Susanna Trossero

scrittrice

Il primo ricordo impresso nella memoria

Il primo ricordo impresso nella memoria

Il primo ricordo impresso nella memoria, è di me seduta sul pavimento di una stanza vuota; né mobili, né scatole, né sedie. I perché, i come e i quando, mi sono giunti dopo, negli anni, quando ho chiesto spiegazioni a queste immagini senza parole ancorate alla mia infanzia: il trasloco è già stato fatto, mia madre guarda fuori dalla finestra dandomi le spalle, in attesa di scorgere la proprietaria di casa che venga a riprendersi le chiavi.

La luce, in questo fotogramma, ha un che di estivo, ma non potrei giurarlo.

C’è un quadro, solo un quadro, per terra accanto a me. Io lo rammento di grosse dimensioni, ma di certo perché sono io quella piccola, e ciò modifica la realtà degli oggetti. Lo tocco, lo guardo, è un ritratto, forse una Madonna ma non potrei giurarlo. Non so perché verrà lasciato là al suo destino, nessuno me lo ha mai saputo spiegare, però sono sicura che non ci ha mai seguiti nella nuova casa, quella che mi ha vista crescere.
Anche gli oggetti, muoiono…

Credo di essere nata quel giorno, sebbene oggi io sappia che avevo appena compiuto due anni. Non sei al mondo se niente puoi imprimere nella memoria; non esisti se non hai traccia di te, di chi eri, di cosa provavi. O di cosa hai fatto.

Galleggi in un limbo fatto di necessità elementari: nutrirsi, dormire, ripararsi dal caldo o dal freddo. Neppure hai idea di chi sarai, seppur esistendo.

Riflettendo su questo mio primo ricordo e sui due anni dei quali niente mi è rimasto, mi domando che cosa si provi a perdere la memoria. È come un ricominciare? È avere una nuova possibilità, un rinascere, o è soltanto terribile mutilazione? È vivere più vite, o è afflizione perché troppo si è perduto?

Se dovessi resettare la mia, di memoria, con la possibilità di selezionare che cosa salvare e cosa no, eliminerei alcune scelte che non hanno portato a niente, ma non tutte perché le ritengo necessarie: gli errori di valutazione spianano il terreno, insegnano a vivere.

Il resto, lo lascerei intatto. Anche il dolore per le perdite subìte, affetti che non vedrò invecchiare ma che tanto mi hanno donato. Se cancellassi la terribile sofferenza che ogni mutilazione infligge, non ricorderei l’amore provato né quello ricevuto, dunque che niente di ciò sia modificato, in quel vecchio edificio in parte trascurato che è la mia memoria. All’apparenza fatiscente, è ricco di storie, abitato da fantasmi, accarezzato dai venti del tempo.

“La memoria umana è veramente qualcosa di strano. Sfioro un braccio e trovo la voce di un’altra persona. Tocco dei volti e i loro occhi si allontanano. Scopro un cielo azzurro e tutte le forme intorno si nascondono. Attraverso un ponte e non c’è nessun fiume sotto. Come sono inafferrabili taluni ricordi nel loro essere appesi a niente, forme in continuo movimento che restituiscono il niente in un niente più grande.” (Fabrizio Caramagna)

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Una nota traditrice

Una nota traditrice

Poche strofe, le giuste note, ritmo, parole, una manciata di niente dal ritornello orecchiabile. Un lavoretto riuscito. Pulito.
Il lavoro sporco è la mente a compierlo, in quella malevola elaborazione dovuta alla memoria: una frase scatena il ricordo, le note fanno il resto, tutto il peggio si compie.

Da luoghi oscuri ritorna una giornata di sole, il profumo della gioventù – quella vera, quella stupida, che rende immortali – i capelli pettinati dal vento, visetti come porcellane preziose, voci, risate, ore ricche di un piacevole ozio. E di canzoni. Sì, canzoni.

Inconsapevole del loro valore, le canti alla vita incurante del futuro e senza alcun passato, mentre ciò che conosci di te è soltanto la punta dell’iceberg. Ci sarà tempo per saperne di più, che adesso sia luce, assenza di peso, batticuore a tener svegli la notte, gatti in amore e sorrisi impacciati. Domani dov’è? Lontano e chissà quando arriva.

Domani è la memoria. La memoria che tradisce e ti fa tradire aiutata da acuti e rime. La vecchia canzone che calpesta il prato curato, mettendo al mondo una nuova nostalgia data da improvvise visioni d’insieme: tutto passa in fretta, lasciando scie di incompiuto alle spalle.

