In quanti luoghi ho vissuto, quante chiavi di casa diverse e quante vie da percorrere per aprire il portone e raggiungere la “tana” del momento. Traslochi, scatole in cui riporre le cose di una vita, i tanti libri o le fotografie di chi mi era più caro, gli oggetti necessari a rendere familiare qualunque stanza mi accogliesse, e le lettere da rileggere o la classica piantina sempreverde che ti segue ovunque. Quanti sconosciuti lidi in cui spiaggiare, quante porte chiuse per sempre alle mie spalle e quante altre spalancate su nuovi progetti…
Eppure, a ripensarci oggi, mi rendo conto che in ognuno di questi luoghi e di queste nuove vite o quotidiani da reinventare, tra marciapiedi sconosciuti o volti da scoprire, c’è sempre stato un profumo di buono ad accogliermi per la via. Ora sotto le finestre di casa, ora accanto al luogo in cui lavoravo, un fornaio era sempre presente e con lui quell’aria familiare che impregnava e riscaldava il cuore del quartiere che lo ospitava.
Per esempio ti ricordo, Gallura. Sconosciuta mi muovevo in lunghe giornate di lavoro, con la biancheria stesa al sole che per le strade sventolava come bandiera e la via di casa odorosa di pane appena sfornato. Ricordo che spesso rientravo mentre i panettieri tiravano su le saracinesche per cominciare a infornare pane e dolci, e quegli effluvi accompagnavano il mio sonno cullandolo.
E mi ricordo le domeniche passate ad osservare il mare d’inverno, sognando di andare in un altrove più lontano di così.
C’è sempre un luogo da cui provieni e uno in cui vai, e i luoghi del passato spesso sono autunno, tutti, indistintamente, perché forse non vi torneresti più ma qualcuno di essi a volte plana sul cuore con le sue piccole foglie arrugginite. Luoghi in cui, il pane, c’è sempre. La michetta dell’infanzia vissuta nel Sulcis, che papà accompagnava con la mortadella appena affettata, o quel pane scuro scuro da condividere con i nonni nei giorni di festa passati nel Sarrabus. Le baguette delle vacanze all’estero, il pane azzimo della Malesia o quello americano preparato con il mais… Le ciriole romane, quelle ben cotte, così croccanti che non smetteresti mai di mangiarne, o il pane Carasau degli antipasti con gli amici, ad accompagnare parole e olive amare condite con il finocchietto selvatico.
Non c’è un tempo, un luogo o un paese che non siano accompagnati dal pane…
“Attende la terra le mie lacrime, perché son le sole a illuminare il cielo di poesia, mentre il forno cuoce il pane che profumerà la vita e aprirà ombrelli di sorrisi.” (Bramante)