Da giovani ci era impossibile pensare che anche le nostre madri lo fossero state. Immaginarle piene di sogni e progetti, magari alle prese con la prima cotta o tra gli amici, o magari pensarle a scrivere una pagina di diario, confidare un segreto a un’amica…
Ogni generazione si autoconvince di possedere in tasca ogni soluzione, di essere custode di verità assolute, di risposte ad ogni dilemma. Quanta presunzione…
Le madri diventano persone quando noi figli perdiamo l’arroganza della gioventù: in quel momento finalmente si rilassano, non devono più temere di non saperci guidare, attendere il nostro rientro per dormire finalmente in pace, oppure osservarci per capire se ci stiamo mettendo nei guai. Possono tirare un sospiro di sollievo, smettere di recitare la parte e deporre le armi della severità e delle regole a tutti i costi. Ed è proprio allora che le conosciamo davvero: in un dialogo tra adulti noi ci nascondiamo meno e loro ci ascoltano di più, senza timori. Ci si apprezza a vicenda, ci si abbraccia tra simili. Perché, che ci piaccia o no, noi alle nostre madri somigliamo davvero tanto, a volte troppo, non è vero? Le abbiamo combattute, ed ora che i ruoli si invertono e da figlie diventiamo noi le loro mamme, nasce una tenerezza nuova, mai provata in gioventù.
Cambiano tante altre cose, nel tempo… Siamo noi a domandare se hanno mangiato, se si coprono al freddo, se dormono a sufficienza. Siamo noi a spiegar loro come funzionano le cose, che cosa significa una frase, quanto tempo deve passare prima di far questo o quello.
E il loro calendario, una volta contrassegnato dai compleanni, ora è una tabella di medicinali da prendere, da non dimenticare!
Nasce una nuova forma di rispetto frammista a malinconia crescente, al timore di perderle, quelle madri che tanto criticavamo in gioventù. E se ritroviamo una loro foto, magari scattata quando avevano soltanto 15 anni, ci sembra incredibile che li abbiano avuti anche loro, tanto tempo prima di noi. E che fossero così belle!
Mi ritrovo tutto nelle tue parole, è quello che ho fatto, fino a quando la mia mamma mi ha lasciato, nel freddo e nella solitudine. Un freddo che non mi abbandona. Riguardo le foto di quand’era ragazza ed ho immaginato anch’io le sue speranze, i suoi amori, da uno di quelli sono nato io. Cosa per la quale mi è impossibile non esserle grato per sempre. E in ognuna delle mie lacrime ed in ognuno dei miei sorrisi, lei c’è. Ci sarà sempre
Bellissime parole, Francesco, che mostrano quanto certe radici – essendo tali – siano parte di noi per tutta la vita e oltre. Ti ringrazio per essere passato di qui e ci stringiamo tutti a te per occupare una minuscola parte di quel vuoto che senti…