Susanna Trossero

scrittrice

Scrivimi una lettera

Come scrivere una lettera

Più volte ho raccontato di che cosa abbia significato – e significhi – per me scrivere una lettera. Ho sempre amato leggere e scrivere, e ho cominciato a fare entrambe le cose da bambina grazie a mio padre, il quale mi ha insegnato il piacere delle storie leggendomi libri quando ancora io non ero capace di farlo da sola.

Non saprei dire se in me sia nato prima l’amore per la scrittura o quello per la lettura: ricordo entrambe le cose come un percorso unico e indissolubile, qualcosa che con me ha camminato dal momento in cui ho imparato a comprendere ogni lettera dell’alfabeto!

Pensieri, un diario, e… le lettere. Una passione mai perduta per strada, un modo per raccontare e raccontarmi, per esternare, per restare accanto a chi è lontano o per parlare a cuore aperto a chi mi è vicino. Ho cominciato presto e non ho mai smesso, conscia del fatto che scrivere è il modo migliore per parlare senza essere interrotti. Non solo: quando si è preda di una emozione, positiva o negativa che sia, ne veniamo traditi a tal punto da non riuscire a esternare tutto ciò che vorremmo. Quante volte vi è capitato di dire a voi stessi: avrei dovuto dire di più oppure non trovavo le parole, consapevoli del fatto che un’occasione come quella passata non si ripresenterà più…

Con una lettera si risolve una situazione, si chiude una porta definitivamente o se ne spalanca una su un futuro desiderato, si supera una difficoltà o si regala la parte più profonda di noi, si rivelano sentimenti o si fa pace con qualcuno riuscendo a chiedere scusa.

E, se si tratta di lettere d’amore, non sentitevi antiquati o sciocchi, fate vostra la considerazione del grande Fernando Pessoa: “Non sarebbero lettere d’amore se non fossero ridicole. Le lettere d’amore, se c’è l’amore, devono essere ridicole!”

Non siete capaci di mettere nero su bianco ciò che avete dentro, ma vorreste tanto farlo? Provate a visitare la pagina facebook Come scrivere un libro, una lettera, o questo sito e scoprirete che c’è chi può farlo per voi. Troverete informazioni utili sull’argomento ma anche su altri legati comunque allo scrivere meglio, per se stessi o per gli altri.

Nel frattempo, vi lascio con una frase di Cathleen Schine che considero bellissima:

Una lettera, nel momento in cui la infili nella busta, cambia completamente. Finisce di essere mia, diventa tua. Quello che volevo dire io è sparito. Resta solo quello che capisci tu.

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Noi siamo ciò che rileggiamo

Si dice che non è ciò che leggiamo a raccontare almeno in parte chi siamo, bensì ciò che rileggiamo, e credo sia vero… Voi avete un libro che riaprite volentieri di tanto in tanto? Io, per esempio, considero un testo da consultare la raccolta di riflessioni di Pessoa intitolata “Il libro dell’inquietudine”. Pensieri privi di un filo conduttore, a volte fin troppo cinici altre pessimisti, ma spesso impregnati di poesia pura o rivelatori di grandi verità, che tengo sul comodino e mi accompagnano in serate particolari, quando sento dentro una gran voglia di scrivere, una volontà di creare ancora astratta che necessita della giusta spinta: ecco, Pessoa è questa spinta, lo è spesso, perché mi avvolge con le sue introspezioni lasciando emergere dal nulla le mie, e allora basta una frase, una pagina aperta per caso, l’evocazione di qualcosa che mi sonnecchiava dentro, ed eccola l’idea!

“Ci udiamo, ma ognuno ascolta la voce che è dentro di sé.”

Mi capita, seppure più raramente, di riprendere in mano anche “La nausea” di Sartre. Un libro certamente pesante, lento, da centellinare perché solo prendendolo a piccole dosi si è in grado di apprezzarne quella vena malinconica, il “difetto d’essere”, che è poi ciò che genera la nausea.

“Se soltanto potessi smettere di pensare… se solo potessi trattenermi… ma anche pensare di non voler pensare è un pensiero. Il mio pensiero sono io, ecco perché non posso fermarmi, e il pensiero da me alimentato si ingrossa e rinnova la mia esistenza. Mi costringe ad esistere.”

È un romanzo per la maggior parte descrittivo, un diario che elenca ciò che accade nel quotidiano anche quando – in verità – non accade niente, ma Sartre è in grado di raccontare l’odore dell’aria, il colore di un pensiero, di mostrarlo come fosse una fotografia. Pagine e pagine impregnate di malessere, ma anche questo è un libro che insegna a scrivere, di tutto e su tutto. E a esistere.

L’esistenza si nasconde. Non la si tocca.

Studiava e ritraeva se stesso per poter osservare le differenze che il tempo, gli anni, gli lasciavano addosso; spiava il suo volto cambiare, impoverirsi o arricchirsi a seconda del suo stato d’animo, del suo vissuto, dei tormenti, delle ossessioni, dei desideri e delle pene, e sosteneva che “l’uomo è condannato a essere libero, e ciò non può che generare un senso d’angoscia.” Pensate che questo grande della letteratura, nel 1964 rifiutò il premio Nobel!

Quale incredibile fonte d’ispirazione sono, i libri, quale grande e completo universo in cui muoversi mai sazi a cercare qualcosa che ci appartiene…

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