Susanna Trossero

scrittrice

I benefici di nuovi stimoli

Quando ti senti giù, soprattutto quando subisci un cambiamento importante nella tua vita che non avevi messo in preventivo, o quando attraversi una fase di stanca, la mente necessita di qualcosa che vivacizzi il pensiero, che dia nuova linfa. Può essere il movimento fisico, una lettura che intriga, una conversazione interessante che offre spunti di riflessione, o un viaggio o ancora un corso per approfondire argomenti stimolanti. Si cercano nuove ali per non restare ancorati a terra, e tante sono le possibilità se ci apriamo ad esse, lasciandoci sorprendere e distrarre. A volte, le persone che si iscrivono ai miei corsi è questo che cercano – insieme a tanto altro – e trovo gratificante sapere che trovano ciò che li aiuta a rimettersi in piedi.

Nessun miracolo, nessuna bacchetta magica, soltanto gli effetti di nuovi stimoli per la mente, in grado di apportare benefici inaspettati. L’arte ti fa approfondire l’animo umano perché è nel cimentarsi in qualcosa, che affiora tanto di chi ci si dedica. Personalmente lo vedo negli scritti dei miei allievi – nel corso breve sull’autobiografia ho avuto occasione di toccarne con mano la profondità – e nel confronto durante le letture, confronto a cui non si sono sottratti regalando momenti avvolgenti.

Nondimeno abbiamo anche sorriso per la verve di qualcuno, o per le battute, o per le interpretazioni teatrali, perché nel nostro riunirci si verificano momenti di sana e necessaria leggerezza. In uno di questi, l’allieva Marisa Sicolo ci ha allietati con dei versi semiseri dedicati al corso, che vi regalo:

Filastrocca del corso breve

La Susanna è una maestra che ci insegna, com’è gentile,
a tracciare sulla carta storie in Dolce Novo Stile.
Sei alunni da remoto stanno in fila ad ascoltare
come scrivere una trama che lei bene sa spiegare.
La maestra infin ci sprona e ci chiede dei racconti,
ma qualcuno si ribella, e lei non ci vuole far sconti.
Gli altri invece son entusiasti,
leggon, scrivon senza contrasti.
Tre lezioni ha il corso breve, di sicuro basteranno,
fare incetta del sapere e star a posto tutto l’anno.

Grazie Marisa per i sorrisi che susciti in noi senza sforzo, e grazie a tutti coloro che di volta in volta si affidano al mio desiderio di condividere ciò che ho accumulato negli anni dedicati allo studio della scrittura e nel lavoro sul campo.

A proposito di lettura e scrittura, conoscete il blog magazine della Graphe.it? Si parla di libri, di letteratura, vi si trovano recensioni ma anche approfondimenti di natura culturale ad ampio raggio, e curiosità, biografie, appunti di grammatica in uno spazio aperto a tutte le idee. Vi assicuro che vale la pena visitarlo, potete farlo anche cliccando qui.

Vi lascio invitando gli amici e le amiche della capitale a raggiungermi il 14 febbraio in una deliziosa libreria nata da poco e facile da trovare: NF Cartolibreria, via Cocco Ortu Roma, a un passo dall’Università Pontificia Salesiana. Sarà una buona occasione per ricordarci che San Valentino è un giorno perfetto anche per chi è solo: si può parlare d’amore in compagnia, con in mano un libro-antidoto.

Vi aspettiamo

Susanna

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Divagazioni domenicali

Domenica ho visitato la Basilica di Santa Maria in Montesanto, a Roma. Si affaccia su Piazza del Popolo e la sua prima pietra fu posata nel 1662, ma solo secoli dopo attorno a questa chiesa si è creato un bellissimo rapporto di collaborazione con artisti di vario genere e soprattutto credenti e non credenti, dando spazio alla creatività e alla cultura con apertura e accoglienza. Dal 1941 si celebra ogni domenica la messa degli artisti e da tempo desideravo visitarla. Sollevando lo sguardo ho ammirato la cupola concepita da Bernini, con quel vetro ovale in cui il cielo si insinua all’interno della Basilica. Suggestioni.

