Susanna Trossero

scrittrice

Siete pronti ad essere protagonisti?

Aprile dolce dormire, dice il vecchio proverbio, ma eccomi a risvegliarvi tutti perché la primavera deve essere anche rinascita: che sia dunque ricca di cose stimolanti da fare!

Personalmente tra pochi giorni vivrò di nuovo il piacere del contatto con le persone, e chi mi conosce sa quanto questo sia per me vitale… Si scrive da soli, in una sorta di raccoglimento che crea un necessario scollegamento dal resto del mondo, ma poi una volta finito è bellissimo spalancare le porte agli altri e circondarsene.

Il mio “Il male d’amore” sbarca un’altra volta in Sardegna, là dove i miei conterranei mi hanno invitata a condividere le suggestioni presenti nel saggio della Graphe.it, libro che ci rammenta una cosa importante: soffrire per amore non ci rende sciocchi ma umani, e non dobbiamo mai nasconderci o sentirci ridicoli bensì imparare a difendere proprio la nostra umanità.

Sabato 22 aprile alle ore 17, la cara libraia Sebiana mi ha invitata a parlare di scrittura terapeutica alla libreria Cossu di via Dalmazia 48 a Carbonia. La scrittura come fonte di benessere e rinascita anche in caso di Male d’amore ma non solo: ne parleremo insieme in questo seminario gratuito durante il quale spero di trasmettervi la mia passione per la scrittura, e di aiutarvi a trovare uno spazio in cui ci si distragga da un dolore o da un disagio invadenti, levandogli potenza. La scrittura non come bacchetta magica, ma come valido supporto alla portata di tutti: munitevi di carta e penna, vi aspetto!

Il 22 aprile invece, lunedì, inizia la IX edizione della Fiera del Libro di Iglesias 2024, tema L’Attenzione. L’attenzione agli altri, alle piccole cose, a ciò che ci circonda e a ciò che ci appare lontano ma dovremmo sentire vicino. Tanti significati racchiude questa parola e tanti ne troverete alla fiera (Attenzione all’immaginazione, per esempio? Non avete idea di che cosa accadrà il 25 aprile). Le sorprese saranno tante e tanti gli eventi che vi verranno proposti da ArgoNautilus nei 4 giorni della Fiera. Ecco la locandina:

Per quanto mi riguarda, proprio il primo giorno sarò ospite di Radioarcobaleno alle 11 per una diretta in cui si parlerà di Male d’amore e di quanto non si sia mai pronti insieme a ricominciare da soli (FM102,5 MHz). Ma alle 12 vi raggiungerò in Piazza Pichi dove insieme all’Argonauta per eccellenza Eleonora Carta parleremo di tutti noi esseri umani pronti a fare dei rapporti d’amore il sogno irrealizzabile o al contrario un traguardo da temere, da inseguire o perché no di cui fare a meno per pura scelta. E i felici in due? Sarete i nostri eroi, aspettiamo la vostra testimonianza!

Invito tutti i partecipanti a portare in Piazza Pichi una frase scritta che spieghi o racchiuda la personale visione del male d’amore: ognuno di voi potrà leggere il suo privato aforisma al pubblico, o mettere il biglietto in un cestino apposito perché venga letto da altri, mantenendo l’anonimato.

Vi aspetto in terra sarda, con affetto e curiosità, stavolta i veri protagonisti sarete voi!

Susanna

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Impossibile non rimpiangere la bellezza

Cara vita passata,

quante tracce hai lasciato in me e quante ne lasci in tutti noi… E quando il tempo trascorso ci allontana dall’infanzia, quando l’adolescenza dura un attimo, e la gioventù se ne va, ecco che la nostalgia bussa alla porta mettendo in moto sensazioni e malinconie che proprio la gioventù non conosce.

La Pasqua era il momento in cui – così come a Natale – si organizzavano i pranzi di famiglia e arrivava anche lo zio più grande con la nave, e i cugini più piccoli di me tutti pronti a far festa. Cara vita passata, nella mia famiglia non c’erano discussioni, recriminazioni, non si covavano rancori e nulla c’era di irrisolto tra gli adulti. C’era soltanto la voglia di stare insieme, di condividere il momento e il cibo, di scoprire le sorprese dell’uovo di Pasqua (ciondoli, sempre ciondoli), di giocare a nascondino sotto casa, di finirla in bellezza con la Colomba ricca di mandorle e canditi mentre i “grandi” prendevano un amaro lamentandosi puntualmente di aver mangiato troppo.

Cara vita passata, che bella famiglia ho avuto. Troppi non ci sono più e il tempo che passa alimenta quella nostalgia che speravo proprio il tempo mitigasse.

