Susanna Trossero

scrittrice

Esperienze irripetibili

on 3 Giugno 2022

E poi ti capita tra le mani un vecchio libro di cui ignoravi l’esistenza e che tratta un argomento di cui non sapevi praticamente nulla. Un dono inaspettato. Cominci a leggere ed eccoti talmente avvinta da lasciarti rubare ore di sonno pur di sapere che cosa ti aspetta ad ogni pagina.

La parola fine arriva a notte fonda, e il sonno ancora tarda ad arrivare. Rifletti sulle mete fantasticate ogni volta che hai pensato a un viaggio, su quelle raggiunte e quelle che ancora stanno là ad aspettarti, e ti rendi conto che all’Etiopia no, non ci avevi mai pensato. Perché un po’ ti ha sempre fatto paura, dunque non ti sei soffermata su eventuali bellezze del territorio.

“Dall’Etiopia in poi” di Gino Pennacchi (Editrice Totem, 1992), mostra qualcosa di lucido e poco diplomatico, nessun tentativo di ingentilire, semplicemente verità, e questo ne fa un dono prezioso di cui senza esitazione raccontare ad altri. Un libro che parla di diversità ma evidenziando l’importanza del rispetto per la stessa. Di impegno e difesa dei diritti d’ogni uomo. Di comprensione per ogni cultura anche quando rasenta la chiusura e pone ostacoli a quello che – a volte erroneamente – definiamo progresso.

“Siamo noi i presuntuosi – dice la voce narrante – che pensiamo di saper sempre la verità”. Ma la nostra verità, insinua il libro, è limitata dall’incomprensione e da una visione che non prevede l’altro, le sue esigenze, il suo vivere senza i parametri degli schemi occidentali. Ho imparato molto, da questo libro che spinge sì alla conoscenza ma aiuta anche a giudicare accadimenti di cui si conosce solo la punta dell’iceberg.

Ambientazioni suggestive, il resoconto di fatti realmente accaduti, una importante testimonianza che ci mostra le minoranze etniche nella loro profondità, cultura, limiti e tradizioni. E mi piace tantissimo un augurio diretto ai giovani: è del protagonista, che prima dei suoi 22 mesi in Etiopia – ora drammatici ora bagaglio che arricchisce – si sentiva incompleto, privo di un vero scopo che lo conducesse verso la conoscenza di se stesso e degli altri, ma soprattutto verso una esperienza umana e culturale irripetibile.

L’augurio è “Se non fossi andato in Etiopia, oggi sarei probabilmente ancora in cerca di uno scopo nella mia vita. Auguro a ognuno di voi di trovare la sua Etiopia”.


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