Scoprire che il verbo partire derivi dal latino e faccia riferimento ai verbi separare, dividere, mi ha fatto riflettere molto, oggi. Navigazione, mostri, sirene, eroi, ostacoli, disperazione, coraggio: Ulisse, o meglio Odisseo, è colui che ci porta in viaggio prima di chiunque altro. Il viaggio primordiale, il viaggio per eccellenza. Il viaggio che ci spinge a conoscerci più a fondo, a reinventarci in base a ciò che ci appare, a scoprire adattabilità, curiosità, forza e coraggio.
Eppure, la sua avventura non è in realtà più un richiamo alla nostalgia di casa?
Non vuole partire, Odisseo, non vuole lasciare i suoi affetti, la sua casa, salpare non fa parte dei suoi desideri: ha una moglie, un figlio piccolo, un padre anziano. Ma continuiamo a vederlo come l’eroe combattivo, il grande viaggiatore alla scoperta dell’ignoto e pronto a superare ostacoli e pericoli.
No, Ulisse è l’eroe del ritorno. Lui resiste perché Itaca è il premio, il luogo in cui riposare e sentirsi abbracciati, accolti, amati.
Andare via per poi tornare.
Ci mettiamo in viaggio per poi raccontare ciò che abbiamo visto, vissuto, scoperto, imparato. Ed è bellissimo muoversi fisicamente per raggiungere ciò che non conosciamo ancora, io stessa ho viaggiato tanto e ancora viaggerò. Ma ricordiamo che possiamo vedere, vivere, scoprire, imparare anche sotto casa. Non ci serve andare lontano ma avere nuovi occhi, imparare a osservare. Andiamo all’altra parte del mondo con costose attrezzature ma non esistiamo davvero se non sappiamo più guardarci intorno.
Fernado Pessoa diceva “Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo ma ciò che siamo”.
Io viaggio anche mentre scrivo, perché viaggio e scrittura mi appaiono indissolubili: ogni storia contiene il viaggio dei personaggi, le loro tappe prima di arrivare alla meta – se ci arriveranno – le situazioni e gli stati d’animo che accompagnano il loro cammino, metaforico o no, e gli ostacoli, gli incontri e gli scontri. A volte possiedono una mappa, altre semplicemente lasciano la strada battuta per l’ignoto, e il loro far fagotto li obbliga a un prezzo alto, perché certi biglietti svuotano le tasche e il cuore. Altri sono un buon investimento e rivelano che l’irrequietezza è una buona compagna di viaggio. Il cambiamento sta nel viaggio stesso e può rivelarsi sollievo o sofferenza.
Spirito di osservazione, interesse per chi è diverso da noi: questo, di per sé, è già un viaggio. Conduce verso la scoperta e la conoscenza, ma anche verso la scrittura se è questo ciò che si desidera fare. Si deve essere viaggiatori dentro, per scrivere, e non semplici turisti. Il turista visita, il viaggiatore si immerge.
E voi, siete turisti o viaggiatori?