Ogni angolo di Roma, ogni via, mostra la bellezza dell’arte anche in queste splendide costruzioni ma non solo: a volte è una statua che abbellisce un palazzo, altre un piccolo balcone, una fontana o un busto, e gli stessi sampietrini, quei blocchetti di leucite calpestati da chissà quanti nomi e vite e storie…

Storie… Sì, più mi guardo attorno più le sento premere in me cercando di farsi spazio, ma sono ancora confuse, non riesco ad ascoltarle, a dar loro un senso, a sceglierne una da mettere sulla carta sviluppandola e lasciandomi andare alla fantasia che da sempre mi è compagna di vita.

In periodi come questi, di affaticamento mentale e confusione d’idee e di intenti, necessito di un buon romanzo da leggere. Leggere mi apre la mente e mi spinge in quella zona irreale in cui tutto può accadere e dove si incontrano personaggi in attesa di prendere vita. Leggere, leggere il libro giusto.

Genere? Qualcosa che mi faccia venire il mal di stomaco, che mi trascini provocando smottamenti. Ne ricordo alcuni, di libri che rileggerei più e più volte, ma non è questo il tempo delle riletture: urge qualcosa di nuovo e sconosciuto per svelare in me quel qualcosa di nuovo e sconosciuto che non si sta palesando ma di cui sento la presenza.

Ecco, uscita dalla Basilica, domenica mattina, tutto ciò che mi occorreva era nell’aria: il silenzio indolente che di certo non è tipico della capitale, i colori che smorzavano tutto ammantando di grigio case e vie, il cielo che prometteva pioggia, l’odore dei gelsomini, nessun fruscio perché regnava l’immobilità senza aliti di vento. Gli uccelli stranamente silenziosi, i cani al guinzaglio non emettevano un fiato. Una insolita mattinata in centro, eppure incredibilmente invitante. Ma, nessuna storia in me. Solo una perfetta ambientazione.

E magari Bernini era là, con raspa e scalpello, a sorridere del mio blocco dello scrittore.

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Il paradiso in terra è fatto di… libri!

Forse è una condizione patologica, la mia. Forse sono davvero una feticista. Di libri!!!

Io non posso farne a meno, e non mi limito a leggerli o scriverli: me ne circondo, li tocco, li annuso, li salvo da fine certa, li regalo, li sistemo in un ordine maniacale, non posso disfarmi neppure di quelli che non apprezzo o non ho letto volentieri.

Sarà grave?

In questo periodo ho sviluppato una speranza: se il paradiso esiste, ebbene io spero sia fatto di mucchi di pagine, migliaia di libri, frasi appuntate, foglietti stropicciati pieni di parole. E titoli, copertine, scatole piene di romanzi, odore di carta… Ma ho anche scoperto che di paradisi così ne esistono anche in terra e quando ci fai quella che definisci una capatina, scopri che è impossibile andare via, allontanartene.

Uno sta al mercato coperto del Tufello, a Roma. Qualcuno di buona volontà che si chiama Monica Maggi, ha deciso di dare una seconda possibilità ai libri rifiutati, abbandonati, addirittura gettati via. O semplicemente libri che non possono trovare più uno spazio in case troppo piccole, e ancora libri il cui proprietario non è più tra noi. Raccolti, catalogati, collocati su grandi banchi all’interno del mercato, e… regalati a chi li desidera! Sì, non scherzo, basta semplicemente andar là il giovedì o sabato mattina muniti di sacche capienti e scegliere. Unica regola: lo spirito di Alice nel paese delle meraviglie, o lo stato d’animo dei golosi davanti a una pasticceria. Perché là si va solo se si è ancora capaci di provare l’emozione giusta davanti a un dono.

Ecco, ho trovato il mio personale paradiso in terra, ma mi domando se – esaurite le seconde file nella mia libreria di casa – dovrò svuotare anche gli armadi per far posto a nuovi titoli!

Monica Maggi, insieme ad alcuni volontari che le danno una mano, ha creato tutto questo: giornalista, poetessa, scrittrice, si occupa da tempo di salvare i libri destinati al macero, ma del suo progetto Pagine Viaggianti, divenuto importante non solo per tutto il territorio romano (altri sono i punti in cui potete incontrarla) ma anche per il Comitato Scientifico dell’Unesco, prometto che vi racconterò qualcosa di più prossimamente, magari attraverso le sue stesse parole.

Nel frattempo, voi che amate i libri come o più di me, sappiatelo: il paradiso in terra esiste e… non costa niente!

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Vacanze romane

Il risveglio, in queste mattine d’agosto, è sempre scandito da una routine rilassante e placida. Le auto si muovono in lontananza ripartendo all’incrocio in base ai paterni consigli dei semafori. E sono poche, finalmente, perché Roma va svuotandosi fino a diventare vivibile, quasi a misura d’uomo, ecco perché oggi pare che loro – i semafori – non impongano ma suggeriscano.

