Susanna Trossero

scrittrice

Sei turista o viaggiatore?

Scoprire che il verbo partire derivi dal latino e faccia riferimento ai verbi separare, dividere, mi ha fatto riflettere molto, oggi. Navigazione, mostri, sirene, eroi, ostacoli, disperazione, coraggio: Ulisse, o meglio Odisseo, è colui che ci porta in viaggio prima di chiunque altro. Il viaggio primordiale, il viaggio per eccellenza. Il viaggio che ci spinge a conoscerci più a fondo, a reinventarci in base a ciò che ci appare, a scoprire adattabilità, curiosità, forza e coraggio.

Eppure, la sua avventura non è in realtà più un richiamo alla nostalgia di casa?

Non vuole partire, Odisseo, non vuole lasciare i suoi affetti, la sua casa, salpare non fa parte dei suoi desideri: ha una moglie, un figlio piccolo, un padre anziano. Ma continuiamo a vederlo come l’eroe combattivo, il grande viaggiatore alla scoperta dell’ignoto e pronto a superare ostacoli e pericoli.

No, Ulisse è l’eroe del ritorno. Lui resiste perché Itaca è il premio, il luogo in cui riposare e sentirsi abbracciati, accolti, amati.

Andare via per poi tornare.

Ci mettiamo in viaggio per poi raccontare ciò che abbiamo visto, vissuto, scoperto, imparato. Ed è bellissimo muoversi fisicamente per raggiungere ciò che non conosciamo ancora, io stessa ho viaggiato tanto e ancora viaggerò. Ma ricordiamo che possiamo vedere, vivere, scoprire, imparare anche sotto casa. Non ci serve andare lontano ma avere nuovi occhi, imparare a osservare. Andiamo all’altra parte del mondo con costose attrezzature ma non esistiamo davvero se non sappiamo più guardarci intorno.

Fernado Pessoa diceva “Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo ma ciò che siamo”.

Io viaggio anche mentre scrivo, perché viaggio e scrittura mi appaiono indissolubili: ogni storia contiene il viaggio dei personaggi, le loro tappe prima di arrivare alla meta – se ci arriveranno – le situazioni e gli stati d’animo che accompagnano il loro cammino, metaforico o no, e gli ostacoli, gli incontri e gli scontri. A volte possiedono una mappa, altre semplicemente lasciano la strada battuta per l’ignoto, e il loro far fagotto li obbliga a un prezzo alto, perché certi biglietti svuotano le tasche e il cuore. Altri sono un buon investimento e rivelano che l’irrequietezza è una buona compagna di viaggio. Il cambiamento sta nel viaggio stesso e può rivelarsi sollievo o sofferenza.

Spirito di osservazione, interesse per chi è diverso da noi: questo, di per sé, è già un viaggio. Conduce verso la scoperta e la conoscenza, ma anche verso la scrittura se è questo ciò che si desidera fare. Si deve essere viaggiatori dentro, per scrivere, e non semplici turisti. Il turista visita, il viaggiatore si immerge.

E voi, siete turisti o viaggiatori?

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Un libro, questo sconosciuto…

Scopri di più su come si fa un libro grazie a un'iniziativa lanciata dalla Graphe.it edizioni: una serie di video che raccontano i vari aspetti del mondo editoriale.

Vi siete mai domandati che cosa c’è dietro un libro? Quanti ci lavorano o come ci lavorano, al di là di chi lo ha scritto? In quali gineprai si deve destreggiare l’editore, che cosa accade dopo la scelta adatta per una collana (e come “funzionano” le collane), in quale modo si interviene nel testo, e poi la scelta della copertina, la tipografia, il lieto evento rappresentato dalla pubblicazione e così via?

Ebbene, se vi interessano il punto di vista e l’esperienza di quella mia seconda famiglia che è la Graphe.it, vi suggerisco di guardare questi video a tema: rappresentano le prime tre tappe di un affascinante viaggio nel mondo del libro, viaggio che prosegue il martedì affrontando ogni dettaglio sul tema.

Al momento sono in rete una breve introduzione al “viaggio”.

Di seguito eccovi la prima sosta per sgranchire un po’ le gambe e chiacchierare con gli editori.

La seconda tappa ci spiegherà cosa è una collana – ossatura del catalogo di una casa editrice – e come lavora chi la dirige.

