per fortuna), ma forse capire quali e quante altre cose si vorrebbero realizzare nella vita prima che finisca, potrebbe facilitarne l’attuazione, no?

Che ne dite di farne una tutti, da tenere nel cassetto e rivedere ogni tanto, magari per depennare (cambiamento di intenti o realizzazione di un desiderio elencato), o per cominciare a muoversi nella direzione giusta?

Non è mai troppo tardi, era il titolo del film: non sempre può risultare veritiero, a volte è soltanto un motto frustrante, addirittura irritante per chi è sommerso di difficoltà ma… e se provassimo a crederci davvero?

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