Piange il mio corpo, in una notte di stelle irriverenti. Piange copiose lacrime di sudore eruttanti da pori fino a ieri ostruiti dal gelo dell’inverno. Piange il suo lamento privato e tuttavia comune a un popolo di intolleranti, mentre immonde zanzare banchettano, attratte dalla palude maleodorante in cui sono immerso.
I savi impazziscono stanotte e i pazzi affinano le loro arti, fra le quali l’autodistruzione primeggia, regina incontrastata. Ma io, povero piccolo essere umano incatalogabile, grido in un silenzio claustrofobico e senza via d’uscita.
Anche i grilli rantolano serenate non richieste e le finestre spalancate sul niente mi privano di intimità vitali, senza null’altro concedere in cambio. Un alito di vento è solo fantascienza mentre il calore delle lenzuola mi ustiona l’anima.
Ma respiro, dunque sono vivo e la vita, nella sua caducità, mi accompagna in questo girone dell’inferno dal quale mi è impossibile fuggire. Se volessi tradire il mio Dio, non avrei neppure quei miseri trenta denari necessari; per andare lontano poi, ne occorrono molti di più.
Chi ha detto mai che l’uomo non possiede alcun potere sul tempo? Situazioni a noi aliene ci corredano di occhi capaci, con un solo sguardo, di rallentare fino all’inverosimile le lancette di qualunque orologio… Ma questa strana dote va perfezionata poiché non siamo ancora in grado di gestirla al meglio: ahimè, è risaputo che allo stesso modo è la nostra gioia ad aumentarne la velocità.
Un potere innegabile, certo, tuttavia così ingannevole da far impietosire il tempo stesso. Tutt’altro che defraudato, ci osserva in silenzio sorridendo magnanimo, nella veste di un padre che osserva il suo bambino fare un uso scorretto e confuso delle posate, perdendo irrimediabilmente buona parte del contenuto del suo piatto.
Che poveri sciocchi siamo…
Una notte eterna dunque è ciò che mi attende e le ali della fantasia, tarpate da tanta canicola, non mi saranno d’aiuto.
Un miraggio inopportuno, in bella mostra dentro il frigorifero, mi disseta solo momentaneamente. Ma l’arsura è dietro l’angolo, sul cuscino, in attesa ch’io tenti di dormire.
Non trovo pace e il calvario è autoalimentato da pensieri negativi, ma come averne di diversi in situazioni così ostili?
Manca l’aria, ho paura, e se domani tutto si ripetesse come adesso? E poi dopo e dopo ancora? E se durasse dei mesi? Se fosse questa la fine del mondo profetizzata dai Maya?
Su questa domanda, non so come, tutto mi sfugge di mano e precipito in un sonno tutt’altro che ristoratore, fra creature minacciose e uomini deformi, tutti in fila per due in attesa di salire su di un’arca rattoppata alla meglio e per niente affidabile.
Non molto tempo dopo albeggia e so di essere sopravvissuto. Come tutti, del resto.
Accade ogni anno.
È arrivata la bella stagione.
(Pubblicato nel 2008 da Giulio Perrone Editore, nell’antologia “Arrivano le vacanze”)