Nella terza, incontrerete anche il mio punto di vista su un argomento che mi sta a cuore: tre domande e tre risposte grazie alle quali potrete scoprire come si interviene su un testo e come vengono affrontati eventuali problemi legati ad esso: funziona? Non funziona? Può migliorare? E come?

Per le altre tappe del viaggio, dovrete attendere il martedì sera (oppure su Facebook, se preferite)…

Quale è la meta? Chissà, forse una vostra pubblicazione, o la possibilità di comprendere meglio come raggiungerla. Vi aspettiamo numerosi, sia che vi piaccia leggere sia che siate appassionati di scrittura. Perché, per entrambe le due possibilità, direi possa valere la frase di Fabrizio Caramagna che dice:

Quando finisci un libro e lo chiudi, dentro c’è una pagina in più. La tua.

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Ogni prima volta

E dunque è nato!

Non ridete, non prendetemi in giro pensando a me come a una sciocca: la prima volta che prendo in mano una mia nuova pubblicazione, che guardo una copertina che porta il mio nome – chi scrive sa quanto io dica il vero – mi sento davanti a un nuovo nato! Andrà subitissimo per la sua strada dimentico di me, questo è vero, ma è frutto di una mia gestazione e sul finire del tempo in cui è stato solo mio verrà aiutato da mani esperte ad essere migliore, a vestire qualcosa che lo rappresenti (una copertina spesso è un biglietto da visita per i sensi).

Ci si sente gratificati, quando una storia che viveva dentro di noi comincia il suo viaggio. E gratificati ci si sente quando qualcuno crede in noi e su di noi investe ancora una volta.

“Un altro Natale”, della Graphe.it, è la nuova strenna natalizia della collana “Natale ieri e oggi”: accanto a un autore d’altri tempi – quest’anno vi presentiamo Ferdinando Paolieri – ve n’è sempre uno contemporaneo, e stavolta sono io con il racconto “Tutti gli Alfredo del mondo”. Una storia vera, che mi appartiene e che vorrei tanto raggiungesse quella parte più vulnerabile, intima e accogliente che ognuno di voi possiede e custodisce. Sì, nella nuova pubblicazione che offro ai lettori non c’è fantasia, nulla di inventato: vi regalo una storia d’amore, sentimenti reali, e spero apprezzerete la motivazione che mi ha spinta a farlo… la comprenderete soltanto all’ultima pagina.

Sto diventando – “finalmente”, direte voi! – tecnologica, dunque in occasione dell’uscita del libro “Un altro Natale” ho partecipato alla mia prima presentazione on line, che potete vedere e ascoltare cliccando qui

Nel frattempo ringrazio chi già mi sta scrivendo per dirmi che a soli 3 giorni dalla pubblicazione ha letto e recepito il mio messaggio contenuto nel libro: c’è chi lo ha fatto in aeroporto e mi ha sgridata perché si è commossa, c’è chi mi ha ringraziata per aver compreso il suo stesso pensiero, c’è chi mi ha detto che grazie alle mie parole ha guardato qualcuno con occhi nuovi. Ma sono io a voler ringraziare tutti voi che ancora mi seguite, e chi sta cominciando adesso a leggere qualcosa di mio o ancora chi forse lo farà: è grazie a ogni singolo lettore che la mia passione per la scrittura resta sempre viva nel tempo!

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Lasciarsi per amore

Proseguono le testimonianze sul mal d’amore: sentite, dolorose, sbiadite o ancora vibranti. Ad ognuna regalo un tramonto che in sé contiene sempre la bellezza ma anche l’ineluttabilità di una fine… Se volete inviarmi le vostre brevi storie, anche in forma anonima ma precisando che mi autorizzate a pubblicarle su questo blog, fatelo all’indirizzo maldamore_2021@virgilio.it.

Oggi è Gabriella a raccontare e raccontarsi:

E poi c’è chi ti lascia perché ti ama.

Difficile da accettare mentre accade, perché in fondo è pura contraddizione no? Ma a distanza di anni, con il sopraggiungere della maturità, ci si arriva. Non di colpo, non tutt’insieme: passo passo, ingoiando il magone, aggiungendo tasselli, imparando a ragionare con la testa di un altro – soprattutto se quell’altro è stato parte di te.

