Aveva due sacchetti della spesa con poche cose all’interno. Stava in piedi tra la calca dei passeggeri mentre il bus ci faceva ondeggiare tutti.
Piangeva. Ma piangeva poche lacrime che asciugava con il dorso della mano, senza delicatezza.
Piangeva più che altro con l’espressione del viso sfatto e stravolto dal dolore, quel dolore che ingrigisce l’incarnato e rende le rughe profondi solchi.
Lo conoscevo, quel dolore, e l’ho riconosciuto: è quello di molti antichi dipinti raffiguranti un volto femminile con lo sguardo perso nel vuoto, il capo inclinato di lato, la bocca aperta affamata d’aria che pare non arrivi.
Il dolore, nei quadri, rende le donne Madonne, madri mutilate, ed è questo che ho visto in lei. Era così sola, in mezzo a tutti noi, e se l’istinto mi suggeriva di scendere alla sua stessa fermata per offrirle aiuto o supporto anche solo con una voce amica, la ragione e l’educazione mi hanno imposto rispetto e discrezione.
Il buio della sera appena cominciata l’ha inghiottita, mentre le porte si richiudevano. Ciò che mi ha invasa, non era meno amaro del suo incedere altrove. Nessuno l’ha seguita con lo sguardo, solo io e la via se l’è presa.
Credo avesse poco meno di 70 anni ma più di 100 dimostrava il suo viso.
Se davvero fosse stato un quadro, l’artista l’avrebbe intitolato Agonia. Perché di questo si trattava… Pena, strazio, tormento.
Io rientravo da una visita all’interno di Castel Sant’Angelo, ero felice ma il suo dolore mi ha colpita e affondata.
Non smetterò mai di domandarmi che cosa l’ha invasa e se soccomberà.
Lascia un commento