La Pasqua – così come il Natale – non era per noi un fatto religioso, inutile negarlo: era una scusa. Una scusa per sederci tutti attorno a un tavolo e per far tintinnare posate e bicchieri.

Cara vita passata, ho fatto parecchi errori di scelta e valutazione, lo so. Ma tu nel farmi dei regali mai hai sbagliato qualcosa, e non posso che ringraziarti di cuore, in questa Pasqua 2024, per i doni ricevuti. Si sono trasformati in ricordi e mancanze, certo, ma così avviene quando incontri la bellezza: impossibile non rimpiangerla.

Non mi manca l’infanzia, non rincorro la giovinezza, ma vorrei riavere un’ora di quel tempo per risentire le voci amate e la leggerezza del cuore, per annusare in un abbraccio il dopobarba di mio padre, per scorgere tra lui e mia madre sguardi complici. O per guardare in alto, fuori dalla finestra della mia cameretta, e scovare tra il vento che spinge via nuvole bianchissime, l’atmosfera che nessuno può mai ricreare.

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Siamo argilla

Da giorni sto riflettendo sull’importanza, per me, di un corso di scrittura. Durante la prima lezione, e con molta onestà, dico sempre ai nuovi allievi/allieve che un corso non trasforma le persone in scrittori, non ha questo potere e se un insegnante lo promette non è onesto. Ma può aiutare a capire che cosa riusciamo a provare scrivendo o a far provare a chi ci legge. Nel primo caso, è importante comprendere che cosa ci dà la scrittura, se ci fa star bene, se ci aiuta a liberarci da un bagaglio interiore pesante, se ci fa semplicemente staccare la spina (e credetemi già questo è un grande traguardo). Nel secondo caso invece, si mette il punto sulla capacità di raggiungere un lettore ovvero sul talento, sulla tecnica, sull’impegno necessario a migliorare.

Anche in questo nuovo corso, organizzato dall’Associazione Edea Educazione e Benessere, si è formata una piccola comunità di persone che pian piano si stanno lasciando andare concedendosi alla scrittura in modo profondo, ed è così che si diventa gruppo. Ogni partecipante è un cilindro magico: stanno emergendo vita vissuta che coinvolge, fantasia, immaginazione, piccoli grandi segreti e intimità, gioco di squadra ma anche individuale, e ogni lunedì è per me fonte di arricchimento che si fa via via più consistente. Le trenta ore passeranno in fretta, ne mancano così poche ormai, il piacere che sto ricavando da questi incontri è un’arma a doppio taglio: sappiamo tutti che il tempo scorre lento soltanto quando non porta con sé qualcosa di interessante.

Vorrei non ci perdessimo, con altri allievi per fortuna non è accaduto e ancora oggi dopo anni fanno parte della mia vita e io della loro. Magie della scrittura, suggestioni di ogni approfondimento. Da un racconto emerge spesso qualcosa di unico e privato, anche se la storia in sé scaturisce dalla fantasia: cogliere l’intimità di chi scrive in quelle righe è un dono prezioso che custodirò nel cuore.

Leggere, scrivere, incontrare parole che non ti lasciano più, che ti cambiano o che danno voce a qualcosa che già avevi dentro, parole scelte con cura perché necessarie a trasportare un’idea, un’emozione, un pensiero… Oggi vi suggerisco un libro: “Papiroflessia. Di libri e letture”, dell’autore e giornalista spagnolo Guillermo Busutil. Io ne sono rimasta incantata perché è composto di brevi frasi che sono il risultato di meditazioni, riflessioni tutte dedicate all’amore per la scrittura e per la lettura. Per me tante di queste sono diventate aforismi da annotare, da sottolineare, da condividere con chi mi è caro e conosce la medesima passione.

Perché “siamo argilla plasmata dai libri e dalla vita”.

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Il mio colore viola

Mi è sempre piaciuto, il colore viola. Mi infonde qualcosa di indecifrabile ma molto avvolgente, un senso di benessere e dell’altro per il quale non trovo parole che spieghino. Ci sono colori che ci accompagnano nella vita, in piccoli momenti quotidiani e in altri che lasciano segno indelebile.

Quando ho dato l’esame di maturità, avevo una camicetta bianca e dei pantaloni viola. Viola erano i fiori che piantavo nel mio piccolo balcone, quando sono andata a vivere da sola. Viola era la cuccia del gatto Pulce e viola era il maglione che ha assorbito l’ultimo respiro di mio padre mentre lo abbracciavo… Quel maglione è ben custodito e non è mai stato lavato da quella notte, nel timore di lavar via anche l’ultimo anelito di vita che forse conserva.