Se non mi avesse lasciata avrei sofferto più a lungo, ora lo so e lui già lo sapeva prima di me quando smise di chiamarmi, di darmi il buongiorno, di sognare con me il prossimo appuntamento. Ne presi atto alla stazione, mentre aspettavo un treno e guardavo il telefono muto. Il cielo era sbiadito, l’aria fredda e umida, la gente andava al lavoro, aprivano i negozi, ma a quell’ora del mattino – fateci caso – nessuno è mai felice.

Mi sono sentita sola in una realtà di gente in movimento, sola in un modo dilaniante.

E mentre soffrivo pensavo “vigliacco”, e mentre piangevo dicevo “ipocrita”, ma tanto non ci credevo che lo fosse, né l’una né l’altra cosa. Sapevo anche io che eravamo due persone avvicinatesi troppo nel momento sbagliato, come dita sulla fiamma ci saremmo bruciate entrambe, e non ci sarebbe stato per noi un tempo giusto.

I perché e i percome non servono a molto, non voglio giustificare niente, tantomeno lui. Semplicemente io so che è così ma ci ho messo una vita ad accettarlo, credetemi, e allora non ho più voglia di spiegare nel dettaglio.

Vorrei solo sapeste che a volte si viene davvero lasciati per amore, per renderci liberi da una storia nata male, che male potrebbe arrecare a noi ma anche ad altri.

E questo interrompere un viaggio a due quando ancora la meta è lontana e tutto appare bello, fa sì male ma congela l’attimo come fotografia: il bello resterà per sempre vivo, il ricordo intatto. Ecco dove tu, carissimo, hai sbagliato: libera davvero dalla nostra storia nata male, non lo sarò mai del tutto perché hai fatto sì che finisse quando era ancora troppo emozionante viverla.

Gabriella

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In viaggio

in viaggio

Quante città perdiamo, alla ricerca del sogno giusto?

Quante vie dimentichiamo, per abbracciarne di nuove inseguendo il miraggio dell’oasi perfetta? Quella in cui non manchi l’acqua di sorgente, l’ombra della palma promessa da ogni cartolina che si rispetti, tepore, e la brezza leggera che mai si fa vento…

Metafore, sogno di una vita migliore, di un luogo che abbracci e che abbatta gli ostacoli, spaventandoli.

Valige da riempire e da svuotare, stanze da lasciare o abitare, un libro su ogni comodino: è questo, il vivere di ognuno? No, non lo è. Nella vita di tutti c’è il sogno di un luogo e non mille, una storia composta di storie, gioie da non perdere, insoddisfazioni da metabolizzare, vicoli e case da amare, oggetti e ricordi disseminati per le stanze, riti quotidiani.

Ma il viaggio, l’attesa, il cambiamento, lo sguardo rivolto a un finestrino, è fascino ammaliante… Ha mostrato a me ciò che un tempo vide Victor Hugo: un paesaggio che si mette in movimento.

E che dire dell’esser semplici spettatori? Osservare all’aeroporto quei grandi vetri scorrevoli che si aprono e chiudono di continuo, abbeverarsi di viaggiatori dai trolley variopinti. Uomini e donne attesi da qualcuno o in attesa, che indossano abiti leggeri o pesanti, quasi là le stagioni si mescolassero.

Trasformarsi in gabbiano solitario che sbircia da sopra un lampione il via vai dei taxi, i saluti e gli incontri, le navette degli hotel che attendono di traghettare i clienti: essere uno di loro, nella testa il ricordo di luoghi appena lasciati, familiari o sconosciuti che importa? Qualcosa resta sempre, ad accompagnare l’arrivo.
Sentire il rombo degli aerei, respirare a pieni polmoni l’aria che quella gente si è portata dietro da chissà quale paese, e così una piccola porzione di ciò che hanno visto è in me. È come se questa strana gita, questo osservare tanta umanità in una sola volta, abbia il potere di tramutare in tante altre persone.

Dei miei viaggi, di ogni cambiamento, o degli sguardi di altri viaggiatori, mi sono abbeverata. Ho assorbito infinite esperienze, innumerevoli vite, dunque ora so molte più cose, anche se devo elaborarle ancora.

Ma, per questo, ho bisogno di tempo e solitudine. E di una penna per scriverne.

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