Poche strofe, le giuste note, ritmo, parole, una manciata di niente dal ritornello orecchiabile. Un lavoretto riuscito. Pulito.
Il lavoro sporco è la mente a compierlo, in quella malevola elaborazione dovuta alla memoria: una frase scatena il ricordo, le note fanno il resto, tutto il peggio si compie.
Da luoghi oscuri ritorna una giornata di sole, il profumo della gioventù – quella vera, quella stupida, che rende immortali – i capelli pettinati dal vento, visetti come porcellane preziose, voci, risate, ore ricche di un piacevole ozio. E di canzoni. Sì, canzoni.
Inconsapevole del loro valore, le canti alla vita incurante del futuro e senza alcun passato, mentre ciò che conosci di te è soltanto la punta dell’iceberg. Ci sarà tempo per saperne di più, che adesso sia luce, assenza di peso, batticuore a tener svegli la notte, gatti in amore e sorrisi impacciati. Domani dov’è? Lontano e chissà quando arriva.
Domani è la memoria. La memoria che tradisce e ti fa tradire aiutata da acuti e rime. La vecchia canzone che calpesta il prato curato, mettendo al mondo una nuova nostalgia data da improvvise visioni d’insieme: tutto passa in fretta, lasciando scie di incompiuto alle spalle.
E allora, che le vecchie canzoni siano sepolte, abolite, punite.