Trovo strano che un tempo abbia rappresentato per re e regine la ricchezza e il lusso, ma si pensa anche che favorisca la nostra spiritualità, che accresca la creatività e stimoli l’immaginazione. Ancor di più mi è piaciuto un articolo che riferendosi a studi sui colori, diceva che quando siamo circondati dal colore viola, siamo più propensi a pensare e agire fuori dagli schemi.

Mi piace meno il suo uso associato alla penitenza, e penso che ogni colore ci appartenga perché come le canzoni si lega a momenti della vita belli e brutti, dunque può rappresentare gioia e penitenza al contempo. Ma penso anche che i colori, come i profumi o i suoni, possano elargire benessere e farci sentire a casa oppure bene fuori di casa. Il mio viola è anche nei fiori, nella lavanda, nelle orchidee selvatiche, nel ricordo di un albero di Natale della gioventù, in un costume di carnevale, in una maschera veneziana, in un fermaglio per capelli o negli occhiali da sole ricevuti in dono. E nella vecchia bandiera che rappresenta un palio di Siena, acquistata là come souvenir in gita scolastica, tra risate e leggerezza. Sventolarla a Piazza del Campo mi ha dato le ali ai piedi, chissà perché…

“Il viola è nato un giorno di primavera in un campo di lavanda. Deve aver cercato a lungo un luogo come questo dove i filari vanno dritti verso l’orizzonte come se fossero invitati a un ballo con l’infinito”. (Fabrizio Caramagna)

Voglio anche io essere invitata a un ballo con l’infinito.

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Sei turista o viaggiatore?

Scoprire che il verbo partire derivi dal latino e faccia riferimento ai verbi separare, dividere, mi ha fatto riflettere molto, oggi. Navigazione, mostri, sirene, eroi, ostacoli, disperazione, coraggio: Ulisse, o meglio Odisseo, è colui che ci porta in viaggio prima di chiunque altro. Il viaggio primordiale, il viaggio per eccellenza. Il viaggio che ci spinge a conoscerci più a fondo, a reinventarci in base a ciò che ci appare, a scoprire adattabilità, curiosità, forza e coraggio.

Eppure, la sua avventura non è in realtà più un richiamo alla nostalgia di casa?

Non vuole partire, Odisseo, non vuole lasciare i suoi affetti, la sua casa, salpare non fa parte dei suoi desideri: ha una moglie, un figlio piccolo, un padre anziano. Ma continuiamo a vederlo come l’eroe combattivo, il grande viaggiatore alla scoperta dell’ignoto e pronto a superare ostacoli e pericoli.

No, Ulisse è l’eroe del ritorno. Lui resiste perché Itaca è il premio, il luogo in cui riposare e sentirsi abbracciati, accolti, amati.

Andare via per poi tornare.

Ci mettiamo in viaggio per poi raccontare ciò che abbiamo visto, vissuto, scoperto, imparato. Ed è bellissimo muoversi fisicamente per raggiungere ciò che non conosciamo ancora, io stessa ho viaggiato tanto e ancora viaggerò. Ma ricordiamo che possiamo vedere, vivere, scoprire, imparare anche sotto casa. Non ci serve andare lontano ma avere nuovi occhi, imparare a osservare. Andiamo all’altra parte del mondo con costose attrezzature ma non esistiamo davvero se non sappiamo più guardarci intorno.

Fernado Pessoa diceva “Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo ma ciò che siamo”.

Io viaggio anche mentre scrivo, perché viaggio e scrittura mi appaiono indissolubili: ogni storia contiene il viaggio dei personaggi, le loro tappe prima di arrivare alla meta – se ci arriveranno – le situazioni e gli stati d’animo che accompagnano il loro cammino, metaforico o no, e gli ostacoli, gli incontri e gli scontri. A volte possiedono una mappa, altre semplicemente lasciano la strada battuta per l’ignoto, e il loro far fagotto li obbliga a un prezzo alto, perché certi biglietti svuotano le tasche e il cuore. Altri sono un buon investimento e rivelano che l’irrequietezza è una buona compagna di viaggio. Il cambiamento sta nel viaggio stesso e può rivelarsi sollievo o sofferenza.

Spirito di osservazione, interesse per chi è diverso da noi: questo, di per sé, è già un viaggio. Conduce verso la scoperta e la conoscenza, ma anche verso la scrittura se è questo ciò che si desidera fare. Si deve essere viaggiatori dentro, per scrivere, e non semplici turisti. Il turista visita, il viaggiatore si immerge.

E voi, siete turisti o viaggiatori?

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