C’è un lieve manto sulla distesa di case e strade, una coltre che ricorda la nebbia sui laghi, e annuncia calura mentre i cani passeggiano al guinzaglio.

La Moschea di recente costruzione svetta a est, mentre a sud la Cupola di San Pietro si vanta della sua età che la rende superiore alla città stessa e per questo quasi magnanima.

Dall’alto, i platani sembrano cespugli e i cespugli quasi scompaiono; oggi qualcuno nascerà e altri se ne andranno, mentre vacanzieri ignari intaseranno le autostrade…

In questa calma cittadina che alla calma invita, c’è un che di rassicurante che vorrei sfruttare per sfrondare le mie ore da ogni “da farsi subito”, e riempirle di “lo farò domani”. Perché vacanza non è solo un albergo lontano da casa, ma uno stato mentale. Un liberarsi dalla quotidianità, dalla sveglia, da ritmi e incombenze, per vagare indolenti nel proprio ambiente trasformandolo in oasi di pace.

Uscire per riscoprire il piacere del silenzio al tramonto, l’afa allontanata dalla brezza serale; le cicale ancora allegre, le strade vuote.

Un aereo, il primo del mattino, porta via altre persone contribuendo alla mia ricerca di suggestioni che solo le cornacchie riempiono di voci.

Complici le varianti Covid e la pigrizia, mi godo la città inseguendo la noia, condizione attraente e sottovalutata. Ho gelati a sufficienza, buoni libri da leggere, la giusta compagnia e scarpe adatte per camminare. Per trascorrere un agosto nella capitale non necessito d’altro.

In pace con il mondo vi auguro buone vacanze, ovunque voi andiate o decidiate di restare. Ma ricordate:

“Essere in vacanza è non avere niente da fare e avere tutto il giorno per farlo”. (Robert Orben)

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Quale domani vorremmo?

Sì, mi distraggo. Sì, sono reattiva e faccio cose che mi piacciono, che mi rilassano… Leggo, scrivo, guardo un bel film, preparo una torta con il mio compagno, chiacchiero al telefono con chi è lontano, mi concentro su piccole cose. Osservo. Penso.

Sì, mi distraggo. Come tutti del resto, anche se forse con meno difficoltà di altri perché non so cosa sia la noia, e non tanto perché la evito facendo di tutto bensì perché anche a stare in silenzio a pensare non mi annoio.

Eppure è tutto così irreale…

Ci siamo dentro fino al collo, lo so bene, ma a voi non capita di ritrovarvi sul divano di casa – magari dopo una commediola leggera in tv (di quelle che distraggono, appunto) – a pensare che è impossibile? Che non sta succedendo davvero?

A me capita ancora, lo ammetto. Chiusa in casa da tempo, un tempo che non può essere quantificato perché si è fermato, non riesco a volte a capacitarmi di questa nuova realtà. Se non fosse per quei numeri orrendi – a ieri 27 marzo, in Italia 62.013 contagiati, 10.361 guariti, 8.765 morti – e per quel silenzio innaturale che racconta di una natura più viva grazie all’orrore di una pandemia per tanti, troppi, letale. Vivo a Roma. Ho visto una farfalla gialla grandissima, dei piccoli roditori si inseguivano festosi tra i rami di un albero. Le volpi, di notte si aggirano per il quartiere. E quanti e quali uccelli che non ricordo di aver mai visto prima? Sono tornati anche i pettirossi e nelle fontane romane deserte, oggi vivono anatre multicolori.

Ma è davvero questo, il prezzo da pagare per tale bellezza? Riusciremo a tornare a quel “prima” dopo tanta paura, perdite, dolore, senza imparare niente?

O, finalmente, saremo un po’ meno arroganti, ci sentiremo meno immortali, e avremo scoperto che tante – troppe cose – che ritenevamo vitali e necessarie, forse non valgono niente?

Non sento auto, clacson, frenate, accelerate, imprecazioni. Neppure il tic tac della sveglia, perché adesso della sveglia non importa poi molto.

Ma sento il bisogno, per il mio “dopo virus”, di proteggere ciò che ho scoperto e che – credetemi – non è poca cosa: esistere significa riconoscere come fondamentale tutta quella vita che attorno ci respira discreta.

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