E allora, che le vecchie canzoni siano sepolte, abolite, punite.

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Buon compleanno

Compleanno Susanna Trossero

Come va veloce, la clessidra. Tutta quella sabbiolina che scivola via e porta con sé incontri, parole, vita vissuta e non vissuta, emozioni sorrisi e lacrime. Ogni minuto costruisce un ricordo, ogni granello è un respiro o un’idea e nel tempo mi evolvo o regredisco, sbaglio e forse imparo, assimilo o dimentico ma mai mi pento, mentre la sabbia va e viene. Non mi pento dunque, se non di torti commessi senza avvedermene. Delle scelte volontarie no, non mi pento. L’avrei dovuto o potuto non fanno per me, poiché non rinnego neppure gli errori. È anche di questo che sono fatta, è anche grazie a valutazioni errate che mi sono costruita e rafforzata.

Il rimpianto è per chi sa di aver perduto qualcosa ed io ho tutto con me e in me, fa parte del bagaglio intoccabile della mia anima, un bagaglio dal quale – volo dopo volo – ho lasciato andar giù solo scomode zavorre per proseguire più leggera. Vagano, a volte alcuni pensieri molesti che raccontano di sprechi, ma ciò accade quando ti sfiora il pensiero di aver condiviso un tempo troppo lungo con chi in fondo non meritava che briciole.

C’è sempre un luogo da cui provieni e uno in cui vai. E, i luoghi del passato, spesso sono autunno, tutti e indistintamente, perché belli o brutti che siano stati per te, forse non ci torneresti più. Tuttavia, a volte, planano sul cuore con le loro piccole foglie arrugginite.

Oggi, per il mio compleanno, ho preso in mano vecchie foto in bianco e nero che immortalano un momento felice in famiglia: ho respirato il profumo del mare, riconosciuto la salsedine tra i capelli di mio padre, l’ho rivisto abbracciare mia madre, ho risentito il fischio per le scale ad annunciare il suo rientro a casa, il tintinnio dei gettoni telefonici nelle sue tasche, ho avvertito sul mio viso il graffiare della sua barba perennemente in crescita, e ho provato una nostalgia intensa e dolce per la quale devo dire grazie. Soltanto un’eletta che tanto amore ha ricevuto, conserva intatto altrettanto amore in sé.

Ho già superato il mezzo secolo, sono sopravvissuta alla vita.

Buon compleanno.

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Sognando un nuovo inizio

inizio

Siete pronti a salutare l’estate e a lasciare la montagna, le capitali europee o i luoghi più lontani, e a restituire il silenzio alle spiagge? Si torna alla “normalità” con qualche buon proposito in più, desideri e progetti per una vita migliore o più a misura di ognuno di noi. Settembre, il nuovo anno, il lunedì, non servono forse a questo? A sperare in qualcosa dei nuovo, o nella scossa decisiva, o ancora nell’occasione da non perdere, in memoria di tutte quelle perdute.

Augurandovi tutto il nuovo che sognate, saluto questo nuovo inizio con un brano tratto dal mio romanzo Adele, con il quale presto riprenderemo gli incontri e le presentazioni, confidando nella vostra affettuosa presenza…

Il ricordo si annida nel ticchettio di una sveglia, tra poesie di un tascabile il cui prezzo è ancora espresso in lire, tra le rose di un plaid infeltrito così duro a morire o di una sedia che ha quasi il doppio dei miei anni… Perché il ricordo è vecchio, ma mai vecchiume, e tintinna di gettoni telefonici, di sussurri da grandi, di risate di bambini…

È crudele, il ricordo, perché ti bacia con quel bello che non torna così come invece fanno le stagioni o come chi ti ama…

Lui no, il bello andato non torna. Freme, vibra, accarezza, strattona attraverso il ricordo e ti dice “io c’ero”, mentre è estate, poi inverno, poi ancora estate e tutto è ancora bello ma non quel bello di quella volta là, quando ignaro mangiasti pane e uva con tuo padre tra chiodi e martello, e il sole rendeva ambrate le cose laggiù, molto più lontano del presente.”

Susanna Trossero – Francesco Tassiello, Adele, Graphe.it

 

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Dedali

Ciò che alberga solitario
nei corridoi infiniti
di un palazzo vociante di incontri
è forse la parte di me
che non afferro
fra ricordi di chi è
e di chi non è mai stato
o fra coloro che saranno
o che avrebbero potuto…
Io inafferrabile a me stessa
in quel palazzo maestoso ch’è solo un rammentare
son l’unica di cui
non v’è presenza vera
ma solo traccia ricorrente
in altrui reminiscenze.

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