Sono incappata in un minuscolo libretto intitolato “Manuale di autodistruzione”, pubblicato da Fazi Editore nel 1988 e scritto da Carlo Bordini, del quale non ho mai letto altro ma, credetemi, se il sarcasmo vi intriga, questo manuale è più che sufficiente per osannare l’autore!
Tagliente, crudele eppure così vero, è un ottima guida per imparare a… deprimersi al meglio senza sprecare troppe energie per farlo. Si ride ma… bisogna ammettere che vizi e vezzi, malesseri e “difetti” del vivere, qui sono perfettamente delineati, dunque c’è poco da ridere!
Vi regalo un brano tratto dal volumetto, dal titolo “Alcune considerazioni sull’umiltà”:
Quello che vogliamo mettere in rilievo a questo punto sono i rischi insiti nel concetto corrente di umiltà.
Quello che vogliamo consigliarvi è di cercare di non sentirvi utili, o , almeno, di non provare soddisfazione per la vostra decadenza. Ricordate che l’umiltà è un sentimento occidentale e che quindi, anche nelle sue espressioni più pure, non può essere mai disgiunto da altri sottosentimenti, quali la vergogna, il rancore, e la sensazione imprescindibile del proprio fallimento. Non considerate mai , quindi, il raggiungimento dell’umiltà come una vittoria, ma piuttosto come una denuncia determinata dalla vostra incapacità. Così come nei dolci si mette sempre anche un po’ di sale, l’umiltà non può infatti essere disgiunta dal rancore; danno inevitabile, male minore, per evitare che l’umiltà stessa si trasformi in un sentimento di vittoria. Il rancore, infatti, come una medicina omeopatica, assunto e vissuto in piccole dosi, evita che dall’umiltà si passi, con un paradossale rovesciamento, allo stadio della paranoia devastante.
E così conclude:
Vi consigliamo di accettarla dunque, e di convivere con essa, se siete veramente ansiosi di vivere un’esistenza squallida e fallimentare.
Incredibile, non è vero? Non per uno il cui motto è “C’è una grande voluttà nel distruggersi”.